Atto
Atto
() amministrativo (d. amm.)
Atto posto in essere da un'autorit à amministrativa, nell'esercizio di una funzione amministrativa. Nell'ambito di questa categoria assai generica, si distinguono vari tipi di (), tra cui ricordiamo i provvedimenti amministrativi, che sono per eccellenza atti a cd. rilevanza esterna, cio è in grado di incidere anche autoritativamente sulle posizioni giuridiche dei loro destinatari.
() di disposizione del corpo (d. civ.)
Per () si intendono quelli che hanno ad oggetto il diritto all'integrit à fisica, diritto irrinunziabile e, in via di principio, indisponibile, salvo che l'() sia compatibile col rispetto della dignit à umana.
Gli () sono vietati dalla legge quando comportano una diminuzione permanente dell'integrit à fisica o quando sono contrari alla legge, all'ordine pubblico e al buon costume (art. 5 c.c.).
Sono stati dichiarati invece leciti gli () aventi ad oggetto il trapianto del rene (L. 458/67), la donazione di sangue o di emocomponenti, nonch é il prelievo di cellule staminali emopoietiche periferiche (a scopo di infusione per allotrapianto e autotrapianto) e di cellule staminali emopoietiche da cordone ombelicale (L. 219/2005), la donazione del midollo osseo, gli atti di disposizione a titolo gratuito di parti di fegato (L. 483/99).
() di liberalit à (d. civ.)
Costituisce una species degli atti a titolo gratuito, i quali sono compiuti senza corrispettivo, ma non necessariamente determinano un impoverimento (es. deposito gratuito).
Tipico atto di tale specie è la donazione.
Altri () sono le liberalit à di uso (art. 770, c. 2 c.c.).
() di notoriet à (d. civ.)
() emulativo (d. civ.)
Atto che non ha altro scopo che quello di nuocere o arrecare molestia ad altri (es.: piantare alberi solo al fine di togliere la panoramica al vicino senza alcun effettivo giovamento per il proprietario del fondo) (art. 833 c.c.).
Negli () concorrono due elementi:
elemento oggettivo: la mancanza di utilit à per il proprietario;
elemento soggettivo: l'intenzione di nuocere o arrecare molestie.
Costituiscono un esempio di abuso del diritto [Abuso].
() giuridico (d. civ.)
In questi ultimi gli effetti giuridici non sono disposti dagli autori, ma predeterminati dalla legge. Pertanto, la volont à dei soggetti ha ad oggetto solo il compimento dell'atto e non la determinazione degli effetti.
Gli () appartengono alla categoria dei fatti giuridici in senso ampio, costituendo una species di questi.
Generalmente, gli () in senso stretto o meri () si suddividono in:
atti materiali (o operazioni), che consistono in una diretta modificazione materiale del mondo esterno (es.: specificazione);
dichiarazioni (o comunicazioni), che hanno lo scopo di informare (es.: notificazione al debitore della cessione del credito) o di intimare (es.: atto di costituzione in mora).
Essi a loro volta possono suddividersi in relazione alla conformit à o meno a norme giuridiche. Abbiamo allora atti leciti se non contrastano con l'ordinamento; atti illeciti se, invece, contrastano con l'ordinamento [Atto (illecito)].
La disciplina degli () in senso stretto è completamente tipizzata, nel senso che è la legge ad individuarne le tipologie e a stabilirne le conseguenze giuridiche (a differenza dei negozi giuridici, per i quali è consentito ai privati creare figure non previste dalla legge e determinarne liberamente il contenuto, nei limiti posti dall'art. 1322 c.c.).
Tuttavia, il legislatore nulla dispone riguardo alla necessit à della capacit à d'agire ai fini della validit à dell'atto e alle conseguenze di eventuali vizi della volont à che inficiano l'atto. Sul punto, si ritiene prevalentemente che sia necessario almeno il presupposto della capacit à di intendere e di volere quando l'atto abbia effetti pregiudizievoli per l'autore (es.: atti illeciti) mentre, per quanto riguarda i vizi della volont à, si ritiene che l'atto, in tal modo viziato, sia da considerarsi nullo, atteso che presupposto indispensabile per il conseguimento degli effetti sia un'integra volont à dell'atto stesso.
() illecito (d. civ.)
Per () si intende qualsiasi fatto, doloso o colposo che cagioni ad altri un danno ingiusto (art. 2043 c.c.). Gli atti illeciti sono fonte di obbligazione, in quanto da essi deriva l'obbligo di risarcimento del danno a carico del loro autore.
Gli () rientrano, pertanto, nel genus degli atti giuridici in senso stretto, perch é l'obbligazione di risarcimento nasce come conseguenza non voluta dall'autore del fatto.
La struttura dell'() è costituita da un elemento oggettivo, consistente in un fatto che cagiona un danno e da un elemento soggettivo, rappresentato dal dolo o dalla colpa.
Il fatto dannoso pu ò essere causato da un comportamento positivo (commissivo) o da un comportamento omissivo, quando, per ò, colui che ne è autore aveva il dovere giuridico di agire e non l'ha fatto.
Per il sorgere della responsabilit à, si richiede che tra la condotta e l'evento intercorra un nesso di causalit à [Rapporto (di causalit à)]: una condotta umana pu ò considerarsi causa di un evento quando ne costituisce una condicio sine qua non , in quanto senza di essa l'evento non si sarebbe verificato; ovvero quando l'evento, al momento della condotta, era prevedibile come verosimile conseguenza di essa.
Inoltre, il fatto deve causare un danno ingiusto. Si ha danno ingiusto quando il fatto contrasta con un dovere giuridico e non sia altrimenti autorizzato (sine iure) e si risolve nella lesione di un interesse rilevante per l'ordinamento.
() normativo (d. amm.)
Sono atti in grado di innovare l'ordinamento giuridico esistente e costituenti pertanto fonti del diritto.
Gli () possono essere emanati sul fondamento di un atto legislativo [Legalit à (Principio di)] sia dal Governo che dalla pubblica amministrazione. Nel primo caso sono ricompresi: decreti legge, i decreti legislativi, i decreti di attuazione degli Statuti speciali, i regolamenti. Nel secondo caso, invece, rientrano tutti gli () prodotti dal potere amministrativo (regolamenti prefettizi, statuti regionali ordinanze, regolamenti degli enti locali etc.) di natura non primaria.
() processuale
Gli atti processuali si distinguono in tre categorie: atti compiuti delle parti private; atti compiuti dal pubblico ministero; atti compiuti dagli organi giudiziari, cio è dal giudice, dal cancelliere e dall'ufficiale giudiziario.
Non sono, invece, atti processuali gli atti compiuti dai soggetti processuali, ma fuori del processo (es.: remissione di querela); e gli atti compiuti nel processo, ma da persone che non sono parti (es.: i testimoni).
() pubblico (d. civ.)
L'atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato e delle dichiarazioni e dei fatti che questi attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti (art. 2700 c.c.).
Costituisce, quindi, una prova legale, nel senso che non lascia margine al giudice per una libera valutazione, ossia lo vincola nel giudizio. Tale efficacia probatoria non si estende, tuttavia, al contenuto sostanziale delle dichiarazioni delle parti: il notaio, infatti, non pu ò accertare n é garantire che abbiano detto il vero. Non è perci ò necessaria la querela di falso per impugnare l'intrinseca verit à delle dichiarazioni delle parti.
Il documento formato da ufficiale pubblico incompetente o incapace, ovvero senza l'osservanza delle formalit à prescritte, se è stato sottoscritto dalle parti, ha la stessa efficacia probatoria della scrittura privata (conversione dell'atto pubblico, art. 2701 c.c.).
() recettizio
() unilaterale (d. civ.)