Ordinanza

Ordinanza
() decisoria (d. proc. civ.)
Ordinanza di pagamento di somme o di consegna e rilascio di beni, emessa nel corso del giudizio di cognizione, su istanza di parte, quando la controparte costituita non ne contesti la spettanza o quando ne sia già raggiunta la prova. Le (—) sono titolo esecutivo e sopravvivono all'estinzione del processo.
In particolare:
— l'art. 186bis c.p.c. prevede che, su istanza di parte, il giudice istruttore possa disporre il pagamento delle somme non contestate dalle parti costituite; se l'istanza è proposta fuori udienza, il giudice dispone la comparizione delle parti e assegna il termine per la notificazione.
L'ordinanza costituisce titolo esecutivo, conserva la sua efficacia in caso di estinzione del processo ed è revocabile dal giudice che l'ha emessa;
— l'art. 186ter c.p.c. prevede invece che, nei casi in cui sia ammissibile il decreto ingiuntivo, per essere il credito fondato su prova scritta, il giudice istruttore possa ingiungere ad una delle parti di pagare all'altra una somma di denaro o di consegnarle una certa quantità di cose fungibili (es.: un quintale di grano), ovvero una cosa mobile determinata; l'ingiunzione può essere provvisoriamente esecutiva [Esecutorietà e Provvisoria esecuzione] quando il credito sia fondato su cambiale, assegno, certificato di liquidazione di borsa o su atto pubblico, ovvero vi sia pericolo di grave pregiudizio in caso di ritardo nel pagamento, o se il ricorrente produce documentazione sottoscritta dal debitore comprovante il diritto fatto valere. Tuttavia, la provvisoria esecutività non può essere disposta se la controparte ha disconosciuto la scrittura privata prodotta contro di lei o ha proposto querela di falso contro l'atto pubblico. L'ordinanza è revocabile, e se il processo si estingue acquista, se non ne è già munita, efficacia esecutiva. L'ordinanza dichiarata esecutiva costituisce titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale;
— l'art. 186quater c.p.c. prevede che dopo la chiusura dell'istruzione, il giudice istruttore, su istanza della parte che abbia proposto domanda di condanna al pagamento di somme o alla consegna o al rilascio di beni, può disporre con (—), nei limiti in cui ritiene raggiunta la prova, il pagamento ovvero la consegna o il rilascio, provvedendo contestualmente alle spese di lite.
Tale (—), che costituisce titolo esecutivo [Titolo], è revocabile con la pronuncia che definisce il giudizio ed acquista l'efficacia propria della sentenza, impugnabile nei modi ordinari, nelle seguenti ipotesi:
— quando il processo, successivamente alla sua pronuncia, si estingue;
— quando la parte intimata non manifesta, entro 30 giorni dalla pronuncia dell'ordinanza in udienza o dalla sua comunicazione, con ricorso notificato all'altra parte e depositato in cancelleria, la volontà che sia pronunciata la sentenza (art. 186quater, co. 4, c.p.c., come modificato dalla L. 263/2005). In tal modo, il legislatore intende favorire la stabilità del provvedimento anticipatorio, attribuendo automaticamente efficacia di sentenza all'ordinanza in esame in mancanza della richiesta della parte intimata.
() ingiunzione (d. amm.)
Provvedimento amministrativo con cui vengono irrogate sanzioni amministrative pecuniarie.
Vengono adottate dall'autorità competente sulla base dell'accertamento compiuto dagli organi addetti all'osservanza delle norme, la cui violazione è appunto punita con siffatta sanzione. L'autorità procedente è tenuta previamente ad adire il privato interessato, sempre che questi ne abbia fatto richiesta, e ad esaminare i documenti inviati e gli argomenti esposti negli scritti difensivi, sempre che ritenga fondato l'accertamento.
Di conseguenza, l'autorità determina con ordinanza motivata la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento, insieme con le spese.
Le (—) costituiscono titolo esecutivo e sono immediatamente esecutive.
Entro 30 giorni dalla notifica dell'(—) l'interessato può proporre opposizione davanti al tribunale del luogo in cui è stata commessa la violazione. Se sussistono gravi motivi il tribunale può sospendere l'esecuzione del provvedimento.
Ampi sono i poteri decisori del giudice che può annullare le (—) se ne riscontra vizi di legittimità o può modificarle nel merito se ritiene incongrua la sanzione rispetto alla gravità dell'infrazione.
[Illecito amministrativo].
() nel diritto amministrativo (d. amm.)
Col termine (—) vengono individuati tutti quegli atti che creano obblighi o divieti e in sostanza impongono ordini.
Le (—) possono avere contenuto normativo, qualora contengono precetti generali e astratti. Sandulli individua, nell'ampio genus delle (—), le (—) libere, le quali comprendono tutti i provvedimenti suscettibili di introdurre una disciplina derogatoria rispetto all'ordine risultante dalle fonti legislative.
Le (—) libere possono contenere norme oppure no. In questo secondo caso si hanno le (—) libere in senso stretto fra le quali possiamo distinguere in particolare quelle:
— previste tipicamente dalla legge per casi ordinari, sia quanto agli organi emananti che quanto alla funzione;
— previste dalla legge per casi eccezionali di particolare gravità (es.: (—) emesse dal Prefetto; (—) emesse dal Ministero dell'interno; (—) eccezionali e speciali);
— cd. di necessità, cioè emanate da autorità amministrative, investite di tale potere dalla legge, nei casi che esse stesse ritengano di necessità: la legge quindi, attribuisce solo il potere, ma non prevede i casi concreti in cui esercitarlo, né pone i limiti precisi (salvo quelli generali risultanti dai principi dell'ordinamento) al contenuto di esse.
Le (—) di necessità presentano i seguenti caratteri:
— sono atipiche, nel senso che per la loro emanazione la legge, che ne attribuisce il potere, fissa solo i presupposti, mentre lascia all'autorità amministrativa un'ampia sfera di discrezionalità circa il loro contenuto;
— presuppongono una necessità ed urgenza d'intervenire;
— la loro efficacia nel tempo è limitata;
— trovano fondamento esclusivamente nella legge;
— non possono in nessun caso derogare a norme costituzionali o ai principi generali dell'ordinamento;
— debbono essere necessariamente motivate e vanno pubblicizzate con mezzi idonei laddove siano destinate ad avere efficacia nei confronti della generalità dei soggetti o di più soggetti.
Esempio di provvedimenti contingibili e urgenti sono le (—) emesse (ex art. 54 del D.Lgs. 267/2000) dal Sindaco al fine di prevenire, quale Ufficiale di Governo, ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini.
() nel processo civile (d. proc. civ.)
È il provvedimento che il giudice emana nel corso del procedimento per regolarne lo svolgimento.
Essa assolve tipicamente alla funzione ordinatoria del processo, essendo diretta a risolvere le questioni che possono sorgere tra le parti in ordine all'iter del procedimento, nel contraddittorio delle stesse.
L'(—), quantunque succintamente motivata, in nessun caso può pregiudicare la decisione della causa. È revocabile e modificabile dal giudice che l'ha pronunciata ed è soggetta al controllo del collegio in sede di decisione della causa (se di sua competenza).
Essa può essere pronunciata in udienza e fuori udienza:
— se è pronunciata in udienza, è inserita nel processo verbale;
— se è pronunciata fuori dell'udienza, è scritta in calce al processo verbale oppure in foglio separato, munito della data e della sottoscrizione del giudice o, quando questo è collegiale, dal Presidente.
In quest'ultimo caso, essa deve essere comunicata alle parti a cura del cancelliere, anche tramite telefax o posta elettronica, in sintonia con l'esigenza di adeguarsi alle più recenti innovazioni tecnologiche e, conseguentemente, di abbreviare i tempi del processo (art. 134 c.p.c., modificato ex D.L. 35/2005, conv. in L. 80/2005, cd. decreto competitività).
Il legislatore consente che, con (—), siano pronunciati provvedimenti che anticipano, in corso di causa, gli effetti della pronuncia di condanna [Ordinanza (decisoria)].
Nel giudizio di appello, il giudice provvede con (—) sull'istanza della parte di sospensione dell'efficacia esecutiva o dell'esecuzione della sentenza impugnata. Tale provvedimento ha carattere inibitorio, volto cioè ad impedire l'ulteriore prosecuzione dell'efficacia esecutiva, che la riforma del 1990 ha attribuito in via automatica alla sentenza di primo grado e che non viene meno con la semplice proposizione dell'appello.