Provvedimenti

Provvedimenti (d. pubbl.)
Atti di un pubblico potere che dispone per uno o più casi concreti, e nei confronti di uno o più destinatari determinati.
Si tratta di un atto singolare, cioè di un atto che non contiene una disciplina generale ed astratta, bensì si limita a decidere modificazioni giuridiche per una situazione concreta e determinata, anche se comune a più soggetti.
() ablatori (d. amm.)
Atti con cui la P.A. incide sulla sfera giuridica di soggetti privati, sacrificandone un interesse, a vantaggio della collettività.
Questo particolare potere della P.A. trova la sua fonte nella Costituzione, agli artt. 23 e 42.
Le forme e l'intensità del sacrificio imposto variano in relazione ai diversi provvedimenti: esso può consistere nella semplice limitazione di una facoltà (es.: divieto di transitare su di una strada), nell'imposizione di un obbligo (es.: servizio militare nelle forme residuali coattive) o nell'estinzione di un diritto del privato (es.: espropriazione [Espropriazione per pubblica utilità]).
Trattasi, dunque, di una categoria eterogenea sia sotto il profilo strutturale che funzionale. Dal punto di vista strutturale, fra le varie classificazioni possibili, la dottrina prevalente utilizza quella basata sulla natura della situazione soggettiva sacrificata.
Vi sono pertanto (—):
— personali, che sacrificano un diritto di natura personale (es.: ordini di polizia o dell'autorità sanitaria, precettazione);
— obbligatori, che incidono su rapporti di obbligazione (es.: imposizione tributaria);
— reali, che sacrificano diritti reali (es.: espropriazione, servitù coattiva, occupazione d'urgenza).
Inoltre, a livello funzionale i provvedimenti in esame possono avere un effetto:
— privativo di una facoltà o diritto facente capo al destinatario del provvedimento;
— acquisitivo di una facoltà o diritto a favore dell'amministrazione procedente.
() amministrativi (d. amm.)
Sono atti tipici e nominati posti in essere dalla P.A. e consistenti in manifestazioni di volontà destinate ad influire unilateralmente sulla sfera giuridica dei soggetti cui sono destinati, mediante la costituzione, modificazione o estinzione di situazioni giuridiche.
Gli aspetti più rilevanti che essi presentano sono:
a) forza giuridica (autoritarietà), che consiste nell'imporre unilateralmente modificazioni nella sfera giuridica dei destinatari;
b) esecutorietà: accanto all'esecutività (che è l'astratta attitudine dell'atto ad essere eseguito), i (—) sono dotati anche di una particolare efficacia, che va sotto il nome di esecutorietà, consistente nella possibilità concessa alla P.A. di dare immediata e diretta esecuzione all'atto amministrativo sfavorevole, anche contro il volere del destinatario, senza previa pronuncia giurisdizionale. Non tutti i (—) sono esecutori, ma soltanto quelli la cui esecutorietà sia espressamente prevista dalla legge;
c) tipicità e nominatività:
— la tipicità, nel senso che i (—) sono solo quelli previsti dall'ordinamento;
— la nominatività, nel senso che a ciascun interesse pubblico particolare da realizzare corrisponde un tipo di atto previsto e definito (esplicitamente o per implicito) dalla legge.
In ordine alla classificazione si suole distinguere, in considerazione della diversa funzione, tra (—):
— ablatori [Provvedimenti (ablatori)];
— ampliativi;
— di controllo;
— di secondo grado: si tratta di atti con cui l'amministrazione, sua sponte, riconsidera la legittimità, l'opportunità, la rispondenza all'interesse pubblico, di atti già emanati. Per la classificazione dei provvedimenti [Atto (amministrativo)].
() d'urgenza (d. proc. civ.)
I (—) vanno inquadrati tra le misure cautelari [anche Azione, Procedimenti (speciali)], in quanto tendono ad assicurare la tutela in via provvisoria di un diritto che risulterebbe irrimediabilmente pregiudicato se si attendesse la definizione in sede ordinaria della controversia, relativamente ad una fattispecie che, pur degna di tutela giuridica, non è contemplata in alcun provvedimento cautelare tipico.
I presupposti per l'emissione di un (—) sono i seguenti:
— anzitutto l'esistenza di un fondato motivo di temere l'insoddisfazione del proprio diritto a seguito di un giudizio ordinario (c.d. periculum in mora), per l'esistenza di un pericolo di danno imminente ed irreparabile;
— in secondo luogo dovrà, almeno sulla base di un giudizio di verosimiglianza, essere ritenuto esistente il diritto di cui si chiede tutela (c.d. fumus boni iuris);
— è necessario, infine, che non esista un altro provvedimento cautelare tipico, idoneo nel caso concreto ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito. I (—) hanno quindi carattere sussidiario.
La domanda proposta prima dell'inizio della causa di merito andrà rivolta al giudice che sarebbe stato competente per il merito.
La domanda si propone sempre con ricorso.
Il giudice provvede, sentite le parti, con ordinanza. Se però la convocazione della controparte può pregiudicare l'attuazione del provvedimento, il giudice provvede con decreto motivato, assunte ove occorra sommarie informazioni: con tale decreto il giudice provvederà poi all'attuazione del contraddittorio, fissando l'udienza di comparizione delle parti innanzi a sé, nella quale si pronuncerà con ordinanza.
Contro l'ordinanza che concede il (—), è ammesso reclamo entro dieci giorni.
Il contenuto dei (—) può essere il più vario, contenendo le disposizioni che il giudice riterrà più idonee ad assicurare in via provvisoria gli effetti della decisione di merito.
Ai sensi del nuovo art. 669octies c.p.c., come modificato dal D.L. 14-3-2005, n. 35, conv. in L. 14-5-2005, n. 80, le disposizioni relative alla prosecuzione nel merito del procedimento cautelare definito con ordinanza non si applicano ai provvedimenti di urgenza emessi ai sensi dell'art. 700 e agli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito, previsti dal codice civile e da leggi speciali, nonché ai provvedimenti emessi a seguito di nuova opera e di danno temuto ai sensi dell'art. 688, ma ciascuna parte può iniziare il giudizio di merito. Pertanto, a seguito dell'accoglimento del ricorso ex art. 700 c.p.c., non deve essere concesso il termine per la prosecuzione della causa nel merito, ma ciascuna parte è libera di iniziare il giudizio di merito qualora sia insoddisfatta della pronuncia cautelare. Ovviamente, essendo i suddetti provvedimenti astrattamente idonei a definire il giudizio ove una delle parti non inizi l'oramai solo eventuale fase di merito, alla stregua dei principi generali il giudice dovrà pronunciarsi anche sulle spese di lite, liquidate, in aderenza al precetto posto dall'art. 91 c.p.c., a carico della soccombente convenuta e a favore della vittoriosa parte ricorrente.