Giudice

Giudice (d. cost.; d. proc.)
Il termine (—) ha una doppia accezione, indicando sia l'organo che esercita la giurisdizione, sia la persona fisica titolare di quest'organo.
La giurisdizione è la potestà di applicare il diritto oggettivo, interpretandone le norme e rendendole operanti nel caso concreto, per risolvere le controversie in posizione di terzietà, ossia di indipendenza rispetto alle parti e di indifferenza riguardo all'esito della controversia.
Il procedimento attraverso il quale il giudice esercita la funzione giurisdizionale è il processo.
Negli ordinamenti dove vige la separazione dei poteri, come il nostro, i giudici (più in generale, i magistrati) costituiscono uno dei tre poteri dello stato (il potere giudiziario).
Proprio per la delicatezza delle funzioni che è chiamato a svolgere, è circondato da numerose garanzie: è soggetto solo alla legge (art. 101 Cost).; la sua carriera è sottratta a ogni interferenza del Ministro della giustizia e dipende dal Consiglio superiore della magistratura; viene nominato per concorso pubblico (art. 106 Cost.); è inamovibile (art. 107 Cost.).
Il (—) può essere un organo monocratico o collegiale.
() a latere
Con tale espressione si indica il giudice o i giudici che si collocano accanto (a latere) al presidente del collegio giudicante. La figura del (—) a latere ricorre in Tribunale, Corte d'appello, Corte d'assise, Corte d'assise d'appello;
() amministrativo
È il giudice preposto a quel particolare ramo del potere giurisdizionale che attiene alla giustizia amministrativa, composto essenzialmente dal Consiglio di Stato, dal T.A.R. e dai giudici amministrativi speciali;
() civile
È il soggetto che esercita la funzione giurisdizionale e a cui in concreto sono demandati il giudizio e la risoluzione di una controversia sorta in ordine ai diritti soggettivi, siano essi dei privati o degli enti pubblici. La Costituzione detta tutta una serie di garanzie e la loro formazione e organizzazione è regolata dalla legge sull'ordinamento giudiziario.
La funzione giurisdizionale è esercitata da (—) togati, ossia magistrati di carriera, nominati mediante pubblico concorso. In casi particolari sono nominati senza concorso e con funzioni temporanee, i c.d. (—) onorari (es.: i vice procuratori onorari).
L'art. 1 dell'Ordinamento giudiziario (modificato a più riprese) contiene l'elenco dei (—) ordinari: il giudice di pace (dal 1-5-1995); il pretore, ufficio soppresso dal D.Lgs. 51/98 che ha istituito il giudice unico di primo grado (dal 2-6-1999); il Tribunale (in composizione monocratica o collegiale); la Corte d'Appello; la Corte di Cassazione.
Sono, invece, (—) speciali quelli che si occupano solo di materie determinate: Corte dei Conti, Tribunale delle acque pubbliche. La costituzione (art. 102) vieta esplicitamente l'introduzione di nuovi giudici speciali, mentre consente, per materie che richiedano particolare sensibilità o specifiche conoscenze tecniche, l'istituzione di sezioni specializzate, da costituirsi presso i giudici ordinari e che possono essere composte anche da cittadini estranei alla magistratura [Giudice (monocratico)];
() del lavoro
() delegato
Con l'entrata a regime del decreto di riforma del diritto fallimentare (D.Lgs. 9-1-2006, n. 5), il (—) delegato non può più qualificarsi quale organo motore della procedura, essendo stata sostituita la relativa attività di direzione, con quella di vigilanza e di controllo sulla regolarità della procedura stessa. Correlativamente, la citata riforma ha provveduto ad un ampliamento dei poteri in capo al curatore ed al comitato dei creditori, divenendo quest'ultimo il vero e proprio organo direttivo della procedura, in quanto delegato ad autorizzare gli atti del curatore e a vigilare sull'operato dello stesso, decretandone anche la sostituzione. In particolare, competono al (—) delegato, nell'ambito dell'attività di vigilanza e controllo, numerose funzioni tendenti in qualche modo ad evitare che la maggiore autonomia riconosciuta al curatore ed al comitato dei creditori non si risolva in una gestione incontrollata. Di qui la previsione del potere di convocazione non solo nei confronti del comitato dei creditori ma anche del curatore; della competenza a decidere sui reclami non solo contro gli atti del curatore, ma anche contro gli atti del comitato dei creditori; del potere di liquidare il compenso e di disporre la revoca delle persone la cui opera è stata richiesta dal curatore nell'interesse del fallimento; del coinvolgimento del curatore nel procedimento di nomina degli arbitri, ancora di competenza del giudice.
Rimane, poi, in capo al (—) delegato il potere di pronunciare provvedimenti urgenti finalizzati alla conservazione del patrimonio del debitore fallito.
I provvedimenti del giudice delegato sono dati con decreto motivato (art. 25 L.F.) e contro di essi è ammesso, salvo disposizione contraria, reclamo al Tribunale (art. 26 L.F.), che provvede in camera di consiglio;
() dell'esecuzione civile
È l'organo giudiziario preposto alla direzione e al regolare svolgimento del processo esecutivo, provvedendo, salvo che sia disposto diversamente, con ordinanza.
Il (—) dell'esecuzione civile esercita il potere di direzione del processo esecutivo, così come esercita tale potere il giudice istruttore nel processo di cognizione. Sebbene vi sia tale accostamento tra il (—) dell'esecuzione civile e il giudice istruttore, il primo ha poteri più estesi. Diversamente dal giudice istruttore, il (—) dell'esecuzione civile ha sia il potere di trasferire il diritto sui beni pignorati dal debitore ai nuovi legittimati (potere espropriativo), sia quello di soddisfare il diritto dei creditori (potere satisfattorio).
Il giudice dell'esecuzione viene nominato dopo il pignoramento — poiché solo in tale momento si forma il fascicolo dell'esecuzione — o, se manca il pignoramento, al compimento del primo atto di espropriazione.
Al giudice dell'esecuzione si applicano anche alcune regole valevoli per il giudice istruttore nel processo di cognizione, quali il principio dell'immutabilità (salva la possibilità di sostituzione per esigenze di servizio), la regola che impone al giudice di garantire il leale e sollecito svolgimento del procedimento, il principio della terzietà e imparzialità del giudice, nonché le norme sull'estensione, la ricusazione e la responsabilità del giudice.
In seguito alla soppressione dell'ufficio del Pretore l'intera materia esecutiva è stata assorbita dal Tribunale, che quindi rimane l'unico organo giudiziario competente, suddiviso in sezioni distaccate;
() dell'esecuzione penale
È l'organo giudiziario che ha emesso il provvedimento penale cui dare esecuzione, e si occupa di tutte le questioni che possono sorgere relativamente alla concreta applicazione ed esecuzione del provvedimento stesso. In particolare, è competente in materia di:
— correzione grafica delle generalità dell'imputato condannato (art. 668 c.p.p.);
— risoluzione del concorso di una pluralità di sentenze, tutte esecutive, ai danni della stessa persona, ma per lo stesso fatto (taluna di condanna, altre di proscioglimento, ovvero dello stesso tipo ma con pene diverse o con formule pure diverse: il tutto da risolvere con il criterio del favor rei: art. 669 c.p.p.);
— applicazione dell'amnistia o dell'indulto (art. 672 c.p.p.);
— applicazione di una nuova legge o di una sentenza costituzionale con abrogatio criminis (art. 673 c.p.p.)
— inesistenza o non esecutività del presunto titolo esecutivo (art. 670 c.p.p.);
— nuova determinazione di pena in tema di concorso formale o di reato continuato non dichiarati in sede di cognizione (art. 671 c.p.p.);
— declaratoria di falsità di documenti (art. 675 c.p.p.);
() di pace
Figura di magistrato onorario tipica del sistema processuale americano e recepita dal legislatore italiano, che ha previsto in via definitiva la sua istituzione con L. 374/91 e la sua piena operatività a fare data dal 1 maggio 1995.
I (—) di pace, che fanno parte dell'ordine giudiziario e che hanno sede nei capoluoghi dei mandamenti, esercitano la giurisdizione in materia civile e penale e, riguardo alla prima, hanno anche funzione conciliativa in sede non contenziosa.
Il (—) di pace sostituisce integralmente la figura del conciliatore; esso deve essere nominato con decreto del Ministro della Giustizia, previa deliberazione del Consiglio superiore della magistratura, tra i cittadini italiani laureati in giurisprudenza, che hanno superato l'esame di abilitazione all'esercizio della professione forense (fatte salve le eccezioni previste dalla legge), di età compresa tra i 30 e i 70 anni, dotati anche degli altri requisiti indicati specificamente dall'art. 5 della legge istitutiva, come modificata dalla L. 24-11-1999, n. 468; durano in carica quattro anni (prorogabili una sola volta) e ricevono per la loro attività un'indennità per ogni udienza e per ogni sentenza o verbale di conciliazione. Tale indennità è cumulabile con i trattamenti pensionistici e di quiescenze comunque denominati.
In sede civile, al (—) sono state riconosciute dal legislatore ampie competenze, sia con riguardo al criterio del valore che a quello della materia [Competenza (processuale)].
Per la precisione, in base al nuovo testo dell'art. 7 c.p.c., il (—) di pace è competente per valore:
per le cause relative a beni mobili di valore non superiore a euro 2.582,28, quando dalla legge non sono attribuite alla competenza di altro giudice;
per le cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e di natanti, purché il valore della controversia non superi euro 15.493,71.
Inoltre, il (—) di pace è competente, qualunque ne sia il valore:
per le cause relative all'apposizione di termini e all'osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento di alberi e siepi;
per le cause relative alla misura e alle modalità d'uso dei servizi condominiali;
per le cause relative ai rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propagazioni che superino la normale tollerabilità;
per le opposizioni alle ordinanze-ingiunzioni previste dalla L. 24-11-1981, n. 689 (tranne in alcune materie che sono di competenza del Tribunale), ai sensi del D.Lgs. 30-12-1999, n. 507 sulla depenalizzazione dei reati minori.
In caso di connessione di cause pendenti dinanzi a (—) di pace e Tribunali, i primi vedono esautorate le proprie competenze a favore dei giudici superiori.
Si ricordi infine che, ai sensi dell'art. 1132 c.p.c., il (—) di pace può decidere secondo equità le cause il cui valore non eccede 1.100 euro (tranne quelle derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità di cui all'art. 1342 c.c.), e nel farlo deve osservare i principi informatori della materia (Corte Cost. 6-7-2004, n. 206), ossia i principi ai quali il legislatore si ispira nel porre una determinata regola. La funzione del giudizio di equità, in un sistema caratterizzato dal principio di legalità, è quella di individuare l'eventuale regola di giudizio non scritta che, alla stregua dei medesimi principi cui si ispira la disciplina normativa, consenta una soluzione della controversia più adeguata alle caratteristiche specifiche della fattispecie concreta. Il giudizio di equità, in altre parole, non è un giudizio extra-giuridico, ma incontra i suoi limiti nell'ordinamento giuridico.
In sede penale, il D.Lgs. 28-8-2000, n. 274, ha introdotto nel nostro sistema processuale la competenza penale del Giudice di Pace per reati minori, elencati nell'art. 4.
La nuova normativa, pur se autonoma e non modificativa del codice di rito, si inserisce nel sistema processuale preesistente dal quale mutua i principi generali, le fasi e gli istituti più importanti (art. 2).
Il legislatore si è innanzitutto preoccupato di semplificare il procedimento e, per quanto riguarda la fase delle indagini preliminari, si è mosso su due fronti:
— da una parte, ha individuato nella polizia giudiziaria l'effettivo fulcro delle indagini preliminari (art. 11): acquisita la notizia di reato, la polizia giudiziaria compie di propria iniziativa tutti gli atti di indagine necessari per la ricostruzione del fatto e per l'individuazione del colpevole e ne riferisce al pubblico ministero, con relazione scritta, entro il termine di quattro mesi; se la notizia di reato risulta fondata, la polizia giudiziaria enuncia nella relazione il fatto in forma chiara e precisa, con l'indicazione degli articoli di legge che si assumono violati, e richiede l'autorizzazione a disporre la comparizione della persona sottoposta ad indagini davanti al giudice di pace. Con la relazione, la polizia giudiziaria indica il giorno e l'ora in cui ha acquisito la notizia;
— dall'altra, ha eliminato la figura del giudice delle indagini preliminari, affidando i provvedimenti relativi a questa fase a un giudice di pace del capoluogo del circondario (art. 19).
In alternativa alla citazione a giudizio dell'imputato disposta dal P.M. (art. 20) il legislatore ha previsto il ricorso immediato della persona offesa, la quale può chiedere al giudice la citazione a giudizio della persona alla quale attribuisce il reato (art. 21).
Infine, per favorire la conciliazione, il giudice di pace è stato fornito di specifici strumenti di mediazione fra la persona offesa e l'imputato, che dovrebbero indirizzare verso soluzioni processuali diverse dalla sentenza di condanna (artt. 29, 34 e 35).
Sul piano sostanziale, il legislatore ha ridisegnato il quadro sanzionatorio, privilegiando la funzione rieducativa e la reintegrazione dell'offesa, piuttosto che la mera afflittività, ma garantendo una reale effettività della pena, che non può essere condizionalmente sospesa (art. 60).
La giurisdizione del giudice di pace, riassumendo, può essere così sintetizzata:
a) sul piano sostanziale:
— scompare la pena detentiva e i vari protocolli sanzionatori confidano prevalentemente sulla pena pecuniaria, in conformità con gli orientamenti affermatisi in molte esperienze straniere;
— per i reati di maggiore gravità sono previste le sanzioni della permanenza domiciliare e del lavoro di pubblica utilità;
— è stata esclusa l'applicabilità della sospensione condizionale della pena e delle sanzioni sostitutive della libertà controllata, della semidetenzione e della pena pecuniaria, previste dagli artt. 53 ss. della L. 24-11-1981, n. 689;
b) sul piano processuale:
— sono state potenziate le funzioni della polizia giudiziaria, che quasi si sostituisce al pubblico ministero che, di regola, si limiterà a far proprio un capo di imputazione formulato da altri;
— non è prevista la figura del giudice delle indagini preliminari, ma le sue funzioni sono svolte da un giudice di pace del luogo ove ha sede il Tribunale del circondario;
— non sono applicabili i seguenti istituti previsti in via ordinaria dal codice: incidente probatorio; arresto in flagranza e fermo di indiziato di delitto; misure cautelari personali; proroga del termine per le indagini; udienza preliminare; giudizio abbreviato; applicazione della pena su richiesta; giudizio direttissimo; giudizio immediato; decreto penale di condanna;
— per i reati procedibili a querela, la persona offesa può chiedere al giudice la citazione a giudizio della persona alla quale è attribuito il reato;
— sono stati estesi i meccanismi conciliativi e riparatori in favore degli interessi della vittima del reato, il cui soddisfacimento produce effetti sull'esito processuale, anche a scapito dell'interesse punitivo dello Stato (esclusione della procedibilità nei casi di particolare tenuità del fatto ex art. 34 ed estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie ex art. 35);
— la fase del giudizio è caratterizzata dalla massima semplificazione e dalla garanzia del contraddittorio;
() di sorveglianza
Organo monocratico della magistratura di sorveglianza, che ha competenza per le materie che concernono:
— la rateizzazione o la conversione delle pene pecuniarie;
— la remissione del debito;
— i ricoveri di condannati in ospedali psichiatrici giudiziari;
— le misure di sicurezza;
— le pene detentive sostitutive;
— la dichiarazione di delinquente abituale, professionale o per tendenza.
Inoltre, spetta al (—) di sorveglianza il potere interinale e provvisorio di ordinare il differimento dell'esecuzione delle pene detentive, anche se sostitutive e, se già è iniziata l'esecuzione, quello di sospenderla disponendo la immediata liberazione del detenuto;
() istruttore civile
È il soggetto cui è affidata l'istruzione della causa, ossia la fase del procedimento in cui la causa viene preparata, mediante la trattazione delle questioni rilevanti in fatto e in diritto e la raccolta degli elementi di giudizio che permetteranno di pronunciare la decisione. Il (—) istruttore civile agisce in tale fase senza formalismi, in udienze non pubbliche in diretto contatto con le parti ed i loro procuratori, e tutti i suoi provvedimenti, salvo che la legge disponga altrimenti, hanno la forma dell'ordinanza.
L'art. 174 c.p.c. sancisce il principio di immutabilità del giudice istruttore per tutta la durata del processo, salva la possibilità di sostituzione in caso di gravi esigenze di servizio o di impedimento assoluto.
Il giudice istruttore esercita tutti i poteri finalizzati al sollecito e leale svolgimento del processo: ad esempio, fissa le udienze e i termini entro i quali le parti devono compiere gli atti processuali e presentare memorie scritte (art. 175 c.p.c.), oppure dichiara chiusa la prova per testi se ritiene sufficienti gli elementi acquisiti. Inoltre, esercita poteri di direzione del processo (ad esempio, indicando alle parti l'esigenza di offrire determinate prove).
Con l'istituzione del giudice unico di primo grado (D.Lgs. 51/98), il Tribunale istruisce e decide in composizione monocratica la causa, tranne le ipotesi tassative elencate nell'art. 50bis c.p.c. in cui resta la composizione collegiale;
() istruttore penale
Il nuovo codice di procedura penale ha eliminato, a seguito dell'introduzione del sistema accusatorio, la figura del (—) istruttore penale. Le funzioni di indagine (istruttoria) e decisionale prima demandate a tale giudice, sono ora ripartite fra pubblico ministero e giudice delle indagini preliminari.
Tuttavia, l'art. 242 disp. att. c.p.p. ha previsto, in regime transitorio, che le inchieste già iniziate (più precisamente allorché fosse stato compiuto un atto di istruzione da depositare oppure fosse stato eseguito l'arresto in flagranza o il fermo [Arresto]) al momento dell'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, secondo lo schema dell'istruzione formale, dovevano essere proseguite dal (—) appunto seguendo il vecchio rito. Il termine ultimo per la conclusione delle inchieste era stato stabilito, in generale, al 31-12-1990, tuttavia per i reati più gravi contemplati dall'art. 407 c.p.p. (L. 563/93) è stato fissato un diverso e più lungo termine, più volte prorogato, da ultimo fino al 31-12-1997;
() minorile
Sono previsti, nell'ambito del Tribunale per i minorenni (avente una circoscrizione estesa all'intero distretto di Corte d'appello), il G.I.P. monocratico, il G.U.P. collegiale e il Tribunale dibattimentale, nonché l'articolazione di sorveglianza (giudice e Tribunale di sorveglianza). In appello esiste una Sezione della Corte d'appello per minorenni. In Cassazione manca una composizione specializzata.
La specializzazione è più intensa per i giudici del Tribunale minorile. Costoro sono addetti in via esclusiva alla materia minorile.
Sia il Tribunale che la sezione di Corte di appello per i minorenni rivestono una composizione cd. mista togato-laica. Al collegio giudicante partecipano due componenti privati, in modo che siano assicurate non solo le conoscenze giuridiche dei magistrati di carriera, ma anche quelle scientifico-umanistiche dei componenti privati.
Proprio una siffatta esigenza di multidisciplinarietà delle cognizioni spiega, per l'udienza preliminare, la composizione collegiale e mista del G.U.P. (un membro togato e due componenti privati), mentre innanzi al Tribunale ordinario il G.I.P. è sempre monocratico (art. 50bis ord. giud., inserito con D.P.R. n. 448/1988).
() monocratico
Giudice che esercita da solo la giurisdizione, contrapposto al giudice collegiale [Collegio (giudicante)]. Sono (—) monocratici, per le cause civili, il Giudice di pace, il Tribunale, che giudica sempre in composizione monocratica, tranne ipotesi tassative; per le cause penali, il Giudice di pace, il G.I.P., il G.U.P. presso il Tribunale ordinario, il G.I.P. presso il Tribunale per i minorenni, il Tribunale ordinario monocratico, il magistrato monocratico di sorveglianza.
Deve, in proposito, ricordarsi che il decreto legislativo istitutivo del giudice unico (D.Lgs. 51/98) ha dato attuazione definitiva al progetto di ampliare la competenza del (—) monocratico, disponendo la soppressione della figura del pretore e affidando al Tribunale in composizione monocratica la definizione dei giudizi civili e penali e, solo nelle ipotesi tassativamente indicate dalla legge, in composizione collegiale. La definitiva attuazione della riforma è avvenuta a seguito dell'entrata in vigore della L. 16-12-1999, n. 479 (cd. legge Carotti);
() naturale
In base all'art. 25 Cost., Nessuno può essere distolto dal (—) naturale precostituito per legge. Per (—) naturale precostituito per legge si intende l'ufficio giudiziario individuato dalla legge sulla base di criteri precisi e predeterminati rispetto all'insorgere della controversia. Tali criteri sono enunciati dalle norme che regolano la competenza per materia, per valore, per territorio o funzionale, definendo la quota di giurisdizione spettante a ciascun giudice. Ciò esclude che tale individuazione possa avvenire ad opera di autorità diverse dal Parlamento (come il Governo o i capi degli uffici giudiziari o la stessa Corte di cassazione), e impone al legislatore di operare sempre sulla base di una disciplina a carattere generale, senza introdurre eccezioni singolari ai criteri prefissati, in vista di una determinata controversia.
Più controversa è, invece, l'estensione del principio del (—) naturale alle ipotesi di identificazione non dell'ufficio giudiziario, bensì del singolo giudice persona fisica [Giudice] o della singola sezione all'interno dello stesso ufficio. In questa delicata materia, infatti, si scontrano due contrapposte esigenze: da una parte assicurare, ex art. 97 Cost., efficienza e funzionalità nella distribuzione del lavoro giudiziario, conservando ampi spazi di discrezionalità in capo ai dirigenti degli uffici relativamente alla assegnazione dei processi, alla formazione dei collegi giudicanti, alla ripartizione degli uffici in sezioni; dall'altra, salvaguardare il pluralismo all'interno della magistratura, evitando che la scelta di un determinato giudice sia motivata dal fine di pilotare l'esito della decisione, o comunque di far prevalere una certa soluzione dei casi prospettati, conforme alle aspettative del capo dell'ufficio.
() onorario
[Giudice (togato e onorario)];
() ordinario
Sono istituiti e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario. Nel disegno del Costituente la funzione giurisdizionale [Giurisdizionale (Funzione)] avrebbe dovuto essere esercitata soltanto dal (—) ordinario. Il rifiuto dei giudici speciali era motivato dall'uso che di essi aveva fatto il regime fascista, al fine di marginalizzare la magistratura ordinaria attraverso strutture variamente soggette alla dipendenza del Governo. Tale disposizione, però, non si è potuta attuare interamente, dal momento che già l'art. 103 Cost. attribuisce rilevanza costituzionale a tre giudici speciali.
() per l'udienza preliminare
[Giudice (per le indagini preliminari); Udienza (preliminare)].
() per le indagini preliminari [g.i.p.]
Protagonisti delle indagini preliminari, fase procedimentale in cui si raccolgono le fonti di prova, sono il P.M. e la P.G. Poiché costoro sono soggetti tendenzialmente antagonisti della persona indagata, il codice ha previsto che ogni volta in cui è necessario compiere atti che comprimono la libertà dell'individuo o che in ogni caso decidono della sua sorte, questi siano adottati da un giudice (G.I.P.), terzo tra le parti in causa. Sicché il G.I.P. svolge una funzione di controllo del rispetto delle norme da parte del P.M. e della P.G.
Può dirsi, in sostanza, che il G.I.P. nel processo penale svolge compiti di garanzia dei diritti del cittadino sottoposto ad indagini da parte del P.M. e tutela l'effettività del contraddittorio controllando l'attività dell'accusa. Al G.I.P. il rappresentante dell'accusa dovrà richiedere i provvedimenti cautelari personali o reali [Misure (cautelari)], l'autorizzazione all'intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche o tra presenti, la convalida del fermo e dell'arresto. Al G.I.P. spetta valutare la richiesta di archiviazione e di rinvio a giudizio; inoltre, dinnanzi a lui possono essere celebrati alcuni procedimenti speciali (rito abbreviato, patteggiamento, decreto penale). Infine è competente per l'incidente probatorio.
Il G.I.P. interviene, dunque, nella fase delle indagini quale garante della loro legittimità, relativamente agli atti compiuti dal P.M. e dalla polizia giudiziaria; opera quale soggetto investito di poteri giurisdizionali, per gli atti da lui direttamente compiuti o innanzi a lui posti in essere, in modo che si attui pienamente la dialettica paritaria prevista dal nuovo processo penale.
Fino al luglio 1999 la stessa persona fisica che svolgeva le funzioni di G.I.P. era chiamata, alla fine delle indagini, a decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio, celebrando l'udienza preliminare, svolgendo quindi i compiti di G.U.P. (giudice dell'udienza preliminare). La legge 51/1998, all'art. 171, ha previsto che il giudice che ha svolto nel procedimento le funzioni di G.I.P. non può nello stesso processo, svolgere il ruolo di G.U.P., ciò per garantire una maggiore terzietà del giudice chiamato a decidere nella causa (art. 342bis c.p.p.).
Il rigore di tale norma è stato, tuttavia, temperato dalla L.16-12-1999, n. 479 e dal D.L. 7-4-2000, n. 82, conv. in L. 5-6-2000, n. 144, i quali, nell'introdurre i commi 2ter e 2quater all'art. 34, hanno previsto un elenco di atti il cui compimento non determina alcuna incompatibilità g.i.p.-g.u.p., in quanto inidonei a creare, nel giudice, il pregiudizio fondante tale istituto;
() popolare
La figura del (—) popolare rende effettiva la partecipazione del popolo all'amministrazione della giustizia consacrata nell'art. 1011 della Cost.
Il (—) popolare è un giudice non professionale chiamato a integrare il collegio della Corte di assise.
L'ufficio di (—) popolare è obbligatorio; ad esso sono chiamati tutti i cittadini italiani forniti dei seguenti requisiti: godimento dei diritti civili e politici; buona condotta morale; età non inferiore ai trenta e non superiore ai sessantacinque anni; titolo finale di studi di scuola media inferiore (per la Corte di assise) o superiore (per la Corte di assise di appello).
I (—) popolari sono estratti a sorte.
Quanto al problema della retribuzione dei lavoratori dipendenti chiamati all'ufficio di (—) popolare, oltre all'indennità prevista dalla legge, la Cassazione ha riconosciuto che non esiste un diritto generalizzato dei lavoratori chiamati alla funzione di (—) popolare alla corresponsione della retribuzione da parte del datore di lavoro. A vantaggio di tutti i prestatori di lavoro (anche dei dipendenti pubblici ex art. 552 D.Lgs. 29/93), comunque, si applica l'art. 313 dello Statuto dei lavoratori (L. 300/70), che pone a carico degli enti previdenziali erogatori gli oneri derivanti dalla mancata prestazione di lavoro a favore dei lavoratori chiamati a funzioni pubbliche o anche sindacali;
() speciale
È titolare di competenze circoscritte e delimitate a specifiche materie, rispetto a quelle proprie del Giudice ordinario ed è soggetto a una disciplina differenziata rispetto a quella dettata dalla legge sull'ordinamento giudiziario. La Costituzione vieta l'istituzione di (—) speciali, in quanto la funzione giurisdizionale è esercitata, per il principio della unità della giurisdizione, da magistrati ordinari, istituiti e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario. Sono costituzionalmente legittimi i (—) speciali già esistenti ed anzi espressamente richiamati dall'art. 103 Cost. e dalla VI disp. trans. Cost.: il Consiglio di Stato, la Corte dei Conti, il T.A.R., nonché i Tribunali militari.
In base alla VI disp. trans. e fin. della Cost., si doveva provvedere alla revisione degli organi speciali giurisdizionali preesistenti entro 5 anni dall'entrata in vigore della Costituzione. Anche se ciò non è avvenuto, la Corte Costituzionale ha più volte ribadito che il termine predetto non era perentorio ma meramente sollecitatorio, per cui tali organi non dovevano essere dichiarati per ciò solo incostituzionali.
Non rientrano, invece, nell'ambito concettuale dei (—) speciali, e quindi non sussiste divieto di istituzione, le sezioni giurisdizionali specializzate, che a norma dell'art. 102 Cost. possono essere istituite presso gli organi giudiziari ordinari, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura (es. Tribunale dei minori; sezioni agrarie del Tribunale).
Il (—) è pur sempre un giudice naturale, sicché non va confuso con i giudici straordinari la cui costituzione è assolutamente vietata dalla Costituzione.
() straordinario
Organo giudiziario istituito per conoscere e risolvere singole e specifiche questioni.
L'istituzione di (—) straordinari è vietata dalla Costituzione (art. 1022), perché essi vengono costituiti solo in un momento successivo al verificarsi del fatto che dovranno giudicare, ponendosi, pertanto, in contrasto con il principio del giudice naturale. L'esito dei loro giudizi è praticamente deciso con la loro stessa creazione: infatti lo Stato che decide di istituire un tribunale per un fatto specifico ha già deciso che questo fatto è da condannare. Di tale aberrazione, in Italia se ne è avuto un esempio, in epoca fascista, con il Tribunale speciale per la difesa dello Stato contro gli oppositori politici del regime.
() togato e onorario
La giurisdizione ordinaria è esercitata, di regola, da giudici togati, ossia da magistrati di carriera nominati mediante concorso pubblico (art. 1061 Cost.).
In casi particolari, sono nominati, senza concorso, i cd. giudici onorari, ossia persone che non sono legate allo Stato da un rapporto di pubblico impiego (artt. 1022 e 1062 Cost.). Le loro funzioni sono temporanee ed essi svolgono l'incarico a titolo gratuito (salve le indennità previste per le singole udienze o per le sentenze, a titolo di rimborso spese).
Nel nostro ordinamento sono previsti i seguenti giudici onorari:
— il giudice di pace;
— il giudice onorario del Tribunale ordinario;
— gli esperti delle sezioni specializzate;
— il vice procuratore onorario;
— gli esperti del Tribunale per i minorenni;
— i giudici popolari delle Corti d'assise.
() tutelare
Sovraintende alle attività di coloro che esercitano la potestà dei genitori, la tutela, la curatela e l'amministrazione di sostegno. In particolare, provvede alla nomina del tutore (per i minori privi di genitori e per gli interdetti), del curatore (per gli inabilitati) e dell'amministratore di sostegno (a tutela di chi si trovi in una situazione di incapacità grave, ma non definitiva e totale), concede le necessarie autorizzazioni in relazione agli atti di disposizione e di straordinaria amministrazione e vigila sull'esercizio di tali attività.
(—) tutelare è il Tribunale;
() unico (in primo grado)
L'istituto del (—) unico è stato introdotto con il D.Lgs. 19-2-1998, n. 51, che ha, nello stesso tempo, previsto l'abolizione dell'ufficio del Pretore e della Procura Circondariale presso la Pretura.
Il D.L. 24-5-1999, n. 145 (conv. in L. 234/1999), sancendo lo slittamento dell'efficacia della riforma in campo penale al 2-1-2000, aveva però già disposto che l'abolito ufficio del Pretore continuasse a celebrare i processi sotto il nome di Tribunale monocratico (art. 2472ter L. 51/1998).
Pertanto, dal 2-1-2000 (data dell'entrata in vigore della L. 16-12-1999, n. 479 che ha modificato il procedimento dinanzi al Tribunale in composizione monocratica), in primo grado sono competenti a giudicare: il Tribunale in composizione monocratica (come regola), il Tribunale in composizione collegiale (per le ipotesi eccezionalmente previste: v. art. 33bis c.p.p., di nuova introduzione), la Corte d'assise (per i delitti di sua competenza: v. art. 5 c.p.p.). A titolo esemplificativo, rimangono di attribuzione collegiale (Tribunale composto da tre magistrati) i delitti di associazione mafiosa, la quasi totalità dei delitti contro la P.A., quelli di usura e riciclaggio, la bancarotta fraudolenta, l'associazione per traffico di stupefacenti, i delitti relativi alle associazioni segrete etc.). La violazione delle norme disciplinanti la ripartizione dei processi tra Tribunale monocratico e Tribunale collegiale non è causa di nullità assoluta, ma non costituisce neanche una questione di competenza, in quanto questa è incardinata pur sempre presso il Tribunale, sebbene in diversa composizione. Trattasi, pertanto, di mera questione di rito.
Circa il rito applicabile, ai procedimenti da svolgersi innanzi al Tribunale in composizione monocratica (con un solo giudice) vanno applicate le norme dell'abolito processo pretorile, con tutte le conseguenti semplificazioni di rito previste dalla L. 16-12-1999, n. 479.
Ai procedimenti da svolgersi innanzi al Tribunale in composizione collegiale vanno applicate le norme previste per il rito di Tribunale, con conseguente celebrazione dell'udienza preliminare prima del dibattimento e tutte le formalità attualmente previste.