Negozio giuridico

Negozio giuridico
 
Categoria astratta di elaborazione dottrinaria alla quale si riconducono tutti gli atti di autonomia negoziale, tra i quali i contratti [Contratto].
È (—), quindi, ogni atto giuridico consistente in una manifestazione di volontà diretta alla produzione di effetti giuridici riconosciuti e garantiti dall'ordinamento.
Il codice civile contiene una disciplina generale del contratto, ma non del (—). Tuttavia, la disciplina del contratto può essere applicata anche agli atti negoziali non contrattuali: l'art. 1324 c.c., in particolare, impone l'osservanza delle norme che regolano i contratti (in quanto compatibili) anche per gli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale.
() ad effetti reali o ad effetti obbligatori
() collegato
() di accertamento (d. civ.)
() fiduciario (d. civ.)
() illecito
() indiretto
Ipotesi di manipolazione funzionale dell'atto di autonomia privata, realizzata attraverso l'utilizzazione di un tipo negoziale per il conseguimento di scopi ulteriori o diversi da quelli tipicamente scaturenti dall'atto (es.: mediante la combinazione con altri negozi, ovvero l'apposizione di clausole).
Il (—) si distingue da altri fenomeni di alterazione dello spettro causale in quanto, a differenza della fiducia, realizza un ampliamento e non già una riduzione degli effetti tipici del negozio.
() in frode alla legge
È quel contratto diretto ad eludere l'applicazione di una norma imperativa pur nel rispetto formale della legge. In tali contratti, cioè, lo strumento prescelto è in sé lecito, ma serve ad eludere l'applicazione di una norma imperativa (art. 1344 c.c.). Esempio: si licenzia e si riassume più volte con un contratto a tempo determinato un lavoratore per impedire la nascita di un contratto di lavoro a tempo indeterminato; si stipula una vendita con patto di riscatto per nascondere un patto commissorio.
Per siffatti negozi la legge sancisce la nullità e la ripetibilità della prestazione [Indebito (Pagamento dell')], salvo che il negozio sia immorale, ex art. 2035 c.c.
() interpretativo
Negozio giuridico mediante il quale le parti di un precedente negozio ne chiariscono il significato che sia apparso incerto.
() per relationem
Si ha (—) per relationem quando le parti, per determinare il contenuto dello stesso, fanno rinvio a fonti esterne (clausole di un altro contratto od a norme di legge).
() personalissimo
Sono tutti i negozi giuridici che non ammettono rappresentanza, e che, perciò, devono essere compiuti esclusivamente dal titolare del diritto. Tra questi vi sono:
i negozi familiari, quali il matrimonio, l'adozione, il riconoscimento del figlio naturale etc.;
il testamento;
i contratti personalissimi, cioè quei contratti che devono essere conclusi personalmente dall'interessato, come la donazione e le convenzioni matrimoniali.
() puro
Sono negozi (o atti) giuridici puri (actus legitimi) quei negozi (o atti) che, ad evitare che sorgano incertezze sulla loro esistenza e durata, stante la loro importanza sociale, non ammettono l'apposizione di elementi accidentali, quali la condizione o il termine.
Esempi di (—) sono il matrimonio, il riconoscimento del figlio naturale, l'adozione, l'accettazione e la rinunzia all'eredità.
Taluni negozi tollerano l'apposizione solo di alcune clausole accidentali: ad esempio l'istituzione di erede sopporta la condizione, ma non il termine; alla cambiale è apponibile un termine iniziale, ma con la condizione, il modus è applicabile ai soli negozi di liberalità.
() simulato

[Simulazione].

Negozio giuridico

Negozi unilaterali, bilaterali e plurilaterali

Nei negozi unilaterali la manifestazione di volontà proviene da una sola parte. Nei negozi bilaterali proviene da due parti (ad es. contratto di vendita); in quelli plurilaterali proviene, invece, da più di due parti (ad. es. contratto di società).

Si noti la differenza fra negozio unilaterale e contratto unilaterale , ove quest’ultima figura costituisce sempre un negozio bilaterale, ma si definisce “unilaterale” perché le obbligazioni derivanti dal contratto vengono assunte da una sola parte (es. contratto preliminare unilaterale: l’obbligazione di stipulare il definitivo è assunta solo dal promittente venditore o dal promissario acquirente).

Nell’ambito dei negozi unilaterali è possibile individuare quelli unilaterali a parte complessa, cioè atti che promanano da più persone, le quali costituiscono una parte unica. Essi sono:

  l’atto collettivo, in cui le dichiarazioni di volontà, provenienti da più persone (che, tuttavia, costituiscono parte unica) e tendenti ad un comune fine ed effetto giuridico, si uniscono, pur rimanendo fra loro distinte e discernibili (es.: la delibera di un condominio);

  l’atto collegiale, in cui le dichiarazioni di volontà si fondono e formano la volontà di un soggetto diverso e propriamente di una persona giuridica (es.: deliberazione della assemblea di una società per azioni);

  l’atto complesso, che consta di più manifestazioni di volontà che, aventi lo stesso contenuto, si fondono in una sola volontà unitaria. Per tale tipo di atto si opera la distinzione tra:

  atto complesso eguale: le diverse volontà sono poste sullo stesso piano (es.: gli assensi di cui agli artt. 296 e 297 c.c. nel procedimento di adozione);

  atto complesso ineguale: una volontà è preminente sull’altra (es.: la volontà dell’inabilitato rispetto a quella del suo curatore).

Negozi patrimoniali e non patrimoniali

I primi riguardano rapporti economicamente valutabili, i secondi riguardano rapporti non suscettibili di valutazione economica (ad es., il matrimonio).

I negozi patrimoniali si distinguono in “negozi dispositivi” che danno luogo ad un decremento nel patrimonio del soggetto disponente (es. contratto di vendita) e “negozi obbligatori” che determinano il sorgere di un rapporto obbligatorio.

Negozi a titolo oneroso e a titolo gratuito

I primi danno luogo a un’attribuzione a favore di un soggetto e ad una prestazione a carico dello stesso. Nei secondi, invece, un soggetto acquisisce un vantaggio senza alcun correlativo sacrificio.

Negozi mortiscausa o inter vivos

Tale distinzione si basa sulla circostanza che la morte del soggetto che pone in essere il negozio sia assunta o meno ad elemento essenziale della causa negoziale. Tipico negozio mortis causa è il testamento.

Negozi causali e astratti

Si definisce causale un negozio nel quale, come di regola, la causa assurge a elemento essenziale (art. 1325 c.c.). È, invece, astratto il negozio la cui validità prescinde dal requisito della causa. Nel nostro ordinamento non è ammissibile una astrazione assoluta, intendendosi per questa la totale irrilevanza della causa, attesa la sussistenza del principio del divieto della vincolatività della nuda promessa.

Diversamente è concepibile una astrazione relativa, quando la causa è semplicemente accantonata, nel senso che gli effetti si producono prescindendosi da essa, ma questa può venire in rilievo successivamente ai fini di una condictio indebiti o di una eccezione, quando risulti la mancanza o il vizio della causa.

Diversa dall’astrazione sostanziale è la astrazione processuale o formale, che non è una vera astrazione, ma solo una ipotesi di inversione dell’onere della prova.

Negozi recettizi o non recettizi

I primi sono quelli che, per produrre effetti, devono essere portati a conoscenza della persona, alla quale sono diretti e a cui vanno, perciò comunicati o notificati (es.: la disdetta).

Possono essere recettizi solo i negozi unilaterali.

Negozi solenni o non solenni

Si distinguono a seconda che per la loro validità sia richiesta o meno una determinata forma. Ad esempio, i negozi che hanno ad oggetto la proprietà o altro diritto reale su beni immobili devono essere stipulati per iscritto (art. 1350 c.c.).

Negozi tipici e atipici

I primi sono espressamente previsti e disciplinati dalla legge.

I secondi, invece, non rientrando in un dato tipo legale sono ammessi se gli interessi perseguiti dalle parti risultano essere meritevoli di tutela secondo l’ordinamento (art. 1322, co. 2 c.c.).