Ordinamento
Ordinamento
() giudiziario (d. pubbl.)
In Italia la giurisdizione ordinaria si distingue in:
giurisdizione penale: è competente per le violazioni di quelle norme (penali) che importano, come conseguenza, l'applicazione di una sanzione penale (reclusione, multa etc.);
giurisdizione civile: si occupa della tutela giurisdizionale dei diritti dei privati e si svolge su iniziativa dei soggetti privati. Essa è giudizio di parti in quanto mira ad accertare la fondatezza della pretesa di chi ha promosso il giudizio.
Fanno parte della giurisdizione ordinaria:
il Giudice di pace, organo monocratico che ha competenze in materia sia civile che penale;
il Tribunale, giudice unico in composizione monocratica o collegiale a seconda del tipo di controversia o di reato, le cui decisioni sono appellabili;
la Corte d'Appello, giudice collegiale di secondo grado;
la Corte d'assise e la Corte di assise di appello, organi collegiali a composizione mista (giudici di carriera e giudici popolari [Giudice (togato e onorario)]) competenti per i reati pi ù gravi;
la Corte di Cassazione, che svolge la funzione di garantire l'uniforme interpretazione della legge e delle norme di procedura attraverso la possibilit à di un ricorso ad essa per le sole questioni di legittimit à;
il Tribunale per i minorenni e il Tribunale di sorveglianza, organi giudiziari ordinari integrati dalla presenza di cittadini estranei alla magistratura ma in possesso di particolari requisiti e competenze richiesti dalla materia.
Le giurisdizioni speciali [Giudici (speciali)] sono quelle che si occupano di particolari controversie, secondo un criterio di specializzazione richiesto dalla loro natura tecnica.
() giuridico (teoria gen.)
Sul concetto di () numerose teorie si contendono il campo; tra esse citiamo la teoria normativa di Kelsen e la teoria istituzionalista di Hauriou e di Santi Romano.
Per la teoria normativa, che considera l'() un insieme di norme giuridiche, il fondamento delle stesse non deriva dal fatto che queste siano giuste o sentite dal corpo sociale, perch é la validit à di ogni singola norma concreta trova sempre e solo il proprio fondamento in successive norme superiori caratterizzate da una astrattezza sempre maggiore; finch é, proseguendo nel processo di astrazione, non si giunge ad una norma ultima del tutto priva di contenuto materiale, che Kelsen definisce Grundnorm (norma fondamentale).
Agli antipodi di tale concezione si pone la tesi istituzionalistica che parte dal concetto sociologico di istituzione, intesa come organizzazione umana che presenta i requisiti:
di un corpo sociale (costituito da pi ù persone che si associano);
di un'organizzazione (per il raggiungimento di comuni finalit à del corpo sociale);
di un ordine normativo (per disciplinare il funzionamento dell'organizzazione e i rapporti tra differenti istituzioni).
Le istituzioni nascono in forme pi ù semplici, come la famiglia, ed assumono nel tempo l'aspetto di formazioni sociali sempre pi ù articolate (Stato), andando a costituire aggregazioni solide e permanenti che, anche col mutare dei propri elementi, conservano sempre la medesima individualit à.
() giuridico internazionale (d. internaz.)
Insieme delle norme giuridiche che regolano la vita della Comunit à Internazionale. Al di l à di alcuni pareri discordi che negano la natura giuridica del diritto internazionale, attribuendo alle norme di diritto internazionale un carattere di fatto ed un valore soprattutto politico, la maggioranza della dottrina considera il diritto internazionale come un ordinamento autonomo e completo dotato di un proprio sistema di fonti, di garanzie e di principi.
Per ci ò che concerne i soggetti cui l'() si riferisce, essi sono in primo luogo gli Stati, nonch é organizzazioni internazionali. Si tratta di soggetti sovrani, dotati cio è della caratteristica di non riconoscere alcun potere ad essi sovraordinato. Questa particolarit à si riflette sulla struttura della Comunit à Internazionale, che è di tipo orizzontale in quanto i suoi membri sono posti, giuridicamente, su un piano di parit à, e sulla natura dell'() che è privo di un centro di potere sovraordinato.
Il sistema delle fonti del diritto internazionale si basa in primo luogo sulla consuetudine e sui principi riconosciuti dalle Nazioni civili, che sono fonti primarie, sugli accordi internazionali [Trattato], quali fonti secondarie e sugli atti vincolanti di alcune organizzazioni internazionali, che sono fonti di terzo grado.
La prassi internazionale ha assistito allo sviluppo degli accordi di codificazione, negoziati in sede multilaterale, volti a sostituire le norme consuetudinarie con norme scritte, allo scopo di garantire la certezza del diritto e di favorire l'evoluzione del diritto internazionale. Questa tendenza, per lo pi ù dovuta all'azione dei Paesi di recente indipendenza, non ha comunque portato, finora, a ridimensionare il ruolo della consuetudine nel diritto internazionale.
Per ci ò che concerne le garanzie, elemento essenziale di ogni ordinamento giuridico, bisogna sottolineare che, a causa della mancanza di un potere gerarchicamente sovraordinato, spetta agli Stati (uti singuli o uti universi) garantire l'applicazione coattiva delle norme del diritto internazionale. Per questo motivo, nell'() trova largo spazio l'autotutela e la tutela collettiva [O.N.U.].
I principi giuridici su cui regge l'(), infine, ossia i contenuti delle norme, sono sempre stati strettamente influenzati dall'evoluzione storica della struttura della Comunit à Internazionale e dai rapporti di forza in essa vigenti.
Tuttavia, in linea generale pu ò dirsi che le norme consuetudinarie sono essenzialmente volte a stabilire i limiti al potere di imperio degli Stati, mentre quelle pattizie presentano un contenuto assai pi ù vario, incidendo sui rapporti economici, sociali e politici degli Stati sulla base del principio di cooperazione all'interno della Comunit à Internazionale.
L'() viene in rapporto in diversi modi con gli ordinamenti giuridici interni degli Stati membri della Comunit à Internazionale.
Un primo ordine di rapporti tra le strutture giuridiche interna e internazionale, attiene alla reciproca presupposizione, in quanto, in ognuno dei due ordinamenti sono contenute norme che riconoscono l'esistenza dell'altro.
In altri casi, i rapporti tra () e ordinamenti interni realizzano un rinvio alle reciproche norme. Infine, specie nel caso di strutture internazionali organizzate, i due ordinamenti possono trovarsi su un piano di coordinazione.
() penitenziario (d. penitenz.)
L'() è disciplinato dalla L. 354/75 che segna un fatto assolutamente nuovo e di straordinaria importanza nella storia delle istituzioni penitenziarie in Italia. Per la prima volta, infatti, tutta la materia che attiene agli aspetti applicativi delle misure penali privative e limitative della libert à personale, viene regolata con legge formale: con atto cio è emanato dal potere legislativo nell'ambito della sua potest à.
Fino a poco tempo addietro, la materia del trattamento penitenziario e dell'organizzazione degli istituti di prevenzione e pena era disciplinata dal regolamento Rocco del 1931, emesso nell'ambito del potere esecutivo, le cui disposizioni avevano in parte carattere di esecuzione e in parte carattere di organizzazione.