Contratto (d. civ.)
L'art. 1321 c.c. definisce il (—) come l'accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale.
Esso è espressione dell'autonomia negoziale, intesa quale potere delle parti di autoregolamentare i propri interessi (art. 1322 c.c.).
È un negozio giuridico bilaterale o plurilaterale, poiché si perfeziona con il consenso di due o più parti.
Esso, inoltre, si caratterizza per la sua patrimonialità, in quanto ha per oggetto rapporti suscettibili di valutazione economica.
(—) a distanza (d. civ.)
È il contratto avente per oggetto beni o servizi stipulato tra un professionista e un consumatore nell'ambito di un sistema di vendita o di prestazione di servizi a distanza organizzato dal professionista che, per tale contratto, impiega esclusivamente tecniche di comunicazione a distanza, per tali dovendosi intendere qualunque mezzo che, senza la presenza simultanea del professionista e del consumatore venga usata per la conclusione del contratto.
La normativa prevede una serie di accorgimenti a tutela del consumatore, stabilendo precisi obblighi di informazione da parte del fornitore; conferma scritta delle informazioni; possibilità di recesso da parte del consumatore, senza alcuna penalità e senza specificare il motivo; irrinunciabilità dei diritti del consumatore.
(—) a favore di terzo (d. civ.)
È il contratto con il quale una parte (cd. stipulante) indica un terzo quale titolare del diritto alla prestazione, dovuta dall'altro contraente (cd. promittente) (artt. 1411 ss. c.c.).
Perché si possa parlare di (—) occorre che le parti esprimano la volontà di attribuire al terzo la titolarità del diritto alla controprestazione, senza tuttavia che il terzo sia (o diventi) parte del contratto.
Il terzo beneficiario deve essere un soggetto determinato o determinabile; il suo diritto deve trovare origine esclusivamente nel contratto tra stipulante e promittente: non deve pertanto consistere nell'attribuzione di un vantaggio indiretto, né nascere ex lege.
Il (—) rappresenta un'eccezione al principio sancito dall'art. 1372 c.c. (cd. principio di relatività del contratto: il contratto ha forza di legge tra le parti, e solo tra esse): l'eccezione si giustifica in considerazione del fatto che, per effetto del (—), si producono nella sfera del terzo soltanto effetti favorevoli.
Lo stipulante può revocare la destinazione del suo atto fino a quando il terzo non ha dichiarato di volerne profittare.
Il terzo acquista il diritto verso il promittente immediatamente per effetto della stipulazione a suo favore: se rifiuta di profittarne, od in caso di revoca tempestiva, la prestazione rimane a beneficio dello stipulante.
(—) a tempo determinato
— nelle imprese private
Contratto di lavoro caratterizzato dall'apposizione di un termine finale allo scadere del quale il contratto è naturalmente risolto e il rapporto di lavoro si interrompe.
La disciplina di questo contratto, contenuta nel D.Lgs. 368/2001, è stata recentemente modificata dalla L. 247/2007 (art. 1, commi 39 ss.), attuativa del Protocollo Welfare del 23 luglio 2007.
Anzitutto, viene ribadito il carattere eccezionale di questa tipologia di contratto, in quanto il contratto di lavoro subordinato è stipulato, di regola, a tempo indeterminato (art. 1, comma 39, L. 247/2007).
Inoltre, è stata introdotto un limite massimo di durata del rapporto instaurato tra le stesse parti per lo svolgimento di mansioni uguali o equivalenti, pari a 36 mesi, comprensivi di eventuali proroghe e rinnovi. Se il rapporto di lavoro si prolunga oltre tale termine, si considera a tempo indeterminato dalla scadenza del termine, indipendentemente dai periodi di interruzione che possono essere intercorsi tra un contratto e l'altro (in tal modo, viene introdotta un'ulteriore ipotesi di trasformazione automatica del contratto a tempo indeterminato).
In deroga al limite dei 36 mesi, un ulteriore successivo contratto a termine fra gli stessi soggetti può essere stipulato per una sola volta, a condizione che la stipula avvenga presso la direzione provinciale del lavoro competente per territorio e con l'assistenza di un rappresentante di una delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale cui il lavoratore sia iscritto o conferisca mandato.
Questa disciplina non si applica alle attività stagionali previste dal d.P.R. 1525/1963 né a quelle che saranno individuate dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali.
Il lavoratore che, nell'esecuzione di uno o più contratti a termine presso la stessa azienda, abbia prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi, ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine.
Il diritto di precedenza può essere esercitato a condizione che il lavoratore manifesti la propria volontà al datore di lavoro entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto stesso e si estingue entro un anno dalla data di cessazione del rapporto di lavoro.
In base all'art. 10 D.Lgs 368/2001, i contratti collettivi stabiliscono i limiti quantitativi di utilizzo del contratto a tempo determinato, escludendo però alcune ipotesi.
La L. 247/2007 ha eliminato alcune di queste esenzioni: per esempio, i contratti stipulati a causa di un'intensificazione dell'attività lavorativa in determinati periodi dell'anno, quelli conclusi al termine di un periodo di stage o tirocinio o stipulati per l'esecuzione di un'opera o di un servizio definito o predeterminato nel tempo con carattere straordinario o occasionale.
Occorre aggiungere, infine, che i contratti a termine ancora in corso al 1 gennaio 2008 continuano fino al termine previsto dal contratto. Il periodo di lavoro già effettuato alla data suddetta si computa, insieme ai periodi successivi di attività, ai fini della determinazione del periodo massimo di 36 mesi, decorsi 15 mesi dalla medesima data.
— nel pubblico impiego
L'art. 36 del D.Lgs. 165/2001 prevede che le pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle disposizioni sul reclutamento del personale, possano avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale tra cui è compreso il (—).
Alla contrattazione collettiva è demandato il compito di definire le disposizioni necessarie per tenere conto delle specificità del rapporto di lavoro con la P.A.
(—) aperto (d. civ.)
Il (—) si ha quando al contratto è apposta una clausola che permette ad altri soggetti l'adesione allo stesso (art. 1332 c.c.).
Il (—) può aversi solo nei contratti plurilaterali [Contratto (plurilaterale)] con comunione di scopo. L'adesione va fatta pervenire all'organo costituito per l'attuazione del contratto o, in mancanza di esso, a tutti i contraenti originari.
L'adesione è un'accettazione di una proposta contenuta nel contratto cui si aderisce.
(—) autonomo di garanzia (d. civ.)
Istituto di derivazione tedesca (Garantievertrag) che sancisce un impegno, generalmente assunto da una banca o da una compagnia di assicurazioni, di pagare una somma determinata ad un creditore. Tale obbligazione viene assunta allo scopo di garantire l'esecuzione di un'obbligazione che un altro soggetto è tenuto ad adempiere verso lo stesso creditore. La particolarità del (—) risiede nel fatto che il garante (es.: banca), a semplice richiesta scritta del garantito, è tenuto ad eseguire la prestazione, con rinuncia a far valere qualsiasi eccezione relativa alla validità del rapporto garantito (in ciò consiste l'autonomia della garanzia).
(—) collettivo (d. lav.)
Accordo stipulato tra le associazioni sindacali [Sindacato] dei lavoratori e dei datori di lavoro. È il fine della contrattazione collettiva e costituisce una delle fonti di regolamentazione del rapporto di lavoro subordinato, in quanto con esso si intende predeterminare, con carattere impegnativo tra le parti, le clausole e le condizioni dei futuri contratti individuali dei singoli prestatori appartenenti alla categoria.
Il (—) si colloca nella categoria dei negozi giuridici e, tra questi, nella species del cd. contratto normativo cioè di quei contratti che si limitano a definire i contenuti di una futura produzione contrattuale.
Il (—) ha, infatti, un duplice contenuto: normativo-economico, costituito dal complesso delle clausole destinate ad avere efficacia sui singoli contratti individuali, ai sensi dell'art. 2077 c.c. (es. determinazione della retribuzione, delle ferie, dell'orario di lavoro ecc.); obbligatorio, che è quello che vincola tra loro direttamente le associazioni sindacali stipulanti, ad es. con clausola di tregua sindacale.
È, di regola, inderogabile in peius, cioè in ordine al minimo garantito per il singolo prestatore, ma consente di poter accordare nel singolo contratto di lavoro condizioni più favorevoli rispetto a tale minimo.
In quanto assoggettato alle norme di diritto comune in materia contrattuale (artt. 1321 ss. c.c.), vincola esclusivamente gli associati alle organizzazioni sindacali (di datori e lavoratori) che li hanno stipulati. Nei fatti, tuttavia, l'efficacia del (—) di diritto comune non è limitata ai lavoratori aderenti alle associazioni stipulanti perché il (—) può trovare applicazione in via di fatto, quando vi sia stata, da parte dei soggetti del rapporto individuale, una adesione ai contratti collettivi, ovvero una implicita ricezione di essi nei contratti individuali.
Al (—) si giunge attraverso un procedimento strutturato nelle seguenti fasi:
— preparazione ed elaborazione della proposta contrattuale, che in genere è limitata solo ad alcuni punti del precedente contratto collettivo (difficilmente, infatti, la nuova trattativa porta alla sostituzione integrale del precedente contratto);
— negoziazione ed eventuale mediazione dei pubblici poteri, durante la quale possono attuarsi forme di azione diretta (es.: scioperi prolungati) per indurre la controparte ad abbandonare posizioni intransigenti;
— accordo, raggiunto il quale il suo contenuto è sottoposto di regola alle assemblee dei lavoratori per la ratifica e l'estensione del contratto collettivo definitivo da redigersi per iscritto a pena di nullità con la sottoscrizione di tutti gli stipulanti.
(—) con se stesso (d. civ.)
È il contratto che un soggetto stipula nella duplice veste di parte e di rappresentante [Rappresentanza] dell'altra parte (es.: acquisto di un bene da parte del rappresentante negoziale della parte alienante) (art. 1395 c.c.).
Il (—) è annullabile [Annullamento] da parte del rappresentato; questa invalidità trova però due eccezioni:
— se c'è una specifica autorizzazione del rappresentato;
— se il contenuto del contratto è determinato in modo da escludere il possibile conflitto di interessi che è alla base dell'azione di annullamento (es.: prezzo predeterminato dal rappresentato, merci acquistate o vendute a prezzo fisso o di mercato o a condizioni più vantaggiose di quelle correnti).
Secondo parte della dottrina non è sufficiente che il conflitto sia meramente potenziale, ma è necessario che effettivamente il rappresentante abbia abusato dei poteri conferitigli, in danno del dominus ed in favore di se stesso o dell'altro dominus.
(—) d'area (d. lav.)
Strumento a carattere negoziale concluso da amministrazioni, locali e non, e rappresentanze dei lavoratori e dei datori per la realizzazione di azioni mirate ad accrescere il livello occupazionale. Espressione della concertazione sociale a livello locale, costituisce uno degli strumenti di attuazione della programmazione negoziata.
(—) di fatto (d. civ.)
(—) di formazione e lavoro (d. lav.)
Particolare tipo di contratto di lavoro avente lo scopo di favorire la formazione professionale e l'occupazione giovanile, che ha avuto una notevolissima diffusione anche in ragione dei vantaggi normativi ed economici (sgravi contributivi) che ad esso erano connessi. La tipologia del (—) è stata soppressa con il D.Lgs. 276/2003 (cd. riforma Biagi) nel settore privato, mentre è rimasto in vita unicamente per i rapporti di lavoro alle dipendenze delle P.A.
(—) di inserimento (d. lav.)
Speciale contratto di lavoro subordinato che sostituisce — nell'ambito dell'impiego privato — il precedente contratto di formazione e lavoro e che ha la finalità di realizzare, mediante un progetto individuale di adattamento delle competenze professionali del lavoratore a un determinato contesto lavorativo, l'inserimento ovvero il reinserimento nel mercato del lavoro di determinate categorie di persone.
Il (—) deve essere stipulato in forma scritta con espressa indicazione del progetto individuale di inserimento; in mancanza si ha nullità del (—) ed il lavoratore si intende assunto a tempo indeterminato.
I soggetti che possono essere assunti con (—) sono:
— le persone di età compresa tra i 18 e i 29 anni;
— i disoccupati di lunga durata da 29 fino a 32 anni;
— i lavoratori con più di 50 anni di età privi di un posto di lavoro;
— i lavoratori che desiderino intraprendere o riprendere una attività lavorativa e che non abbiano lavorato per almeno 2 anni;
— le donne di qualsiasi età residenti in una area geografica in cui il tasso di occupazione femminile sia inferiore almeno del 20% di quello maschile o in cui il tasso di disoccupazione femminile superi del 10% quello maschile;
— le persone riconosciute affette, ai sensi della normativa vigente, da un grave handicap fisico, mentale o psichico.
Possono fare ricorso al (—) tutti i datori di lavoro (enti pubblici economici, imprese e loro consorzi, gruppi di imprese, associazioni professionali, socio-culturali, sportive, fondazioni, enti di ricerca pubblici e privati) purché risulti mantenuto in servizio almeno il 60% dei lavoratori il cui (—) sia venuto a scadere nei 18 mesi precedenti, eccetto che sia venuto a scadere un solo contratto di inserimento. La contrattazione collettiva, anche di livello territoriale o aziendale, potrà prevedere un limite relativo al numero di lavoratori che possono essere assunti con (—).
Il rapporto di lavoro derivante da un (—) è disciplinato dalle disposizioni del D.Lgs. 368/2001 in materia di rapporto di lavoro a termine [contratto a tempo determinato], in quanto compatibili.
La durata del rapporto di lavoro deve essere non inferiore a 9 mesi e non superiore a 18 mesi (36 mesi in caso di assunzione di lavoratori disabili); il (—) non è rinnovabile (può essere stipulato una sola volta tra le stesse parti) ed è prorogabile entro il limite massimo della sua durata (18 mesi).
Il (—) presenta un notevole vantaggio economico per il datore di lavoro in quanto per i soggetti assunti, ad eccezione dei giovani di età tra i 18 e 29 anni, vale la contribuzione ridotta.
(—) di lavoro subordinato (d. lav.)
(—) informatico (d. civ.)
È il contratto stipulato mediante strumenti informatici o telematici.
Il crescente sviluppo delle tecnologie informatiche ha indotto il legislatore ad emanare norme volte al riconoscimento della validità e rilevanza, a tutti gli effetti di legge, del (—) stipulato anche mediante l'uso della firma elettronica; d'altro canto, si è reso necessario introdurre un sistema di tutele contro i possibili abusi di chi utilizza la contrattazione informatica per l'offerta di prodotti e servizi (c.d. commercio elettronico).
(—) normativo (d. civ.)
È il contratto con il quale le parti fissano il contenuto dei futuri contratti che essi saranno, peraltro, liberi di concludere tra di loro.
Per tale motivo tale contratto si denomina normativo in quanto le parti non dispongono direttamente dei propri interessi, ma fissano solo la disciplina di futuri contratti.
Si tratta di un contratto ad efficacia obbligatoria [Contratto] in quanto fa nascere il preciso obbligo di osservare le regole in esso poste nel caso di conclusione dei contratti in esso previsti.
(—) per adesione (d. civ.)
[Contratto standard (o di massa)].
(—) per persona da nominare (d. civ.)
Si ha tale figura nel caso in cui una delle parti, al momento della conclusione del contratto, si riserva la facoltà di nominare successivamente la persona che acquisterà i diritti e assumerà le obbligazioni derivanti dallo stesso (electio amici) (artt. 1401 ss. c.c.).
La nomina del contraente deve essere fatta nel termine stabilito nel contratto o, in mancanza, entro tre giorni e, per essere efficace, deve essere accompagnata dall'accettazione del terzo, in mancanza di procura anteriore al contratto concluso.
In mancanza di nomina o di accettazione, il contratto produce effetto tra i contraenti originari. In ciò il (—) differisce dal contratto concluso dal falso procuratore [Rappresentanza], che in mancanza di ratifica rimane inefficace.
(—) per prestazioni di lavoro temporaneo (d. lav.)
È il contratto con il quale l'impresa fornitrice di lavoro interinale assumeva il lavoratore per inviarlo presso un'impresa (cd. utilizzatrice) che ne avesse fatto richiesta per il soddisfacimento di esigenze produttive temporanee.
Questo tipo di contratto è stato soppresso dal D.Lgs. 276/2003 (cd. riforma Biagi) che, nell'ambito di un intervento più generale, ha sostituito al lavoro interinale la nuova fattispecie della somministrazione di lavoro.
(—) plurilaterale (d. civ.)
Il (—) è il contratto costituito da più di due parti in senso sostanziale. Tipico esempio è il contratto di società.
Si discute se il (—) debba necessariamente essere caratterizzato da una comunione di scopo, cioè dalla presenza del medesimo interesse contrattuale in ognuno dei contraenti, i quali debbono mirare tutti ad un unico risultato giuridico, sul modello della società, oppure possa essere anche un accordo a più parti senza comunione di scopo (es.: delegazione accettata [Delegazione]).
Riguardo al (—) è stabilito il principio in base al quale le vicende che colpiscono uno dei vincoli non coinvolgono l'intero contratto salvo che tale vincolo debba considerarsi essenziale per l'economia dell'affare.
(—) preliminare (d. civ.)
(—) standard [o di massa] (d. civ.)
Contratto caratterizzato dalla predisposizione di tutto o parte del contenuto del contratto, ad opera di uno solo dei contraenti (generalmente una grande impresa): si parla, perciò, anche di contratti per adesione avendo riguardo alla condizione del contraente economicamente più debole che si limita a prestarvi adesione (tipico esempio è il contratto di assicurazione).
La redazione di (—) nasce dalle esigenze della produzione in serie di beni e di servizi destinati ad una massa di consumatori, utenti e clienti, che impone alle grandi imprese, anche per motivi di economicità nella gestione, di accelerare la stipulazione dei contratti, predisponendoli così in serie.
Per evitare che la parte predisponente abusi della propria posizione nei confronti del consumatore più debole, cui non spetta altro che aderire o rinunciare al contratto, la legge predispone alcuni strumenti di tutela quali le norme in materia di condizioni generali di contratto e di clausole vessatorie.
(—) tipo (d. civ.)
[Contratto standard (o di massa)].
La classificazione dei contratti
In base al perfezionamento del vincolo contrattuale:
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Contratti consensuali |
Costituiscono la maggioranza e si perfezionano con il semplice consenso (la compravendita di un’automobile si perfeziona quando si forma l’accordo tra il venditore e il compratore, indipendentemente dalla consegna del veicolo). |
Contratti reali |
Tale categoria di contratti richiede, per il suo perfezionarsi, oltre al consenso delle parti, anche la consegna della cosa, che, pertanto, non è un effetto obbligatorio del contratto, ma un elemento costitutivo dello stesso (es. comodato, mutuo). |
In base al tempo dell’esecuzione: |
Contratti ad esecuzione istantanea |
Sono quelli che esauriscono i loro effetti in un solo istante o all’atto della conclusione del contratto (ad esecuzione immediata) o in un momento successivo (ad esecuzione differita). |
Contratti di durata |
Sono quelli la cui esecuzione si protrae nel tempo o in modo continuo (ad esecuzione continuata, es.: locazione) o ad intervalli (ad esecuzione periodica, es.: somministrazione di derrate). |
In base agli effetti: |
Contratti ad effetti obbligatori |
Sono quelli che danno luogo alla nascita di un rapporto obbligatorio. Non fanno sorgere diritti reali, ma solo diritti personali (es.: locazione, deposito). |
Contratti ad effetti reali (o traslativi) |
Sono quelli che producono, come effetto, il trasferimento della proprietà di un bene determinato o la costituzione o il trasferimento di un diritto reale su un bene determinato (art. 1376 c.c.).
I contratti ad effetti reali sono, dal punto di vista del perfezionamento della volontà, consensuali: per il trasferimento o per la costituzione del diritto, è, infatti, sufficiente il consenso delle parti legittimamente manifestato; non è quindi necessaria la consegna, che vale solo ad effetti possessori (cd. principio del passaggio consensuale del diritto). |
In base al nesso tra le attribuzioni patrimoniali: |
Contratti a prestazioni corrispettive |
Sono caratterizzati dal fatto che:
— il contratto genera due attribuzioni patrimoniali contrapposte e ciascuna delle parti è tenuta ad una prestazione (vi è, cioè, prestazione e controprestazione);
— tra le due prestazioni si stabilisce uno speciale nesso di corrispettività [ Sinallagma] che consiste nella interdipendenza fra esse, per cui ciascuna parte non è tenuta alla propria prestazione, se non è effettuata anche la prestazione dall’altra parte.
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Contratti unilaterali |
Sono quei contratti che, pur implicando l’esistenza di due parti e due distinte dichiarazioni di volontà, generano l’obbligo della prestazione per una sola parte, che si trova nella posizione esclusiva di debitore (es.: donazione, mutuo senza interessi etc.).
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In base al rapporto tra i corrispettivi (per i contratti a prestazioni corrispettive):
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Contratti aleatori
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Sono quelli in cui, l’entità o l’esistenza della prestazione o della controprestazione è collegata ad un elemento incerto, e nei quali, pertanto, il rischio contrattuale (cd. alea [ ]) è più ampio ed assume rilevanza causale. Esempi: contratto di assicurazione, gioco, scommessa, vendita di cose future.
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Contratti commutativi
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In tali contratti, fin dal momento della conclusione, ciascuna delle parti conosce l’entità del vantaggio e del sacrificio che riceverà dal contratto (es.: vendita, nella quale il venditore sa che si spoglierà del bene e che in cambio riceverà una certa somma di danaro).
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In base all’autonomia negoziale:
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Contratti atipici o innominati
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Sono quelli che non rientrano in un dato tipo legale.
La possibilità di stipulare tali tipi di contratti è espressamente riconosciuta dal 2° comma dell’art. 1322 c.c.
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Contratti collegati
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È una figura che si realizza quando tra una pluralità di contratti sussiste un rapporto di interdipendenza, in quanto l’interesse perseguito dalle parti può essere realizzato solo tramite il collegamento tra i singoli contratti (cd. collegamento funzionale).
Il collegamento, invece, si dice genetico, quando un (—) influisce sulla formazione dell’altro.
Infine, l’interdipendenza dei negozi è normalmente reciproca, ma può essere anche unilaterale, quando la sorte di un rapporto si ripercuote sull’altro, ma non viceversa.
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Contratti misti
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È una categoria della quale si individuano due distinte ipotesi.
La prima riguarda il contratto in cui concorrono gli elementi di più contratti tipici che si fondono in un’unica causa, concorrendo così a realizzare un interesse unitario sul piano pratico-economico.
La seconda, invece, riguarda l’ipotesi di una pluralità di cause concorrenti nella unicità del rapporto (es.: vendita mista a donazione).
Nell’una e nell’altra ipotesi (fusione o concorrenza di cause) il contratto misto è inteso come contratto unico.
Per determinare la disciplina giuridica può farsi riferimento sia al criterio cd. della combinazione, secondo il quale ciascun elemento contrattuale distinto deve essere regolato dalle norme che gli sono proprie, sia al criterio cd. dell’assorbimento, secondo il quale si applica la disciplina del contratto prevalente.
Si ritiene attualmente preferibile il criterio cd. dell’assorbimento attenuato, secondo il quale può applicarsi la disciplina dell’elemento prevalente unicamente in caso di incompatibilità tra le discipline dei distinti elementi contrattuali.
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Contratti tipici o nominati |
Costituiscono un modello di operazione economica che si è tradotto in modello normativo, che è previsto e disciplinato dalla legge.
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