Rappresentanza

Rappresentanza (d. civ.)
Rientrando nel più ampio fenomeno della collaborazione negoziale sotto forma di sostituzione, la (—) può definirsi come quella figura di sostituzione per cui un determinato soggetto (rappresentante) compie il negozio nell'interesse di un altro soggetto (rappresentato).
Della (—) abbiamo due forme:
— diretta, quando il rappresentante agisce non solo per conto (e cioè nell'interesse), ma anche in nome del rappresentato. In tal caso si ha la spendita del nome altrui (contemplatio domini) e il verificarsi degli effetti del negozio direttamente ed unicamente nella sfera giuridica del rappresentato. Il rappresentante che stipula in nome del rappresentato è parte in senso formale del negozio; parte in senso sostanziale è il rappresentato, che assume la titolarità del rapporto negoziale;
— indiretta, quando il rappresentante agisce solo per conto, ma non in nome del rappresentato. In tal caso il rappresentante agisce in nome proprio, senza spendere il nome del rappresentato, e gli effetti giuridici del negozio si realizzano nella sfera giuridica del rappresentante, per cui sarà necessario il compimento di un'ulteriore attività affinché tali effetti possano riversarsi definitivamente in capo al rappresentato. A questa ulteriore attività il rappresentante è tenuto in base al rapporto interno che lo lega al rappresentato.
 In tal caso, difettando la contemplatio domini, solo impropriamente si discorre di (—).
Nel caso in cui il rappresentante abbia agito senza poteri ovvero abbia ecceduto i poteri conferitigli (falsus procurator), l'art. 1398 c.c. pone a suo carico la responsabilità per il danno sofferto dal terzo contraente che, immune da colpa, abbia confidato nella piena validità del contratto. Ciò, sempreché non intervenga in tempo utile la ratifica da parte dell'interessato, atto con cui viene sanato il difetto o l'eccesso del potere di (—) retroattivamente, senza pregiudicare i diritti acquisiti dai terzi (art. 1399 c.c.).
() apparente (d. civ.)
Si configura allorquando lo pseudo-rappresentato, con il proprio comportamento di tolleranza nei confronti dell'agire del falsus procurator, dia causa all'apparente legittimazione del medesimo, ingenerando nei terzi, senza loro colpa, un ragionevole affidamento sulla sussistenza del potere rappresentativo. In tal caso (ipotizzabile, per ovvie ragioni, solo qualora la procura non esiga la forma scritta) lo pseudo-rappresentato risponde dell'operato del rappresentante apparente ed è vincolato dal contratto da questi concluso.
() legale (d. civ.)
In tale ipotesi è la legge che conferisce i poteri al rappresentante.
La (—) legale presuppone iuris et de iure l'impossibilità giuridica del rappresentato di compiere determinati atti (incapacità di agire) e, in taluni casi, può venire meno con l'acquisto della capacità di agire da parte del rappresentato.
Non si può avere (—) legale (né volontaria) in tutti quei casi in cui, anziché incapacità di agire, ricorra una limitazione della capacità giuridica, come l'incapacità di contrarre matrimonio prima dei 16 anni.
() organica (d. civ.)
Indica il potere rappresentativo che compete agli organi esterni di un ente giuridico.
La (—) organica si caratterizza in ciò, che l'organo rappresentativo si immedesima nella struttura dell'ente. L'organo che stipula un contratto non si sostituisce all'ente ma agisce come parte integrante di esso. L'attività dell'organo è quindi attività di una parte dell'ente, e come tale viene imputata all'ente stesso. La (—) organica rileva principalmente ai fini della responsabilità extracontrattuale.
Per quanto attiene al negozio, la sua imputazione all'ente è comunque imputazione degli effetti: la dichiarazione di volontà è pur sempre della persona fisica portatrice della qualifica organica.
() passiva (d. civ.)
Con tale termine si indica il potere del rappresentante di ricevere atti o prestazioni in nome e per conto del rappresentato; essa si contrappone alla (—) attiva che è quella tipica e che consiste nel compimento di atti in nome e per conto del rappresentato.
Un esempio di (—) passiva si ha all'art. 1188 c.c. che prevede che il rappresentante del creditore sia legittimato a ricevere la prestazione.
La (—) attiva comprende sempre anche quella passiva.
() politica (d. pubbl.)
Le Camere elettive si dicono comunemente rappresentative, in quanto rispecchiano la scelta politica del corpo elettorale e ne rappresentano gli orientamenti.
È controversa la natura giuridica di tale (—).
Il problema non va risolto seguendo lo schema privatistico: i parlamentari non sono rappresentanti del popolo, ma sono politicamente responsabili di fronte al popolo. Si tratta, quindi, di un rapporto di fiducia e di responsabilità politica non inquadrabile nella figura tecnica della rappresentanza: infatti tali rappresentanti esercitano poteri non appartenenti al rappresentato, ma rientranti nella loro competenza esclusiva.
() processuale (d. proc. civ.)
Ai sensi dell'art. 75 c.p.c., le persone che non hanno il libero esercizio dei diritti non possono stare in giudizio se non rappresentate, assistite o autorizzate secondo le norme che regolano la loro capacità.
L'istituto della (—) tende quindi essenzialmente ad ovviare al difetto di capacità di stare in giudizio [Capacità (processuale)] della parte.
Così, il minore è rappresentato in giudizio dal genitore, l'interdetto dal tutore, mentre il minore emancipato e l'inabilitato stanno in giudizio con l'assistenza di un curatore.
Le persone giuridiche invece stanno in giudizio per mezzo di chi le rappresenta a norma di legge o dello statuto.
Le associazioni non riconosciute e i comitati stanno in giudizio per mezzo del presidente.
Un discorso a parte merita la rappresentanza volontaria. Mentre la parte che non ha il libero esercizio dei diritti deve essere rappresentata, la parte che ha tale libero esercizio può farsi rappresentare nel processo.
Tale possibilità, però, è notevolmente limitata dalla legge: essa, infatti, deve essere conferita espressamente per iscritto (procura) e può essere conferita soltanto a chi sia in pari tempo procuratore generale del rappresentato, oppure procuratore preposto a determinati affari del rappresentato stesso ed entro i limiti di tali affari (art. 77 c.p.c.).
Si potrà prescindere dalla procura scritta nei confronti dei surriferiti soggetti solo se debbano compiersi atti urgenti o chiedersi misure cautelari.
() sindacale (d. lav.)
È lo strumento giuridico in base al quale le associazioni sindacali [Sindacato] agiscono, nell'esercizio dell'autonomia collettiva, in nome e per conto degli iscritti.
Attesa la mancata attuazione dell'art. 39 Cost., che delinea un procedimento con cui i sindacati avrebbero potuto acquisire personalità giuridica e stipulare contratti collettivi efficaci erga omnes, nell'ordinamento vigente i sindacati operano come meri enti di fatto ovvero associazioni non riconosciute con la conseguenza, tra l'altro, che l'ordinamento interno e l'amministrazione del sindacato sono regolati direttamente dagli accordi degli associati.
La dottrina tradizionale ricostruisce il rapporto tra sindacato e lavoratori in termini di rappresentanza volontaria o di mandato con rappresentanza che verrebbe conferito agli esponenti sindacali, all'atto dell'iscrizione, dai lavoratori che aderiscono al sindacato.
Tale impostazione tradizionale è stata tuttavia superata dalla tesi che configura il sindacato come soggetto portatore di un interesse collettivo distinto dai singoli interessi individuali degli iscritti e che ricostruisce il rapporto tra sindacato e iscritti in termini di rappresentatività sindacale, piuttosto che di (—).
() volontaria (d. civ.)
Tale figura ha come fondamento una valutazione del rappresentato che, nell'ambito dell'autonomia negoziale, ritiene più proficuo agire a mezzo di sostituti e con la procura conferisce ad un'altra persona il potere di rappresentarlo.