Opposizione

Opposizione
() come attività parlamentare (d. cost.)
Funzione esercitata da gruppi parlamentari che non si riconoscono nella maggioranza assembleare che sostiene politicamente il Governo in carica.
L'(—) tende a controllare l'operato del Governo, contrastandone e influenzandone le scelte politiche al fine di poter sostituire quest'ultimo in un futuro. In questa accezione ci si riferisce particolarmente alla forma di (—) parlamentare, che tuttavia non elimina altre possibili forme di (—), ad esempio, ad opera di gruppi di pressione, di sindacati, di movimenti o organi di informazione.
Ricorso in () (d. amm.)
() allo stato passivo (d. fall.)
Contro il decreto che rende esecutivo lo stato passivo può essere proposta opposizione.
Con l'opposizione il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili contestano che la propria domanda sia stata accolta in parte o sia stata respinta; l'opposizione è proposta nei confronti del curatore.
Ai sensi dell'art. 99 L.F., come modificato dal D.Lgs. 169/2007, l'opposizione si propone con ricorso depositato presso la cancelleria del tribunale entro trenta giorni dalla comunicazione effettuata dal curatore, immediatamente dopo la dichiarazione di esecutività dello stato passivo, dell'esito della domanda di ammissione al passivo e dell'avvenuto deposito in cancelleria dello stato passivo.
Il presidente, nei cinque giorni successivi al deposito del ricorso, designa il relatore, al quale può delegare la trattazione del procedimento e fissa con decreto l'udienza di comparizione entro sessanta giorni dal deposito del ricorso. Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, deve essere notificato, a cura del ricorrente, al curatore ed all'eventuale controinteressato entro dieci giorni dalla comunicazione del decreto. Tra la data della notificazione e quella dell'udienza deve intercorrere un termine non minore di trenta giorni. Le parti resistenti devono costituirsi almeno dieci giorni prima dell'udienza, eleggendo il domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale.
Il collegio provvede in via definitiva sull'opposizione con decreto motivato entro sessanta giorni dall'udienza o dalla scadenza del termine eventualmente assegnato per il deposito di memorie.
Il decreto è comunicato dalla cancelleria alle parti che, nei successivi trenta giorni, possono proporre ricorso per cassazione.
() del debitore all'esecuzione (d. proc. civ.)
Consiste nella contestazione, da parte del debitore, del diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata.
Con essa si contesta l'azione esecutiva per una questione di merito, deducendo l'ingiustizia dell'esecuzione perché senza titolo esecutivo, perché il diritto è stato estinto, perché l'esecuzione ha colpito determinati beni dei quali il debitore affermi la impignorabilità, ovvero, in riferimento ai soggetti, perché il creditore istante è un soggetto diverso da quello effettivo o il soggetto esecutato (o da esecutare) non è il vero debitore. Con l'(—) si contesta, in sostanza, l'esistenza nel caso concreto delle condizioni dell'azione esecutiva.
Prima dell'inizio dell'esecuzione, l'(—) si propone nella forma di (—) al precetto, mediante citazione proposta al giudice competente per valore o materia e per territorio a norma dell'art. 27 c.p.c. Ai sensi del D.L. 35/2005, conv. in L. 80/2005 (cd. decreto competitività) il giudice ora può sospendere l'efficacia esecutiva del titolo su istanza di parte e solo qualora concorrano gravi motivi.
Dopo il pignoramento, l'(—) si propone con ricorso al giudice dell'esecuzione, il quale provvede all'istruzione della causa, se competente a conoscerla, ovvero rimette le parti al giudice competente (cfr. art. 615 c.p.c.). Su istanza dell'opponente, il giudice dell'esecuzione, se ricorrono gravi motivi può sospendere il processo esecutivo, in attesa che sia decisa la causa di opposizione.
() del debitore agli atti esecutivi (d. proc. civ.)
Consiste nella contestazione, da parte del debitore, della regolarità formale del titolo esecutivo o del precetto (e delle loro notificazioni) oppure anche degli atti del procedimento di esecuzione.
Essa, quindi, è diretta a sollevare una questione puramente processuale, impugnandosi con essa il singolo atto esecutivo, di cui si sostiene l'invalidità.
Le (—) agli atti esecutivi riguardanti la regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto vanno proposte prima che sia iniziata l'esecuzione, con atto di citazione da notificarsi nel termine perentorio di venti giorni dalla notificazione del titolo esecutivo e del precetto, ovvero, iniziata l'esecuzione, con ricorso al giudice dell'esecuzione, qualora sia impossibile proporle prima.
Le (—) relative alla notificazione del titolo esecutivo e del precetto e ai singoli atti di esecuzione vanno proposte con ricorso al giudice dell'esecuzione, relativamente alle notificazioni del titolo esecutivo e del precetto, nel termine perentorio di venti giorni (prima dell'intervento del D.L. 35/2005 — in vigore dal 12-9-2005 — tale termine era di cinque giorni) dal primo atto di esecuzione; relativamente ai singoli atti di esecuzione, invece, dal giorno in cui i singoli atti furono compiuti.
() del terzo (d. proc. civ.)
Può essere proposta dal terzo che pretende avere la proprietà o altro diritto reale sui beni pignorati [Pignoramento].
Dunque, il diritto che il terzo vanta può consistere nel diritto di proprietà sul bene, in un diritto reale di godimento su cosa altrui, nel diritto di pegno, in un diritto su cose incorporabili come ad esempio il diritto all'immagine o anche nel possesso.
Tale (—) ha natura di azione di accertamento negativo [Azione (civile)], in quanto è volta ad affermare l'illegittimità dell'esecuzione, in rapporto al suo oggetto, di fronte al diritto del terzo.
L'(—) può essere proposta dal momento in cui il bene viene colpito dall'azione esecutiva (es.: dal momento del pignoramento oppure dall'emissione del precetto) e si propone con ricorso al giudice dell'esecuzione.
L'(—) si definisce: tempestiva, se proposta prima della vendita o dell'assegnazione del bene; tardiva, se proposta successivamente.
In quest'ultima ipotesi, i diritti del terzo potranno farsi valere solo sulla somma ricavata, fino a che la medesima non sia stata distribuita tra i creditori.
Legittimati passivamente (quali litisconsorti necessari) a tale (—) sono:
— il creditore pignorante o procedente;
— il debitore o il terzo assoggettato all'esecuzione.
() di terzo (d. proc. civ.)
È un mezzo di impugnazione straordinario, in quanto proponibile nonostante il passaggio in giudicato della sentenza [Cosa giudicata], concesso al terzo per rimuovere gli effetti pregiudizievoli che una sentenza, pronunciata tra altre persone, può avere sulla sua sfera giuridica.
L'(—) presenta alcune caratteristiche eccezionali:
— è proponibile da chi non fu parte nel giudizio sfociato nella sentenza impugnata;
— è un rimedio facoltativo, in quanto la sua mancata proposizione non determina preclusioni. Infatti, le ragioni non fatte valere con l'(—) potrebbero essere tutelate con altri strumenti giuridici, quali l'eccezione di inopponibilità della sentenza, pronunciata inter alios, o un'autonoma azione di accertamento [Azione (civile)], finalizzata alle dichiarazioni della inopponibilità della sentenza al terzo e della sussistenza del diritto di quest'ultimo, anche se incompatibile con la sentenza stessa.
L'(—) può essere:
— semplice, è quella concessa ai terzi che siano titolari di un diritto assolutamente incompatibile col diritto dichiarato nella sentenza pronunciata inter alios, ovvero di un diritto dipendente dal titolo in base al quale il diritto dichiarato nella sentenza fu fatto valere. Si pensi all'ipotesi di un terzo che vanti un diritto di locazione verso una delle parti processuali, nei cui confronti viene emessa una sentenza di condanna al rilascio dell'immobile in favore della controparte processuale. In questa, come in altre ipotesi, il rimedio dell'opposizione consente al terzo di escludere l'efficacia della sentenza nei suoi confronti;
— revocatoria, è quella concessa ai terzi, creditori o aventi causa di una delle parti, che soffrirebbero un pregiudizio di fatto quando la sentenza, sfavorevole al loro debitore o dante causa, sia stata pronunciata a loro danno per effetto di dolo o collusione tra le parti.
La domanda si propone allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza, secondo le forme prescritte per il procedimento davanti a lui, con citazione che deve contenere, oltre agli elementi di cui all'art. 163 c.p.c., anche l'indicazione della sentenza impugnata e, in caso di (—) revocatoria, l'indicazione del giorno in cui il terzo è venuto a conoscenza del dolo o della collusione e della relativa prova.
Nel caso di opposizione di terzo revocatoria, il termine per impugnare è di 30 giorni dalla scoperta del dolo o della collusione.
Nessun termine è invece previsto per proporre opposizione di terzo semplice.