Governo

Governo (d. cost.)
Complesso di organi cui è affidata la funzione d'individuare e tradurre in concreti programmi d'azione l'indirizzo politico espresso dal corpo elettorale e dal Parlamento.
Il (—), nel sistema costituzionale italiano, è un organo:
— costituzionale: rientra, infatti, nell'organizzazione costituzionale dello Stato e partecipa alla funzione di direzione politica dello Stato. Esso, come tale, è superiorem non recognoscens, insopprimibile e rappresenta un potere dello Stato;
— complesso: in quanto costituito al suo interno da più organi con competenze autonome. Alcuni di tali organi sono espressamente previsti dalla Costituzione (Consiglio dei Ministri, Ministri, Presidente del Consiglio), altri invece non lo sono;
— di parte: nel senso che esso esprime la volontà delle forze politiche di maggioranza che lo sostengono con la fiducia, per cui, a differenza che nel Parlamento, non sono presenti le minoranze;
— con funzioni:
a) politiche: in quanto partecipa della direzione politica del paese, nell'ambito dell'indirizzo indicato dalla maggioranza parlamentare;
b) legislative: infatti, può emanare atti aventi forza di legge ex artt. 76 e 77 Cost. [Decreti (legislativi); Decreti-legge];
c) esecutive (o amministrative lato sensu): in quanto è al vertice del potere esecutivo, e ai singoli Ministeri fanno capo tutti i settori amministrativi dello Stato; inoltre spetta al (—) la cd. funzione di alta amministrazione;
d) di controllo: tale funzione viene esercitata sull'attività di tutti gli organi amministrativi.
La struttura e l'attività del (—) sono previsti e disciplinati in modo generico dagli artt. 92-96 Cost., e in modo più specifico e dettagliato dalla L. 400/1988, che raccoglie le indicazioni evidenziate dalla prassi governativa razionalizzandole al fine del recupero della correttezza costituzionale; sono da ricordare, inoltre, i decreti legislativi 300/1999 e 303/1999, i quali hanno, rispettivamente, disposto la riforma dei Ministeri e la riorganizzazione della Presidenza del Consiglio.
Relativamente al procedimento di formazione del (—) l'art. 92 Cost. si limita ad indicare l'organo incaricato di nominare il Presidente del Consiglio, ma nulla dice sul modo in cui ciò avviene. Nel nostro recente passato, in presenza di una frammentazione politica che non assegnava la maggioranza assoluta (50% + 1) ad alcun partito, il Presidente della Repubblica era chiamato ad una delicata opera di identificazione e scelta del futuro leader, intorno al quale si potesse successivamente coagulare una maggioranza di partiti [Coalizione di Governo] per governare. La prassi costituzionale così instauratasi ha dato vita ad un complesso di regole frutto soprattutto di accordi fra i diversi soggetti politici e costituzionali coinvolti.
Il procedimento iniziava con le consultazioni del Capo dello Stato, volte a conoscere gli orientamenti delle forze politiche e individuare la personalità sulla quale far convergere il gradimento di una futura maggioranza di governo. Terminate le consultazioni, il Presidente conferiva l'incarico alla persona con maggiori possibilità di formare un (—), ottenendo la fiducia [Fiducia (Rapporto di)] delle Camere. Se l'incaricato riusciva a coagulare attorno al suo programma di governo il consenso di una maggioranza, il Presidente della Repubblica lo nominava Presidente del Consiglio, dopo aver accettato definitivamente le dimissioni del Presidente uscente (che le rassegna con riserva).
Nei sistemi di tipo maggioritario le coalizioni si formano prima delle elezioni e i leader delle stesse appaiono i naturali destinatari dell'incarico. In Italia, ad esempio, il Presidente Scalfaro ha conferito immediatamente l'incarico a Silvio Berlusconi (centrodestra) nel 1994 e nel 2001 e a Romano Prodi (centrosinistra) nel 1996. Per quanto riguarda le elezioni del 2006, pur essendo stato reintrodotto un sistema elettorale proporzionale, le consultazioni si sono svolte comunque secondo uno schema bipolare [Bipolarismo] per cui anche in questo caso è stato immediatamente incaricato il leader della coalizione vincente (Prodi per il centrosinistra). È da sottolineare che la legge elettorale approvata nel 2005 impone alle coalizioni che si presentano alle elezioni di indicare il nome e cognome della persona da loro indicata come capo della coalizione, che, in caso di vittoria elettorale, sarà il naturale candidato alla carica di Presidente del Consiglio dei Ministri.
L'incaricato, prima della nomina, compila una lista di Ministri che sia gradita alla maggioranza che dovrà accordargli la fiducia. Tale lista viene presentata al Capo dello Stato, il quale emette i conseguenti decreti di nomina.
Dopo la nomina e il giuramento dei componenti del (—), questo si considera formato. In attesa della fiducia, tuttavia, i suoi poteri sono limitati all'ordinaria amministrazione. Generalmente compie gli atti urgenti e quelli preordinati al dibattito parlamentare (nomina dei sottosegretari, preparazione del programma governativo e delle connesse iniziative legislative).
Entro dieci giorni dalla sua formazione il (—) si presenta alle Camere per ottenere la fiducia, che ciascuna Camera accorda o revoca mediante mozione motivata e votata per appello nominale.
L'art. 94 Cost. prevede che solo votando la mozione di sfiducia sia possibile far venir meno il rapporto fiduciario: il voto contrario di una o d'entrambe le Camere su proposte del (—), infatti, non importa obbligo di dimissioni.
Ciò non esclude, tuttavia, che il (—) possa, nella sua autonomia, considerare interrotto il rapporto fiduciario ogni qualvolta la situazione politica in Parlamento e gli orientamenti delle forze politiche di maggioranza siano tali da impedirgli la realizzazione del suo programma. In questi casi, il (—) non è obbligato a dimettersi, ma se lo fa apre una crisi che viene definita extraparlamentare, caratterizzata dall'assenza di un voto di sfiducia (e contrapposta, quindi, alla crisi parlamentare che tale voto presuppone).
() di legislatura
È il Governo destinato a rimanere in carica durante l'intera legislatura ed è tipico delle forme di governo direttoriali (es.: Svizzera).
Il (—) di legislatura si trova in una particolare posizione di forza rispetto al Parlamento, in quanto l'eventuale interruzione del mandato determina lo scioglimento anticipato delle Camere, con l'ulteriore conseguenza che al Capo dello Stato viene sottratto uno dei suoi poteri più rilevanti, appunto quello di sciogliere le Camere.
() di unità nazionale
Nelle democrazie parlamentari vige il principio dei pesi e contrappesi caratterizzato dal presupposto che la maggioranza governa e la minoranza controlla. Tale dialettica può essere sospesa in momenti di crisi del sistema: in questa ipotesi l'accordo tra maggioranza e minoranza mira a raccogliere tutte le forze politiche disponibili per superare al meglio la crisi. In pratica le minoranze appoggiano il Governo assumendosi anch'esse (in parte o in toto) la responsabilità di governo fino al raggiungimento dell'obiettivo comune.
Storicamente si sono avuti (—) di unità nazionale allo scoppio di conflitti militari di ampia portata o nei periodi di formazione di nuove Costituzioni. Se ne sono avuti esempi in tutte le democrazie parlamentari contemporanee: un tentativo di (—) di unità nazionale, praticamente fallito, si ebbe nel nostro Paese per combattere il terrorismo dei cd. anni di piombo, tra il 1976 e il 1979.
() in esilio (d. internaz.)
Ricorre tale ipotesi allorquando il governo di un Paese militarmente occupato si trasferisce all'estero, di solito ospite nel territorio di qualche alleato. Gode di un particolare (e non pacifico) status di soggetto di diritto internazionale, che gli consente di proseguire dalla nuova sede le operazioni belliche contro il nemico occupante, continuando ad intrattenere stretti rapporti con gli alleati.
() tecnico
Espressione con cui viene indicata la compagine governativa formata da esponenti non legati in modo esplicito ad un partito politico e normalmente espressione di settori economici, culturali e sociali diversi.
In Italia la stagione dei (—) tecnici è iniziata con le elezioni politiche del 1992 allorché, in seguito alla crisi dell'assetto istituzionale dominante da diversi decenni, si è verificata una situazione di stallo politico e la conseguente impossibilità di formare governi con una solida maggioranza parlamentare [Maggioranza (di governo)].
È così emersa la soluzione del (—) tecnico, impegnato soprattutto nell'opera di risanamento dei conti pubblici: con questi obiettivi sono nati il I governo Amato (1992) e quelli guidati da esponenti della Banca d'Italia, vale a dire i governi Ciampi (1993) e Dini (1995).
Per l'esplicito appoggio che tali esecutivi hanno ricevuto dal Presidente della Repubblica si è anche parlato di Governi del Presidente.