Licenza

Licenza
() d'uso del software [contratto di] (d. civ.)
Contratto, utilizzato esclusivamente per il software prodotto e commercializzato in serie, attraverso il quale il fornitore cede, dietro corrispettivo, al licenziatario il diritto di utilizzare in modo non esclusivo il programma e la relativa documentazione.
Il licenziatario, in quanto titolare del solo diritto d'uso e non della proprietà del software, non potrà né conoscere il suo funzionamento né intervenire su di esso per apportare modifiche o aggiornamenti.
() matrimoniale (d. civ.)
() per finita locazione (d. civ.)
() per i detenuti (d. pen.)
La legge penitenziaria ha previsto per il condannato ammesso alla semilibertà (art. 52 L. 354/1975) e per l'internato (art. 53) la possibilità di ottenere (—), al fine di favorirne il reinserimento sociale.
La (—) viene concessa dal magistrato di sorveglianza [Magistratura (di sorveglianza)]: essa non può superare complessivamente i 45 giorni in un anno (per il condannato), mentre per l'internato può essere di tre tipi:
— di sei mesi (cd. licenza di esperimento), nel periodo immediatamente precedente la scadenza fissata per il riesame della pericolosità [Pericolosità sociale];
— non superiore a giorni 15 per gravi esigenze personali o familiari;
— non superiore a giorni 30, una volta all'anno.
Durante la (—), il soggetto è sottoposto alla libertà vigilata. La violazione degli obblighi comporta la revoca della (—). Il mancato rientro comporta per il condannato ammesso alla semilibertà la sospensione cautelativa della misura alternativa [Misure (alternative alla detenzione)], mentre per l'internato la circostanza assume rilievo solo ove oltrepassi le tre ore di ritardo (punizione in via disciplinare e revoca della semilibertà, ove goduta).
Il tempo trascorso in (—) è computato nella durata della misura restrittiva della libertà (salvo violazioni, sanzionate dal magistrato di sorveglianza, contro il cui decreto è dato reclamo al Tribunale di sorveglianza).
() quale atto amministrativo (d. amm.)
La dottrina dominante considera il termine (—) come un'espressione che non denota una particolare categoria di atti amministrativi con caratteristiche proprie, in ciò confortato anche dal legislatore che, negli artt. 19-20 L. 241/1990, usa promiscuamente termini come (—), autorizzazione, nulla osta, permesso o altro atto di consenso comunque denominato.
Un tentativo di dare autonoma rilevanza alla (—) è stato operato da Sandulli, che distingue due ipotesi. Infatti se alla (—) preesiste un diritto soggettivo condizionato, allora le licenze sono una specie della generica figura dell'autorizzazione (cd. licenze in senso improprio) di esse erano un esempio le cd. licenze di commercio.
Se invece alla (—) preesiste un interesse legittimo ci troviamo di fronte alle cd. licenze in senso tecnico di esse ne è esempio il porto d'armi.
La (—) può dunque definirsi come un provvedimento con il quale la P.A., nell'esercizio di un'attività discrezionale, conferisce a determinati soggetti nuovi diritti (i quali né preesistono al provvedimento né attengono a settori in dominio dell'amministrazione).