Espropriazione per pubblica utilità
Espropriazione per pubblica utilit à (d. amm.)
Il concetto di () è delineato in primo luogo dall'art. 423, Cost., che fissa in proposito due fondamentali principi costituzionali:
principio della riserva (relativa) di legge: il potere di espropriare pu ò essere esercitato solo nei casi in cui la legge lo prevede, specificandone entit à e limiti;
principio della obbligatoria corresponsione agli espropriati di un indennizzo.
L'art. 834 c.c., a sua volta, dispone che nessuno pu ò essere privato, in tutto o in parte, dei beni di sua propriet à, se non per causa di pubblico interesse legalmente dichiarata e contro il pagamento di una giusta indennit à .
Oggetto dell'espropriazione pu ò essere un diritto di propriet à o altro diritto reale.
Non possono essere espropriati:
a) gli edifici aperti al culto, se non per gravi ragioni e previo accordo con la competente autorit à ecclesiastica (L. 25-3-1985, n. 121);
b) i beni demaniali e i beni patrimoniali indisponibili;
c) le sedi di rappresentanze diplomatiche di Stati esteri.
L'indennizzo deve essere unico e giusto.
Per quanto riguarda le competenze in materia di espropriazione il T.U. sull'espropriazione (D.P.R. 327/2001) all'art. 6 stabilisce come regola generale che l'autorit à competente alla realizzazione di un'opera pubblica o di pubblica utilit à provvede all'emanazione degli atti del procedimento espropriativo.
Il procedimento espropriativo, disciplinato dall'art. 8, è suddiviso in tre fasi principali: l'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio, la dichiarazione di pubblica utilit à dell'opera, la determinazione dell'indennit à di esproprio (quest'ultima si articola poi, diversamente a seconda che venga o meno accettata l'indennit à provvisoria).
Effettuato il pagamento dell'indennit à provvisoria accettata o il deposito dell'indennit à definitiva non accettata, l'autorit à espropriante emana il decreto di esproprio con cui dispone il passaggio del diritto di propriet à o del diritto oggetto dell'().