Interrogatorio

Interrogatorio
() nel processo civile (d. proc. civ.)
In diritto processuale, l'(—) è tradizionalmente annoverato tra i mezzi di prova [Prova]. Questa classificazione risulta tuttora esatta in riferimento all'(—) disciplinato dagli artt. 230 ss. c.p.c.
Se tende a provocare la confessione della parte, si parla di (—) formale.
La parte che intende far interrogare l'avversario deve determinare l'oggetto dell'(—) deducendo articoli separati e specifici (art. 230 c.p.c.) di domanda. Il giudice istruttore ammette con ordinanza l'(—) e, assumendolo, non può far domande su fatti diversi da quelli formulati nei capitoli, fatta eccezione per quelle su cui concordano le parti; il giudice può però sempre chiedere chiarimenti sulle risposte date.
La parte interrogata deve rispondere personalmente.
Se la parte non si presenta all'udienza fissata o rifiuta di rispondere senza giustificato motivo, il giudice potrà, valutato ogni altro elemento di prova, ritenere come ammessi i fatti dedotti nell'(—).
Diverso dall'(—) formale è quello libero delle parti che il giudice, a seguito delle novità apportate dalle leggi 80 e 263 del 2005, dispone su richiesta congiunta delle parti (effettuabile in qualunque stato e grado del processo), ferma restando la possibilità, per il giudice, di disporre d'ufficio, in qualunque momento e anche con l'ordinanza di ammissione delle prove ex art. 183, c. 9, c.p.c., la comparizione personale delle parti per interrogarle liberamente sui fatti di causa (artt. 183 e 185 c.p.c.). Le dichiarazioni rese dalle parti in tale sede non assumono valore confessorio e di esse il giudice ha solo facoltà di avvalersi per corroborare le prove già acquisite al processo.
() nel processo penale (d. proc. pen.)
È l'atto tipico della fase delle indagini preliminari e come tale non ha, almeno di regola, una funzione probatoria, ma serve, come gli altri atti d'indagine, a consentire l'accertamento della sussistenza di elementi idonei a fondare la decisione del P.M. in ordine all'esercizio dell'azione penale; è quindi un mezzo di garanzia per l'indagato il quale in questa sede può far valere oralmente le sue difese.
Potrà acquisire valore probatorio se il processo si svolgerà secondo le forme di uno dei riti speciali privi di dibattimento.
L'(—) è dunque atto tipico della fase inquisitoria del procedimento, poiché nel dibattimento, o in quella sua anticipazione costituita dall'incidente probatorio, l'imputato o l'indagato può essere solo sottoposto, con il suo consenso, all'esame di cui agli artt. 208-210 c.p.p.
All'(—) procede di regola il P.M. (art. 375 c.p.p.) ovvero la P.M. su sua delega (art. 370 c.p.p.), ma sono previste anche ipotesi in cui procede il giudice delle indagini preliminari, e cioè nel corso dell'udienza di convalida dell'arresto o del fermo (art. 391 c.p.p.), quando sia stata adottata la misura della custodia cautelare in carcere o altra misura cautelare (art. 294 c.p.p.) o nel corso dell'udienza preliminare. In tale ultimo caso, l'interrogatorio potrà essere svolto, su richiesta di parte, nelle forme previste dagli artt. 498 e 499 c.p.p. (cd. cross examination), sicché le sue risultanze saranno utilizzabili nel dibattimento ex art. 514 c.p.p.
Esso è svolto alla presenza del difensore.
L'art. 141bis c.p.p. prevede, inoltre, che quando la persona da interrogare è detenuta, l'atto di interrogatorio deve essere fonoregistrato o riprodotto audiovisivamente a pena di inutilizzabilità.
Il difensore deve essere avvisato dell'(—) a pena di nullità nella fase delle indagini preliminari.
La riforma introdotta dalle norme del c.d. giusto processo (L. 63/2001) ha previsto una novità importante in tema di dichiarazioni rese dall'imputato/indagato nell'interrogatorio, il quale ammetta le proprie responsabilità e/o riferisca anche sulle responsabilità di altri: in particolare, quando riferisce su fatti attinenti alle accuse che lo riguardano, egli ha la veste di imputato; quando invece narra fatti riguardanti la responsabilità penale di altri, assume la veste di testimone. Ciò ha indotto il legislatore a imporre particolari cautele nella fase preliminare dell'interrogatorio, onde richiamare l'attenzione dell'imputato/indagato sull'atto a cui sta partecipando. Il nuovo terzo comma dell'art. 64, infatti, prevede che prima che inizi l'interrogatorio la persona deve essere avvisata che: a) le dichiarazioni rese potranno sempre essere utilizzate contro di lui; b) ha facoltà di non rispondere, ma in ogni caso il procedimento seguirà il suo corso; c) in relazione alle dichiarazioni coinvolgenti la responsabilità di altri, assumerà la veste di testimone.
L'omissione degli avvertimenti di cui alle lettere a) e b) comporta l'inutilizzabilità assoluta delle dichiarazioni rese; l'omissione del solo avvertimento di cui alla lettera c) rende inutilizzabili le dichiarazioni nei confronti della persona accusata.
A meno che non si prosegua con un rito speciale privo della fase dibattimentale, il verbale d'interrogatorio va inserito nel fascicolo del P.M., tra gli atti cioè che non sono portati preventivamente a conoscenza del giudice del dibattimento. Però, se in dibattimento l'imputato è contumace, assente o rifiuta di sottoporsi all'esame, il giudice, su richiesta di parte, disporrà la lettura dell'(—) reso nella fase precedente con le modalità e i limiti previsti dall'art. 513. Inoltre, se l'imputato accetta di sottoporsi ad esame, l'(—) precedentemente reso potrà essere utilizzato dal P.M. per eventuali contestazioni, per le finalità di cui all'art. 503 c.p.p.