Confessione

Confessione (d. proc. civ.; d. proc. pen.)
È la dichiarazione che una parte fa della verità di fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli all'altra parte, ove per fatto sfavorevole al dichiarante deve intendersi quello che in concreto sia idoneo a produrre conseguenze giuridiche svantaggiose per colui che volontariamente e consapevolmente ne riconosca la verità.
Nel processo civile oggetto della (—) possono essere soltanto i fatti della causa, siano essi costitutivi o estintivi o modificativi o impeditivi.
Se, come talora accade, la parte riconosce addirittura la fondatezza della domanda avversaria, tale riconoscimento non ha, per se stesso, alcun effetto vincolante per il giudice se non nei limiti in cui include un riconoscimento della verità dei fatti: in difetto di tale esplicito riconoscimento dei fatti, la dichiarazione ricognitiva del diritto potrà tutt'al più produrre l'effetto di dispensare dall'onere della prova colui a favore del quale la dichiarazione è compiuta (art. 1988 c.c.).
La (—) non è efficace se non proviene da persona capace di disporre del diritto a cui si riferiscono i fatti confessati: qualora sia fatta da un rappresentante, è efficace solo se fatta entro i limiti in cui questi vincola il rappresentato (art. 2731 c.c.).
Forme della (—):
— giudiziale (art. 2733 c.c.), quando è resa in giudizio: in questo caso forma piena prova contro colui che l'ha fatta purché non verta su fatti relativi a diritti non disponibili.
 La (—) giudiziale costituisce una delle ipotesi di prova legale [Prova].
 Essa può essere spontanea o provocata dall'interrogatorio formale;
— stragiudiziale (art. 2735 c.c.), quando è fatta fuori del giudizio: essa, se è resa alla parte o a chi la rappresenta, ha la stessa efficacia probatoria di quella giudiziale; se è resa ad un terzo o se è contenuta in un testamento è liberamente apprezzata dal giudice.
 La (—) stragiudiziale, per produrre la sua efficacia probatoria, deve essere, a sua volta, provata in giudizio; in tal caso, l'art. 27352 c.c. vieta che essa possa essere provata per testimoni, se verte su un oggetto per il quale la prova testimoniale non è ammessa dalla legge.
Per quanto concerne i limiti della efficacia probatoria della (—), l'art. 2734 c.c. stabilisce che quando alla dichiarazione della verità di un fatto sfavorevole si accompagna quella di altri fatti o circostanze tendenti a infirmare l'efficacia del fatto confessato, ovvero a modificarne o ad estinguerne gli effetti, le dichiarazioni fanno piena prova nella loro integrità se l'altra parte non contesta la verità dei fatti o delle circostanze aggiunte: in caso di contestazione, è rimesso al giudice di apprezzare, secondo le circostanze, l'efficacia probatoria delle dichiarazioni [c.d. principio di inscindibilità della (—)].
Nel processo penale la (—) deve essere valutata alla stregua di un indizio, anche se resa in giudizio. Essa, cioè, deve trovare riscontro in altri elementi raccolti, non potendosi ammettere una condanna penale basata unicamente sulle dichiarazioni dell'imputato, che potrebbe anche autoaccusarsi per favorire il vero responsabile del fatto (ed in tal caso la legge prevede un'autonoma figura di reato) (Autocalunnia).
Assume rilevanza come elemento che consente la celebrazione del giudizio direttissimo.
La (—) non può essere carpita con metodi e tecniche idonee ad influire sulla capacità e libertà di autodeterminazione dell'imputato (art. 64, co. 2).