Regolamento

Regolamento
() di confini [azione di] (d. civ.)
Azione petitoria, di carattere reale, mediante la quale ciascuno dei proprietari di due o più fondi confinanti chiede che sia stabilito giudizialmente il confine tra gli stessi, quando tale confine sia incerto (art. 950 c.c.).
Legittimati, attivamente e passivamente, sono i due proprietari confinanti.
L'azione ha carattere duplice, perché le parti hanno un'analoga reciproca posizione di pretesa e difesa, con la conseguenza che l'onere della prova è diviso ugualmente fra le due parti; in mancanza di prova, il giudice provvede attenendosi al confine tracciato dalle mappe catastali.
Tale azione può esercitarsi nel caso di totale incertezza dei confini (cd. actio finium regundorum simplex) ovvero nel caso in cui sia controversa la proprietà di una zona di terreno determinata (cd. actio finium regundorum qualificata).
() di competenza (d. proc. civ.)
Eccezion fatta per l'ipotesi in cui sia esperito d'ufficio, il (—) è il mezzo di impugnazione proponibile avverso la pronuncia sulla competenza della parte che afferma di essere stata lesa dalla stessa.
Competente a decidere sull'istanza è la Corte di Cassazione.
La riassunzione della causa innanzi il giudice dichiarato competente deve avvenire nel termine perentorio [Termine] all'uopo assegnato nella sentenza che statuisce sulla competenza o, in mancanza, in quello di sei mesi dalla comunicazione della stessa (art. 50 c.p.c.).
Il (—), che non è proponibile contro le pronunce del giudice di pace relative alla competenza, può essere di due tipi:
— necessario, il quale ricorre quando la sentenza abbia pronunciato soltanto sulla competenza, senza decidere il merito della causa (art. 42 c.p.c.).
 Il regolamento è, in tal caso, necessario, in quanto costituisce l'unico mezzo predisposto dalla legge per consentire un riesame della pronuncia, mediante l'impugnazione della sentenza.
 In base alla riforma apportata dalla L. 353/90, tale (—) potrà esser proposto anche avverso i provvedimenti che dichiarano la sospensione del processo ex art. 295 c.p.c. [Sospensione (del processo)];
— facoltativo, che ricorre invece quando la sentenza abbia pronunciato sulla competenza (affermandola) insieme col merito. Si parla di (—) facoltativo in quanto la parte può impugnare la statuizione sulla competenza col mezzo in esame oppure con i mezzi d'impugnazione ordinari. I due rimedi sono comunque alternativi, non cumulativi.
Il (—) d'ufficio si ha invece quando, essendosi dichiarato incompetente il primo giudice, il giudice davanti al quale la causa sia stata riassunta, ex art. 50 c.p.c., si ritenga anch'esso incompetente (c.d. conflitto di competenza).
Il (—) d'ufficio è però possibile, secondo il disposto dell'art. 45 c.p.c., solo in relazione alla competenza per materia o per territorio di cui all'art. 28 c.p.c. (c.d. competenza inderogabile).
() di condominio (d. civ.)
Regolamento recante la disciplina relativa all'uso delle cose comuni e alla ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino [Condominio], nonché le norme per la tutela del decoro dell'edificio e quelle relative all'amministrazione.
Se i condomini sono più di dieci, il (—) è obbligatorio, mentre è facoltativo nell'ipotesi inversa.
() di giurisdizione (d. proc. civ.)
È uno strumento volto a consentire alla parte di chiedere un accertamento della giurisdizione del giudice adito, ricorrendo alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione prima ancora che la causa sia stata decisa nel merito in primo grado. Dopo tale momento il (—) non è più ammissibile e l'eventuale difetto di giurisdizione potrà esser fatto valere con gli ordinari mezzi d'impugnazione (appello, ricorso in cassazione).
Il (—) ha in sostanza la funzione di risolvere preventivamente tutte le questioni di giurisdizione, rappresentate dai conflitti di giurisdizione fra un giudice ordinario e un giudice speciale, o tra gli stessi giudici speciali; i conflitti di attribuzione che sorgono fra autorità giudiziaria ordinaria e Pubblica Amministrazione, allorché sia controverso se su una specifica materia sussista il potere del giudice ordinario di giudicare o si tratti, invece, di materia rimessa esclusivamente ad una valutazione insindacabile della P.A.
In seguito al ricorso, il giudice dinanzi a cui pende la causa doveva sospendere il processo [Sospensione (del processo)], che doveva poi essere riassunto [Riassunzione] nel termine perentorio di 6 mesi dalla comunicazione della sentenza che dichiarava la giurisdizione.
La necessaria sospensione del processo, a seguito della proposizione del (—), ha nella pratica favorito un uso distorto di tale istituto, rivolto a fini meramente dilatori. Per tale ragione, la L. 353/90 ha opportunamente eliminato l'automaticità dell'effetto sospensivo, attribuendo al giudice il potere di escludere la sospensione quando l'istanza di (—) appaia manifestamente inammissibile o la contestazione della giurisdizione manifestamente infondata (art. 367 c.p.c.).
Il (—) non è un mezzo di impugnazione, in quanto è un rimedio preventivo con il quale non viene impugnata alcuna sentenza. In ciò il (—) si differenzia dal regolamento di competenza.