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Principio di () (d. proc. pen.)
È uno dei principi fondamentali del processo penale. In particolare, la (—) intesa come svolgimento di attività coram populi o almeno coram rei, è attuata in misura differenziata a seconda delle fasi.
Durante le indagini preliminari (espletate dalla polizia giudiziaria e dal P.M.), è sempre esclusa la presenza del pubblico al compimento di atti; l'assistenza del difensore della persona sottoposta alle indagini (cd. indagato o investigato) è limitata allo svolgimento di taluni atti garantiti, quali l'assunzione di informazioni o l'interrogatorio dell'indagato, perquisizioni, ispezioni, sequestri, accertamenti od operazioni tecniche non ripetibili, apertura di plichi chiusi (artt. 356 e 364-365 c.p.p.).
Anche l'udienza preliminare (che si celebra, al termine delle indagini, davanti a un giudice, per la decisione sulla richiesta di rinvio a giudizio), è svolta in assenza di pubblico, in quanto avviene in camera di consiglio (artt. 420 e 127, co. 6, c.p.p.) alla sola presenza delle parti e dei difensori. Pure in camera di consiglio, in assenza di pubblico, si svolgono taluni procedimenti speciali, come il giudizio abbreviato (art. 561 c.p.p.) e l'applicazione della pena su richiesta delle parti (cd. patteggiamento: art. 447 c.p.p.).
Infine, anche in camera di consiglio si svolge l'udienza per la assunzione di prove, durante le indagini preliminari, ad opera del giudice, nel corso dell'incidente probatorio, benché questo istituto rappresenti una mera anticipazione temporale dell'istruzione dibattimentale (art. 401 c.p.p.).
() comparativa (d. comm.)
Atto di concorrenza compiuto da un'impresa consistente nella comparazione delle qualità di un proprio bene o servizio con quelle di altro prodotto analogo di impresa concorrente.
L'art. 1 della L. 25/1999 (legge comunitaria per il 1998) ha delegato il Governo a emanare, entro un anno dalla sua approvazione, un decreto legislativo che regolamenti nel nostro paese la (—), in attuazione della Direttiva 97/55/CE.
Prima di tale riforma la comparazione pubblicitaria era inclusa, pur senza alcun riferimento esplicito, nelle ipotesi di denigrazione del prodotto altrui e, dunque, sanzionata come forma di concorrenza sleale dell'art. 2598, n. 2, c.c. ovvero come ipotesi di agganciamento ricondotta a volte all'art. 2598, n. 2, seconda parte, c.c. e in altri casi all'art. 2598, n. 3, c.c.
() dei fatti giuridici (d. civ.)
La legge prescrive e organizza la pubblicità di alcune categorie di fatti giuridici [Fatto giuridico] per soddisfare l'interesse generale a che tali fatti siano conoscibili da chiunque.
La (—) ha, pertanto, la funzione di dare ai terzi la possibilità di conoscere l'esistenza di alcuni fatti giuridici che presentano peculiari caratteri di rilevanza, il contenuto dei negozi giuridici, lo stato delle persone fisiche o le varie vicende delle persone giuridiche.
In relazione agli effetti si distinguono tre tipi di (—):
a) la pubblicità-notizia: rappresenta un onere per i soggetti poiché la sua omissione, pur dando luogo a sanzione pecuniaria o penale, non incide sul rapporto giuridico, che resta valido ed opponibile ai terzi (es.: pubblicazioni matrimoniali);
b) la pubblicità dichiarativa: anche questa rappresenta un onere per i soggetti; in caso di omissione, l'atto resta valido tra le parti, ma inopponibile ad alcuni terzi (es. la trascrizione immobiliare);
c) la pubblicità costitutiva: la pubblicità è elemento costitutivo della fattispecie negoziale; in caso di sua omissione il negozio non produce effetti tra le parti e non è opponibile ai terzi (es.: l'iscrizione nei registri immobiliari dell'ipoteca, atto con il quale l'ipoteca si costituisce; ovvero l'iscrizione dell'atto costitutivo di una S.p.A. nel registro delle imprese);
d) la pubblicità normativa: in tal caso il rispetto o meno degli adempimenti connessi alla pubblicità determina l'applicazione di un diverso regime normativo, come ad es. nel caso delle società di persone cd. irregolari (art. 2297 c.c.).
I modi di rendere pubbliche le situazioni giuridiche mutano, poi, a seconda della natura del bene al quale si riferiscono; infatti:
— per i beni mobili vige la regola il possesso vale titolo [Possesso]: in generale, è sufficiente la materiale apprensione del bene per giustificarne la titolarità (cd. pubblicità di fatto);
— per i beni mobili registrati, ai fini della pubblicità, è necessaria l'iscrizione negli appositi registri (es.: nella vendita di automobili la registrazione al P.R.A.);
— per i beni immobili è necessaria, infine, la trascrizione nei registri immobiliari.
() ingannevole (d. civ.)
La (—) esprime la valenza negativa insita in alcune forme di comunicazione di massa, che si traducono in messaggi trasmessi, nell'esercizio di un'attività professionale o commerciale, allo scopo di promuovere la vendita di beni mobili o immobili, nonché il trasferimento e la costituzione di obblighi o altri diritti sugli stessi. Sua caratteristica precipua è di indurre in errore, attraverso le sue manifestazioni, le persone cui è indirizzata, pregiudicando il loro comportamento sul mercato o ledendo gli interessi dei concorrenti.
In Italia la disciplina è contenuta nel D.Lgs. 206/2005 (Codice del consumo), per il quale la (—) si sostanzia in false informazioni circa:
— le caratteristiche dei beni servizi in discussione;
— il prezzo e le condizioni cui gli stessi vengono offerti;
— la categoria, le qualifiche e i diritti dell'operatore pubblicitario in questione.