Perpetuatio

Perpetuatio
() iurisdictionis (d. proc. civ.)
Principio in forza del quale la giurisdizione [Regolamento (di giurisdizione)] e la competenza si determinano con riguardo allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, cosicché eventuali modificazioni dello stato medesimo non determinano spostamenti della giurisdizione o competenza in capo ad altro giudice.
La formulazione letterale dell'art. 5 c.p.c. aveva favorito peraltro l'insorgere di questioni interpretative, inerenti all'eventuale applicabilità del principio della (—), anche nelle ipotesi di mutamenti di diritto intervenuti in corso di causa (c.d. ius superveniens) concernenti la disciplina della giurisdizione e della competenza, o incidenti sulla natura del rapporto giuridico dedotto in giudizio.
Il legislatore ha inteso risolvere tale questione interpretativa, riformulando l'art. 5 con la L. 353/90, precisando espressamente che sia le modifiche normative che gli eventuali mutamenti dello stato di fatto intervenuti nel corso del processo non acquistano rilievo rispetto al processo già pendente.
Il principio ha un chiaro risvolto di utilità pratica e di certezza del diritto e la sua finalità è quella di sottrarre il processo alla mutevolezza di quelle circostanze, suscettibili di diventare diverse durante il corso stesso del processo, e di evitare, pertanto, che il convenuto, modificando lo stato di fatto o il potere politico, intervenendo sulla legislazione, possa vanificare la garanzia del giudice naturale precostituito per legge (art. 25 Cost.).
Al di fuori della giurisdizione e della competenza, la legge processuale è disciplinata dal principio tempus regit actum, in forza del quale le nuove norme si applicano anche ai processi pendenti al momento della loro entrata in vigore.
Ciò rende quanto mai opportuna la previsione di una disciplina transitoria, in modo da evitare che un mutamento delle regole del gioco abbia effetti distorsivi rispetto ai processi già pendenti.
() obligationis (d. civ.)
Uno degli effetti della mora del debitore è la (—), in virtù della quale il rischio dell'impossibilità sopravvenuta dell'obbligazione [Impossibilità della prestazione], che prima della mora grava sul creditore, passa in capo al debitore, che è tenuto ad indennizzare il primo anche delle conseguenze della forza maggiore verificatesi dopo la mora (qui in re illicita versatur tenetur etiam pro casu). Così se la prestazione diviene impossibile per causa non imputabile al debitore, questi viene ugualmente ritenuto responsabile, salvo che l'impossibilità non sia imputabile al creditore. Tuttavia, il debitore può sottrarsi a tale responsabilità dimostrando che l'oggetto della prestazione sarebbe ugualmente perito presso il creditore (es.: a causa di una calamità naturale), o che il perimento è dipeso dal fatto di quest'ultimo.