Integrazione
Integrazione
() del contraddittorio (d. proc. civ.)
Il concetto di () è riferibile a tutte quelle ipotesi in cui il giudizio di primo grado o quello di impugnazione si siano instaurati senza la partecipazione di tutti coloro che, per legge, debbono assumervi la qualit à di parte, s ì che il giudice deve adottare un provvedimento con cui ordina la suddetta ().
Ci ò accade, nel giudizio di primo grado, nell'ipotesi di litisconsorzio necessario disciplinata dall'art. 102 c.p.c. [Litisconsorzio]. In tal caso il giudice provvede con ordinanza, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo, fissando un termine perentorio entro il quale la parte interessata alla prosecuzione del processo dovr à provvedere a citare in giudizio il litisconsorte pretermesso, facendogli in tal modo assumere la qualit à di parte. Se le parti non ottemperano nel termine all'ordine del giudice, il processo si estingue (art. 307 c. 3 c.p.c.).
L'esigenza dell'() si pone anche nel giudizio d'impugnazione allorch é la sentenza impugnata sia stata pronunciata nei confronti di pi ù di due parti, mentre il giudizio d'impugnazione è stato promosso solo nei confronti di alcune di esse, e sempre che si tratti di cause inscindibili (es.: litisconsorzio necessario originario) o cause tra loro dipendenti, cio è quando per il vincolo di connessione che le unisce la decisione dell'una spiega necessariamente i suoi effetti sull'altra (es.: pregiudizialit à e garanzia propria) e comunque quando, anche per ragioni di ordine processuale, la decisione presenta carattere indissolubile nei confronti di tutte le parti.
In tale ipotesi, l'art. 331 c.p.c. impone al giudice di ordinare l'(), fissando il termine entro cui l'impugnazione va notificata alla parte pretermessa. Decorso inutilmente il termine l'impugnazione è dichiarata inammissibile.
() del contratto
Consiste nella integrazione delle lacune che si presentano nel regolamento negoziale. La regola generale sull'() è contenuta nell'art. 1374 c.c., che menziona, quali fonti d'integrazione, la legge, gli usi e l'equit à (cd. fonti eteronome).
Altra fonte legale d'() è la buona fede.
L'() si distingue in cogente e suppletiva. La prima determina coattivamente il rapporto contrattuale nonostante le parti lo abbiano regolato diversamente. In tal caso l'art. 1339 c.c. dispone la sostituzione legale delle clausole vietate con quelle imposte dalla legge (cd. inserzione di clausole), impedendo cos ì che la nullit à di singole clausole determini l'invalidit à dell'intero negozio (art. 1419, c. 2, c.c.). L'() è suppletiva, invece, quando determina il contenuto del rapporto soltanto in mancanza di una differente regolamentazione ad opera delle parti.
Gli effetti dell'() sono effetti contrattuali, assoggettati alla disciplina contrattuale, la cui violazione, pertanto, costituisce inadempimento contrattuale (art. 1218 c.c.).