Federalismo

Federalismo (d. cost.)
È un modello di decentramento statale, tipico dei governi costituzional-liberali, nel quale il potere politico è costituzionalmente ripartito fra uno Stato (centrale) federale e gli Stati membri (cantoni, Lnder etc.).
Le diverse entità politiche sono in posizione di equiordinazione delle funzioni sancite dalla Costituzione federale anche se, in definitiva, lo Stato federale gode di una posizione costituzionale preferenziale.
Quanto alla titolarità effettiva della sovranità si è parlato sia di doppia sovranità, sia di sovranità degli Stati membri (es.: art. 3 Cost. Svizzera che assegna ai cantoni una sovranità primaria), sia di una sovranità federale. Quest'ultima, in una prospettiva storica, sembra nettamente prevalere in quanto è la Costituzione federale che condiziona, limita, riforma, verifica ed ha il sopravvento su quella dei singoli Stati membri.
() amministrativo o di esecuzione
Il (—) di esecuzione (o amministrativo) si attua quando la cooperazione tra Stato centrale e Stati membri si realizza sul piano amministrativo. Si caratterizza per l'ampliamento della potestà amministrativa degli Stati membri, cui corrisponde una riduzione delle loro potestà legislative esclusive, assorbite nella sfera di attribuzioni dello Stato centrale. L'amministrazione federale diretta sarà pertanto limitata ai settori relativi ai servizi pubblici essenziali. Tale modello è presente in Germania e in Svizzera, dove al predominio federale nella legislazione corrisponde l'intervento preponderante dei cantoni e dei Lnder nell'amministrazione e quindi nell'attuazione delle scelte normative.
In Italia, il (—) amministrativo ha costituito il baricentro ideologico della cd. riforma Bassanini (L. 59/1997) che prevedeva, infatti, il conferimento alle Regioni (e agli altri enti locali) di una serie di funzioni strategiche fino ad allora gestite dall'apparato centrale, fatte salve quelle che risultano espressamente ritagliate in favore dello Stato (ordine pubblico, difesa, giustizia, moneta etc.).
Con le leggi Bassanini è stato realizzato il massimo grado del cosiddetto (—) a Costituzione invariata, da intendersi come il maggiore decentramento possibile mediante legge ordinaria, senza modifiche costituzionali. Con la riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione, operata con L. Cost. 3/2001, è stato scritto un altro capitolo di un processo di decentramento che ha portato la nostra Repubblica ad abbandonare l'originaria impostazione centralista voluta dal Costituente e a prendere atto del mutato scenario che caratterizza il rapporto Stato-enti territoriali.
Tra gli aspetti della riforma particolarmente importanti è la nuova formulazione dell'art. 114 Cost. che ha riconosciuto il carattere ascendente degli enti territoriali, partendo dal Comune, ente locale vicino ai cittadini, continuando con le Province, le Città metropolitane, le Regioni e lo Stato. Ad essi viene riconosciuta una autonomia piena, che trova un limite solo nei principi fissati dalla Costituzione.
La potestà legislativa dello Stato e delle Regioni è completamente ridefinita. Il nuovo art. 117, infatti, ha individuato i settori in cui lo Stato legifera in modo esclusivo (difesa, giustizia, moneta etc.), i settori nei quali vi è una potestà legislativa concorrente (in cui le Regioni legiferano nel rispetto dei principi fondamentali fissati dalla legge), i settori compresi nella potestà esclusiva regionale, che comprende tutte le materie non rientranti nelle due precedenti categorie.
Inoltre, l'attribuzione delle funzioni amministrative di pertinenza statale agli enti locali avviene sulla base del principio di sussidiarietà ed ai principi di differenziazione ed adeguatezza.
() fiscale
Con l'espressione (—) si designa la piena autonomia finanziaria di entrata e di spesa degli enti territoriali.
Il (—) è stato costituzionalizzato nell'art. 119 Cost. che nella dizione novellata dalla L. Cost. 3/2001 sancisce la potestà per i Comuni, le Province e le Città metropolitane di:
— produrre integralmente le risorse finanziarie (autonomia di entrata);
— amministrare in piena autonomia le risorse disponibili (autonomia di spesa);
— disporre di risorse autonome;
— imporre tributi ed entrate proprie nonché le procedure di riscossione (autonomia impositiva);
— usufruire (nel finanziamento delle proprie attività) anche di compartecipazioni al gettito di tributi erariali, riferiti al loro territorio.
Il legislatore costituzionale, inoltre, per evitare che la concessione di questa ampia autonomia potesse costituire fonte di squilibrio per i territori dalle più ridotte risorse fiscali, ha introdotto un fondo perequativo (art. 119, co. 3 Cost.) ovvero un meccanismo riequilibrativo delle entrate tributarie delle Regioni.
Al di là del dettato costituzionale si segnala che l'art. 3 del D.Lgs. 267/2000 comunque afferma l'autonomia impositiva e finanziaria degli enti locali nell'ambito dei propri statuti e regolamenti e delle leggi di coordinamento della finanza pubblica.