Termine ragionevole del processo

Termine ragionevole del processo (d. cost.)
L'art. 111 della Costituzione, nel garantire ai cittadini il c.d. giusto processo, assicura che lo stesso abbia una ragionevole durata.
La L. 24-3-2001, n. 89 ha stabilito il diritto ad un'equa riparazione del danno, patrimoniale e non, subito per effetto del mancato rispetto del (—) di cui all'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (ratificata in Italia con L. 4-8-1955, n. 848). Rilevante per accertare l'eventuale violazione del (—) è il comportamento delle parti e soprattutto del giudice e delle altre autorità chiamate a contribuire alla definizione del processo.
La domanda di equa riparazione si propone, con ricorso, alla Corte d'appello del distretto in cui ha sede il giudice competente a giudicare i procedimenti riguardanti eventuali violazioni dei magistrati (il giudice competente, in tali casi, si determina in base alla tabella allegata alla L. 420/1998, che individua un criterio di competenza tale da evitare pericolose reciprocità).
La domanda può essere proposta in pendenza del procedimento nel cui ambito si è verificata la violazione del (—) ovvero, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione dello stesso è divenuta definitiva.
La Corte provvede in camera di consiglio, ai sensi degli artt. 737 ss. c.p.c.
Le parti, che hanno diritto di essere sentite se compaiono, hanno facoltà di richiedere l'acquisizione, in tutto o in parte, degli atti del procedimento in cui si assume essersi verificata la violazione del (—).
La Corte pronuncia, entro quattro mesi dal deposito del ricorso, con decreto, immediatamente esecutivo ed impugnabile in Cassazione.