Oggetto

Oggetto
() del contratto (d. civ.)
È il bene sul quale sono destinati a incidere gli effetti del negozio.
Secondo alcuni autori, esso si identifica con la prestazione o con il contenuto del contratto che è costituito dal regolamento contrattuale.
Ai sensi dell'art. 1346 c.c. l'(—) deve essere:
— possibile: l'(—) è possibile quando nella realtà fisica la cosa già esiste o può venire ad esistenza; se si tratta di un comportamento umano, esso è possibile quando, quali che siano le energie fisiche o intellettuali impiegate, è idoneo a conseguire il risultato dedotto nel contratto; la possibilità oltre che fisica deve essere anche giuridica, cioè l'(—) deve essere possibile non solo materialmente, ma anche giuridicamente (es.: è impossibile giuridicamente la vendita di un bene extra commercium come l'aria);
— lecito: cioè non contrario alla legge, all'ordine pubblico e al buon costume;
— determinato o determinabile: l'(—) è determinato quando esso è indicato dalle parti nella qualità e nella quantità in modo esauriente; è, invece, determinabile quando i criteri di individuazione della sua qualità o quantità sono enunciati nel contratto stesso o sono altrimenti ricavabili.
Nel contratto di lavoro, l'(—) è costituito tanto dalla prestazione lavorativa (manuale o intellettuale nelle sue possibili esplicazioni) quanto dalla retribuzione (in tutte le sue forme). In tal senso l'(—) viene per lo più individuato in un obbligo di fare, e cioè nella messa a disposizione delle energie psico-fisiche del prestatore.
I requisiti dell'(), che devono sussistere per tutta la durata del contratto, sono quelli previsti per i contratti in generale dall'art. 1346 c.c., e in specie:
— la liceità che indica la non contrarietà a norme imperative, all'ordine pubblico ed al buon costume;
— la possibilità, in relazione alla quale si distingue l'impossibilità di fatto (cd. in rerum natura) da una impossibilità giuridica (prevista dall'ordinamento). In realtà sono scarse le applicazioni di tali limiti in relazione all'(—), se non come criterio di valutazione di ciò che il datore di lavoro può chiedere ed il lavoratore è tenuto a fare senza uno sforzo esorbitante rispetto alle mansioni assegnate;
— la determinatezza o determinabilità, ritenendosi inammissibile l'assunzione al lavoro per un'attività del tutto indeterminata o indeterminabile.
() della domanda (d. proc. civ.)
() della prova (d. proc. civ.; d. proc. pen.)
() giuridico del reato (d. pen.)
[Beni].
() materiale del reato (d. pen.)
È la entità su cui cade la condotta criminosa e può essere costituito da una cosa inanimata (es. cosa mobile nel furto) o il corpo umano (omicidio: art. 575 c.p.) o un animale (art. 727 c.p.). A volte l'(—) coincide con il bene giuridico [Beni]; altre volte, invece, sono distinti. Ad esempio nell'omicidio (art. 575 c.p.) bene ed oggetto sono identici (la persona umana); invece, nel delitto di sottrazione consensuale di minore (art. 573 c.p.), oggetto è il minore, bene giuridico protetto è l'interesse dei genitori alla potestà sul figlio.
() sociale (d. comm.)
Rappresenta la particolare attività economica per il cui esercizio le parti stipulanti il contratto di società si impegnano ai conferimenti.
L'esercizio di tale attività è detto scopo-mezzo rispetto allo scopo ultimo che è la realizzazione del guadagno.
L'indicazione dell'(—) nel contratto è richiesta espressamente dall'ordinamento per tutti i tipi di società, eccetto per la società semplice (per la costituzione della quale non è prescritto alcun requisito formale).
L'(—):
— deve essere possibile, lecito, determinato;
— deve consistere in un'attività economica: art. 2247 c.c. (attività non commerciale per la società semplice: art. 2249 c.c.).
L'(—), infine, può cambiare durante la vita della società, ma tale mutamento implica anche la modificazione dell'atto costitutivo (e deve essere perciò deliberato dall'assemblea straordinaria).