Liberalizzazione dell’attività privata

Liberalizzazione dell'attività privata (d. amm.)
L'espressione (—) va riferita ai casi in cui l'esercizio di un'attività privata è subordinato ad autorizzazione, licenza, abilitazione, nulla-osta, permesso o altro atto di consenso comunque denominato, per i quali l'attività può essere intrapresa su denuncia di inizio attività [D.I.A.] da parte dell'interessato stesso all'amministrazione competente.
La denuncia, da cui risulti l'esistenza dei presupposti e dei requisiti di legge viene così a sostituire l'atto di consenso della pubblica amministrazione.
L'art. 19 L. 241/1990 prevede che ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione, permesso o nulla osta comunque denominato - comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l'esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento dei requisiti e presupposti di legge e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo - è sostituito da una dichiarazione dell'interessato corredata dalle certificazioni e dalle attestazioni richieste [D.I.A.].
Sono esclusi gli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all'immigrazione, all'amministrazione della giustizia, alla amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, alla tutela della salute e della pubblica incolumità, del patrimonio culturale e paesaggistico e dell'ambiente, nonché gli atti imposti dalla normativa comunitaria.
L'attività oggetto della dichiarazione può essere iniziata decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della dichiarazione all'amministrazione competente.
Contestualmente all'inizio dell'attività, l'interessato ne dà comunicazione all'amministrazione competente.
L'amministrazione competente, in caso di accertata carenza delle condizioni, modalità e fatti legittimanti, nel termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione dei suoi effetti, salvo che, ove ciò sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività e i suoi effetti entro un termine fissato dall'amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni.
Strettamente collegato al dettato dell'art. 19 L. 241/1990 è l'art. 20 della stessa legge, in materia di silenzio-assenso: fatta salva l'applicazione dell'art. 19, nei procedimenti a istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell'amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all'interessato, entro un termine stabilito, il provvedimento di diniego, o se non attiva, entro trenta giorni dalla presentazione dell'istanza, una conferenza di servizi, anche tenendo conto delle situazioni giuridiche soggettive dei controinteressati.
Questo meccanismo non si applica agli atti e ai procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l'ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza e l'immigrazione, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l'adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell'amministrazione come rigetto dell'istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti.