Esecuzione forzata

Esecuzione forzata (d. proc. civ.)
() in forma specifica (d. proc. civ.)
Attiene all'esecuzione di obblighi specifici e si distingue in:
() per consegna e per rilascio
È una forma di esecuzione disciplinata dagli artt. 605-611 c.p.c., ed è diretta a far conseguire al creditore la disponibilità materiale di un determinato bene, attraverso la sua consegna (bene mobile) o il suo rilascio (bene immobile). In particolare, essa ha luogo ogni volta che si tratti di trasferire dall'esecutato all'esecutante un bene che è stato dichiarato appartenente a quest'ultimo. Dispone l'art. 2930 c.c. che, se non è adempiuto l'obbligo di consegnare o rilasciare una determinata cosa, mobile o immobile, l'avente diritto può ottenere la consegna o il rilascio forzati a norma delle disposizioni del codice di procedura civile.
L'esecuzione per consegna o rilascio è preceduta dalla notifica dell'atto di precetto [Precetto].
In caso di esecuzione per consegna di un bene mobile, decorso il termine indicato nel precetto l'ufficiale giudiziario si reca sul luogo nel quale le cose si trovano, la ricerca e la consegna alla parte o a una persona da lei designata (art. 607 c.p.c.). Se le cose da consegnare sono pignorate, la consegna non può avere luogo, e la parte istante deve fare valere le sue ragioni mediante opposizione di terzo (artt. 619 ss. c.p.c.).
Invece, in caso di rilascio di un bene immobile, l'ufficiale giudiziario notifica un avviso col quale comunica, almeno 10 giorni prima, alla parte che è tenuta a rilasciare l'immobile, il giorno e l'ora in cui procederà (art. 608, comma 1, c.p.c.). La notifica dell'avviso segna l'inizio dell'esecuzione per rilascio.
L'esecuzione si estingue se la parte istante, prima della consegna o del rilascio, rinuncia con atto scritto notificato alla parte esecutata e consegnato all'ufficiale giudiziario procedente (art. 608bis c.p.c.).
Se nel corso dell'esecuzione sorgono difficoltà che non ammettono dilazione, ciascuna parte può chiedere al giudice dell'esecuzione i provvedimenti temporanei occorrenti.
La liquidazione delle spese è fatta dal giudice dell'esecuzione con decreto che costituisce titolo esecutivo.
() degli obblighi di fare o non fare
È quella forma di (—) diretta a far conseguire al creditore la medesima prestazione specifica di fare oggetto del suo diritto, ovvero la eliminazione di quanto posto in essere dal debitore in violazione del suo obbligo di non fare (artt. 612-614 c.p.c.). L'art. 2931 c.c. prevede che, se non è adempiuto un obbligo di fare, l'avente diritto può ottenere che esso sia eseguito a spese dell'obbligato nelle forme stabilite dal codice di procedura civile. L'art. 2933 c.c. dispone, invece, che, se non è adempiuto un obbligo di non fare, l'avente diritto può ottenere che sia distrutto, a spese dell'obbligato, ciò che è stato fatto in violazione dell'obbligo.
Per ottenere l'(—) di una sentenza di condanna per violazione di un obbligo di fare o di non fare, dopo la notificazione del precetto deve proporsi ricorso al giudice (del luogo dove l'obbligo deve essere adempiuto: art. 26 c.p.c.) perché siano determinate le modalità dell'(—).
Il giudice, sentita la parte obbligata, designa con ordinanza l'ufficiale giudiziario che deve provvedere all'(—) e le persone che debbono provvedere al compimento dell'opera non eseguita o alla distruzione di quella compiuta.
Giudice competente per entrambe le ipotesi di (—) è il Tribunale.
() nei confronti della Pubblica Amministrazione (d. amm.)
L'(—) è un procedimento giudiziale, a carattere esecutivo, volto a soddisfare l'interesse creditorio (nel rispetto del principio della parità di trattamento dei creditori, c.d. par condicio creditorum) contro la volontà del debitore (P.A.). Tale procedimento è ammesso nei confronti della P.A., sebbene con dei temperamenti dettati dall'esigenza di garantire una maggior tutela dei soggetti preposti, dall'ordinamento, alla cura dell'interesse pubblico.
In particolare, l'(—) nei confronti della P.A. può essere di due tipi:
() in forma specifica
La sua ammissibilità incontra i limiti posti dagli artt. 20582 c.c. e 29332 c.c., i quali assumono un significato particolarmente penetrante quando il soggetto è la P.A. Infatti, nei confronti di quest'ultima, l'(—) è esclusa ogni qualvolta la reintegrazione in forma specifica sia eccessivamente onerosa per la P.A., o la distruzione della cosa sia di pregiudizio all'economia nazionale. I suddetti limiti rilevano anche in relazione alle modalità dell'esecuzione, che deve avvenire compromettendo il meno possibile gli interessi della P.A.
È, infine, ammissibile l'(—) dell'obbligo di adempiere un contratto ex art. 2932 c.c.
() per espropriazione
Nessun problema pone l'(—) di beni patrimoniali disponibili. Per i beni patrimoniali indisponibili e per quelli demaniali, invece, la dottrina dominante esclude l'(—). Si ammette altresì l'(—) di crediti di diritto privato; per i crediti di diritto pubblico, mentre la giurisprudenza afferma l'impignorabilità (essendo originati dall'esercizio di pubbliche potestà), la dottrina è per la pignorabilità. Quanto al denaro, le dispute sorte in dottrina e giurisprudenza sono state superate da un'autorevole sentenza della Corte di cassazione (n. 1609/1987), che ne ha espressamente ammessa la pignorabilità argomentando in base all'impossibilità logico-giuridica che le destinazioni di bilancio condizionino l'(—) sulle casse della P.A.
La giurisprudenza, infine, ammette l'(—) avente ad oggetto crediti della P.A. quando questi siano originati da rapporti di diritto privato e non quando trovino fondamento in un titolo di diritto pubblico.