Silenzio

Silenzio (d. civ.; d. amm.)
Con tale espressione si indica il comportamento inerte di un soggetto.
Di regola esso non assume giuridica rilevanza, salvo che sia accompagnato da circostanze obiettive le quali consentano di attribuire al (—) un univoco significato [cd. (—) circostanziato] (es.: artt. 1712, 1832, 2301 c.c.).
Per la rilevanza del (—) nel dolo omissivo [Dolo; Vizio (della volontà)].
Nel diritto amministrativo, il (—) assume particolare importanza, in quanto la P.A. è tenuta ad emanare gli atti entro termini determinati direttamene dalla legge o dal Governo su proposta del Ministro competente (art. 2 L. 241/1990) mediante regolamenti.
Gli enti pubblici nazionali stabiliscono, secondo i propri ordinamenti, i termini entro i quali devono concludersi i procedimenti di propria competenza. I termini sono modulati tenendo conto della loro sostenibilità, sotto il profilo dell'organizzazione amministrativa, e della natura degli interessi pubblici tutelati e decorrono dall'inizio di ufficio del procedimento o dal ricevimento della domanda, se il procedimento è ad iniziativa di parte.
Qualora non si provveda con i suddetti regolamenti o gli enti pubblici nazionali non fissino i termini, il termine è di novanta giorni.
Salvi i casi di silenzio assenso, decorsi i termini il ricorso avverso il silenzio dell'amministrazione (art. 21bis L. 1034/1971) può essere proposto anche senza necessità di diffida all'amministrazione inadempiente, e comunque non oltre un anno dalla scadenza dei termini.
Il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza dell'istanza.
È fatta salva la riproponibilità dell'istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti.