Orario di lavoro
Orario di lavoro (d. lav.)
Corrisponde alla durata della prestazione lavorativa nel rapporto di lavoro subordinato e svolge una funzione di tutela dell'integrit à fisica e della libert à del lavoratore, delle sue esigenze familiari, culturali e di svago. Per tale motivo, la Costituzione demanda alla legge la fissazione della durata massima della giornata lavorativa; l'art. 2127 c.c. stabilisce che la durata giornaliera e settimanale della prestazione di lavoro non possa superare i limiti stabiliti dalle leggi speciali.
Il R.D.L. 692/23 aveva fissato, per tutti i lavoratori, il limite massimo in 8 ore giornaliere, per un totale di 48 ore settimanali.
La normativa è andata subendo numerose deroghe ad opera della contrattazione collettiva in senso pi ù favorevole al lavoratore, per consentirgli un maggior tempo libero continuativo: esempi ne sono il riposo pomeridiano del sabato o l'esclusione del lavoro nella giornata di sabato (cd. settimana corta) con recupero delle relative ore negli altri giorni della settimana. Sin dai rinnovi contrattuali del 1969-1970 (cd. autunno caldo), si è attuata una sostanziale riduzione dell'(), fino a 38/40 ore settimanali, e si sono stabiliti pi ù favorevoli limiti massimi giornalieri.
Tale prassi negoziale ha trovato un primo riscontro normativo nell'art. 13 L. 196/97 che aveva fissato in 40 ore settimanali l'orario normale di lavoro e demandato alla contrattazione collettiva la possibilit à di introdurre un regime di orario articolato.
Queste innovazioni sono state recepite infine dal D.Lgs. 66/2003 che, dando attuazione alle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE, ha completamente riformato la disciplina dell'() e coordinato in un unico testo normativo le disposizioni previgenti in materia (orario notturno, lavoro straordinario etc.), provvedendo alla loro abrogazione.
Il D.Lgs. 66/2003 definisce () qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attivit à o delle sue funzioni : è accolta cos ì una nozione di lavoro effettivo da cui cio è vanno escluse, secondo la prassi vigente e salvo diverse disposizioni dei contratti collettivi, alcune attivit à propedeutiche all'esecuzione della prestazione che non sono retribuite o computate come lavoro ai fini del superamento dei limiti di durata.
In conformit à alle disposizioni del D.Lgs. 66/2003 si pu ò affermare che l'() applicato ai lavoratori pu ò essere:
l'() normale, fissato dalla legge di regola su base settimanale e che ha, come limite massimo, quello di 40 ore settimanali;
l'() contrattuale, stabilito dal contratto collettivo di lavoro della categoria, in cui da un lato si pu ò ridurre l'(), stabilendo un limite settimanale inferiore alle 40 ore, e dall'altro, si pu ò riferire l'(), 40 ore o meno settimanali, alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all'anno (cd. orario articolato o multiperiodale).
In tale ultima ipotesi è possibile superare, nel periodo preso in considerazione (pi ù settimane o mesi fino ad un anno), il limite massimo dell'orario settimanale, stabilito dal contratto collettivo (pari a quello legale di 40 ore o inferiore ad esso), che deve essere rispettato non pi ù in ogni singola settimana, ma solo come media nel periodo di riferimento. Ad esempio, se il periodo di riferimento è di quattro settimane ed il contratto collettivo prevede che l'() sia di 40 ore settimanali, è legittima la prestazione articolata su 42 ore settimanali per le prime due settimane e su 38 per le seguenti due.
Inoltre il D.Lgs. 66/2003 introduce il principio della durata media settimanale dell'() comprensiva del lavoro straordinario il limite da rispettare, per ogni 7 giorni, è di 48 ore di lavoro comprese le ore di lavoro straordinario. Anche tale limite per ò deve essere rispettato come media in un periodo di massimo 4 mesi (elevabile, da parte della contrattazione collettiva, a 6 mesi o, eccezionalmente, a 12).
Quanto alla durata massima giornaliera dell'(), il D.Lgs. 66/2003 si limita a stabilire che:
il lavoratore ha diritto a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore (cd. riposo giornaliero). Quindi, ferma restando la durata normale settimanale dell'orario di lavoro (40 o meno), un lavoratore potrebbe di regola lavorare anche 13 ore al giorno. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attivit à caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata;
se l'() giornaliero eccede il limite di 6 ore, il lavoratore ha diritto a delle pause ai fini del recupero delle energie psico-fisiche, di attenuare il lavoro monotono e ripetitivo e, eventualmente, per la consumazione del pasto. Le modalit à e la durata delle pause sono stabilite dai CCNL; in mancanza al lavoratore deve essere concessa una pausa di almeno dieci minuti, anche sul posto di lavoro, tra l'inizio e la fine di ogni periodo giornaliero di lavoro.
I lavoratori hanno inoltre diritto al riposo settimanale [Festivit à], di regola in coincidenza con la domenica, secondo il principio generale stabilito dall'art. 36, co. 3 , Cost., alla sospensione dal lavoro in occasione delle festivit à nazionali civili e religiose, e al riposo annuale [Ferie].