Eccesso di potere

Eccesso di potere (d. amm.)
Vizio di legittimità dell'atto amministrativo consistente nell'uso del potere amministrativo per finalità diverse da quelle stabilite dalla legge. Infatti, l'attività amministrativa non è libera ma vincolata nel fine, in quanto la legge che attribuisce alla p.a. il potere, fissa anche l'interesse pubblico da realizzare (c.d. interesse primario). Tale interesse va armonizzato con gli interessi (pubblici o privati) che di volta in volta si scontrano o si coordinano con l'interesse pubblico primario (c.d. interessi secondari).
In tal modo si individua l'interesse pubblico in concreto da realizzare; tale individuazione deve avvenire secondo parametri di ragionevolezza, nel senso che ogni scelta deve essere conseguenziale sul piano logico rispetto alle premesse costituite dai dati evidenziati nella situazione concreta (Cerulli Irelli).
Perché si concretizzi l'(—) occorrono tre requisiti:
— un potere discrezionale della P.A., in quanto per gli atti vincolati la legge non riconosce alcuna possibilità di scelta circa il contenuto e non può dunque riscontrarsi un vizio della funzione;
— uno sviamento di tale potere dal fine pubblico da realizzare;
— la prova dello sviamento, necessaria per far venir meno la presunzione di legittimità dell'atto amministrativo.
L'(—) si manifesta essenzialmente attraverso le seguenti figure (dette figure sintomatiche):
— travisamento ed erronea valutazione dei fatti;
— illogicità e contraddittorietà della motivazione;
— contraddittorietà tra più atti;
— inosservanza di circolari;
— ingiustizia manifesta;
— violazione e vizi del procedimento che non si concretizzino in violazioni di legge;
— vizi della volontà;
— mancanza di idonei parametri di riferimento;
— violazione di principi generali del diritto.
Con l'emanazione della L. 241/1990 sul procedimento amministrativo, molti dei principi-guida dell'attività amministrativa si sono tradotti in norme di legge, con la conseguenza che talune violazioni di precetti di logica e correttezza comportamentale, prima considerate figure sintomatiche dell'(—), ora rappresentano altrettante ipotesi di violazione di legge. Ad esempio, l'art. 3 ha sancito in via espressa:
a) l'obbligo generale di motivazione;
b) l'obbligo di indicare nella motivazione i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche del provvedimento;
c) l'obbligo, in caso di motivazione per relationem, di indicare e rendere disponibili gli atti da cui risultano le ragioni della decisione.
Ciò comporta che la mancanza di motivazione o l'omessa indicazione, nella motivazione, dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche del provvedimento sono, attualmente, vizi di violazione di legge e non più, come in passato, vizi di (—).