Usurpazione
Usurpazione
() di funzioni pubbliche (d. pen.)
L'art. 347 c.p. prevede due distinte ipotesi criminose:
commette la prima chiunque usurpa una funzione pubblica o le attribuzioni inerenti ad un pubblico impiego (co. 1);
commette la seconda il pubblico ufficiale o impiegato il quale, avendo ricevuto partecipazione del provvedimento che fa cessare o sospendere le sue funzioni o le sue attribuzioni, continua ad esercitarle (co. 2).
Il reato appartiene alla categoria dei delitti contro la P.A.
Scopo generale della norma è assicurare il buon andamento della P.A., tutelando che sia riservato agli organi competenti della P.A. il potere esclusivo di disporre della titolarit à dell'esercizio delle pubbliche funzioni.
Soggetto attivo della prima ipotesi pu ò essere chiunque.
Soggetto attivo della seconda ipotesi pu ò, invece, essere solo chi rivesta qualifica di pubblico ufficiale o di pubblico impiegato: si configura, pertanto, una ipotesi di reato proprio.
Quanto alla condotta tipica, l'() (1 ª ipotesi) si ha quando il soggetto prende arbitrariamente possesso dell'ufficio in cui le funzioni o le attribuzioni si esercitano, ovvero compie, pure arbitrariamente, uno o pi ù atti di esercizio di tali funzioni o attribuzioni.
Non è configurabile il reato quando l'agente, pur non essendo incaricato per un determinato ufficio, ne abbia comunque esercitato le relative funzioni con il consenso espresso o tacito dell'ente a cui l'ufficio appartiene, operando cio è come funzionario di fatto.
Presupposto della seconda ipotesi criminosa è che il pubblico ufficiale o il pubblico impiegato sia stato dichiarato, con un atto esecutorio, cessato o sospeso dalle funzioni, e che di tale provvedimento abbia avuto formale comunicazione.
Il reato consiste nel continuare ad esercitare le funzioni o le attribuzioni dopo la notifica del provvedimento suddetto.
Il dolo consiste, nel primo caso, nella coscienza e volont à dell'usurpazione, con la consapevolezza dell'arbitrariet à dell'esercizio delle funzioni o attribuzioni; nel secondo nella coscienza e volont à di continuare ad esercitare arbitrariamente funzioni o attribuzioni, con la consapevolezza del carattere esecutorio del provvedimento notificatogli.
Pena: reclusione fino a 2 anni.
Reato di () (d. pen.)
Tale reato consiste nel fatto di chiunque, per appropriarsi in tutto o in parte d'altrui cosa immobile, ne rimuove o altera i termini (art. 631 c.p.).
Il reato appartiene alla categoria dei delitti contro il patrimonio.
Scopo della norma è tutelare la propriet à immobiliare.
Per termine si intende ogni cosa, artificiale o naturale, destinata a rappresentare stabilmente la linea di delimitazione degli immobili (lapidi di confine, recinzioni, siepi, filari di piante etc.).
Rimuovere significa togliere i termini dal luogo ove originariamente si trovavano.
Alterare significa modificare i termini in modo da non essere pi ù idonei allo scopo cui erano destinati.
Quanto al soggetto attivo, nonostante il testo dell'articolo parli di chiunque, si ritiene che possa essere esclusivamente il proprietario o il possessore del fondo confinante, richiedendo la norma al fine di appropriarsi in tutto o in parte dell'immobile altrui.
Il dolo consiste nella coscienza e volont à di rimuovere o alterare i termini con il fine di appropriarsi dell'altrui cosa immobile. Appropriarsi va qui inteso non nel senso di acquistare la propriet à, bens ì nel senso comune di disporre della cosa come proprietario.
Pena: Reclusione fino a 3 anni e multa fino a euro 206.