Revocatoria

Revocatoria
Azione () (d. proc. civ.)
È l'azione concessa al creditore a salvaguardia dell'integrità del patrimonio del debitore, sul presupposto che quest'ultimo consapevolmente compia atti con i quali si spogli dei propri beni, sottraendoli così all'azione esecutiva del creditore medesimo.
Costituisce uno dei mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale.
Presupposti di tale azione sono:
— un atto di disposizione inter vivos;
— l'eventus damni, ossia la diminuzione delle garanzie offerte dal patrimonio del debitore;
— consilium fraudis, ossia la consapevolezza da parte del debitore di arrecare, col proprio atto, un pregiudizio al creditore.
Qualora l'atto di disposizione sia a titolo oneroso sarà necessario provare che il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione (art. 2901 n. 2 c.c.).
L' (—), se è accolta, non invalida l'atto compiuto dal debitore, ma lo rende inefficace nei confronti del creditore che ha promosso l'azione. Si parla di inefficacia relativa (o inopponibilità), nel senso che, ottenuta la dichiarazione di inefficacia, il bene non rientra nel patrimonio del debitore che lo abbia alienato, ma l'alienazione è considerata priva di effetto nei confronti del creditore che ha agito in (—).
() fallimentare (d. fall.)
È il mezzo tecnico giuridico con il quale si può realizzare un recupero di attività a favore del patrimonio del fallito [Fallimento]; essa mira alla dichiarazione di inefficacia degli atti compiuti dal fallito in pregiudizio ai creditori prima della dichiarazione di fallimento.
Ai sensi dell'art. 67 R.D. 267/1942 (L.F.) sono revocati, salvo che l'altra parte provi che non conosceva lo stato d'insolvenza del debitore:
1) gli atti a titolo oneroso compiuti nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso;
2) gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento;
3) i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituiti nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento per debiti preesistenti non scaduti;
4) i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie costituiti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento per debiti scaduti.
Sono altresì revocati, se il curatore prova che l'altra parte conosceva lo stato d'insolvenza del debitore, i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati, se compiuti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento.
Gli atti che incidono su un patrimonio destinato a uno specifico affare sono revocabili quando pregiudicano il patrimonio della società. Il presupposto soggettivo dell'azione è costituito dalla conoscenza dello stato d'insolvenza della società (art. 67bis L.F., introdotto dal D.Lgs. 5/2006).
Gli atti previsti dall'art. 67 compiuti tra coniugi nel tempo in cui il fallito esercitava un'impresa commerciale e quelli a titolo gratuito compiuti tra coniugi più di due anni prima della dichiarazione di fallimento, ma nel tempo in cui il fallito esercitava un'impresa commerciale sono revocati se il coniuge non prova che ignorava lo stato d'insolvenza del coniuge fallito (art. 69 L.F.).
L'art. 67, co. 2, L.F. indica gli atti sottratti all'azione revocatoria.
Le azioni revocatorie non possono essere promosse decorsi tre anni dalla dichiarazione di fallimento e comunque decorsi cinque anni dal compimento dell'atto (art. 69bis L.F.).