Dibattimento

Dibattimento (d. proc. pen.)
Tale termine designa la fase centrale del processo penale. È preceduta da una fase preparatoria (predibattimento), in cui si espletano le formalità di apertura del (—), ed è seguito da una fase relativa alla deliberazione, redazione, pubblicazione e deposito della sentenza (postdibattimento).
Si svolge in udienza ed è regolato dal presidente del collegio, il quale ha poteri di disciplina e di polizia (art. 470), nel cui esercizio egli può avvalersi non solo della polizia giudiziaria, ma della forza pubblica in genere. Al presidente spetta anche la funzione di direzione del (—); nell'esercizio di tale funzione egli, più che attore, è arbitro imparziale, essendogli riconosciuti esigui poteri in ordine all'acquisizione della prova. La sua possibilità di intervento è limitata al controllo della correttezza e della lealtà nell'applicazione delle regole processuali ad opera delle parti. Solo in via residuale e suppletiva il presidente interviene, in funzione meramente sollecitatoria, nell'acquisizione della prova.
L'udienza è pubblica, a pena di nullità in attuazione del principio in base al quale la giustizia deve essere amministrata in nome del popolo. Tuttavia il presidente può sia limitare l'afflusso del pubblico in aula, sia disporre che il (—) si svolga a porte chiuse.
L'art. 146bis disp. att. c.p.p., inserito dall'art. 2 L. 11/98, disciplina in alcuni casi particolari la partecipazione al () a distanza in videoconferenza quando si procede nei confronti di persona che si trova, a qualsiasi titolo, in stato di detenzione in carcere, per i delitti indicati nell'art. 513bis c.p.p. (associazione di tipo mafioso e condotte agevolatrici; sequestro di persona a scopo di estorsione; delitti commessi avvalendosi delle condizioni che connotano l'associazione mafiosa; associazione finalizzata al traffico di stupefacenti).
Il principio di concentrazione richiede che il (—) si esaurisca nella stessa udienza o in udienze cronologicamente ravvicinate, nonché che si pervenga immediatamente alla decisione, eventualmente già completa di motivazione. Conseguenza di tale principio è che le questioni incidentali proposte dalle parti siano risolte dal giudice immediatamente con ordinanza, senza rimandare la soluzione in sede di sentenza finale. Così pure il giudice deve risolvere direttamente le questioni preliminari, incidentali e quelle civili o amministrative di natura pregiudiziale da cui dipenda la decisione sull'esistenza del reato, a meno che quest'ultime non siano di particolare complessità o riguardino lo stato di famiglia o di cittadinanza, per le quali può essere opportuno attendere la formazione del giudicato su di esse nella sede idonea; in tal caso il giudice può sospendere il processo [Sospensione (del processo)].