Religione, libertà di

Religione, libertà di can. 748 c.j.c.; artt. 3, 8, 20 Costituzione

Diritto dell’individuo solennemente riaffermato nella dichiarazione del Concilio Vaticano II «Dignitatis humanae».
Non è lecito, pertanto, a nessuno, indurre qualcuno con la costrizione ad abbracciare la fede cattolica contro la propria coscienza: l’atto di fede, infatti, è per sua stessa natura volontario.
Tutti gli uomini, però, hanno la personale responsabilità di ricercare la verità nelle cose che riguardano Dio e la sua Chiesa e, conosciutala, sono vincolati in forza della legge divina e godono del diritto di abbracciarla e di osservarla.
L’art. 8 Cost. riconosce a tutte le confessioni religiose uguale libertà di (—). Si tratta, quindi, di uguaglianza della libertà, non di uguaglianza di trattamento giuridico.
In base a quanto dispone l’art. 19 Cost., la libertà di (—) si articola in diverse facoltà:
— di professare la propria fede in forma privata e pubblica;
— di esercitare in privato e in pubblico il culto, purché non sia contrario al buon costume;
— di fare propaganda religiosa.
Ovviamente la libertà di (—) implica anche il diritto ad essere atei [vedi Ateismo], a non professare alcuna fede e a non ricevere alcun indottrinamento religioso.
La libertà di (—) trova, poi, ulteriore protezione attraverso l’esercizio delle altre libertà costituzionalmente riconosciute, in particolare della libertà di pensiero, di riunione, di associazione. In particolare l’art. 20 Cost. esclude che il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d’una associazione od istituzione possano essere causa di speciali limitazioni legislative o di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività.