Penitenza

Penitenza [Sacramento della] can. 959-981 c.j.c.

Sacramento
mediante il quale i fedeli confessando al ministro legittimo con piena contrizione e con il fermo proposito di emendarsi i peccati commessi dopo il Battesimo, per mezzo dell’assoluzione, impartita dal ministro stesso:
— ottengono da Dio il perdono dei peccati;
— e, contemporaneamente, vengono riconciliati con la Chiesa, che, peccando, hanno ferito.
Nel sacramento della (—) assume, per sua natura, una rilevanza quasi assoluta il rapporto personale diretto tra ministro e penitente.
In casi eccezionali è lecita, tuttavia, l’assoluzione generale, impartita simultaneamente a più fedeli senza la previa confessione individuale e precisamente:
— quando vi sia imminente pericolo di morte e al sacerdote non basti il tempo per ascoltare le confessioni individuali (azioni belliche, calamità naturali, disastri etc.);
— quando per scarsezza di confessori e grande affluenza di penitenti non si riuscirebbe ad ascoltare in tempo utile le confessioni dei singoli, privandoli, quindi, della grazia sacramentale e della comunione.
Colui che ha ricevuto l’assoluzione generale deve, però, una volta cessato lo stato di pericolo o di necessità, accostarsi quanto prima alla confessione individuale.
Ministro
del (—) è solo il sacerdote che oltre alla potestà d’ordine, abbia anche la facoltà di esercitarla.
Il sacerdote è dotato della facoltà di assolvere:
ipso iure: è il caso, ad esempio, del Romano Pontefice, dei Cardinali, dei Vescovi;
— in forza dell’ufficio ricoperto: ad es. l’Ordinario del luogo, il canonico penitenziere, il parroco, il Superiore di una casa religiosa (ciascuno per la propria circoscrizione);
— per concessione fatta per iscritto dall’Ordinario del luogo, a tempo determinato o indeterminato, a sacerdoti la cui idoneità risulti da un esame o da altre fonti sicure.
Ogni sacerdote, tuttavia, anche se privo della relativa facoltà, assolve validamente e lecitamente, da qualsiasi censura e peccato, tutti i penitenti che si trovino in pericolo di morte.
Il sigillo sacramentale è inviolabile; pertanto il confessore è, sotto pena di scomunica leatae sententiae, obbligato a non lasciarsi sfuggire nulla del penitente né a parole, né in altro modo (c.d. segreto confessionale garantito anche da legislazioni statali: v. ad es., relativamente al diritto italiano, l’art, 4, n. 4, del nuovo Concordato del 18-2-1984, l’art. 200 cod. proc. pen., l’art. 249 cod. proc. civ.).