Istituti religiosi
Istituti religiosi can. 607-616 c.j.c.
Istituti di vita consacrata i cui membri, secondo il diritto proprio, emettono i voti pubblici, perpetui o temporanei da rinnovarsi alla scadenza, e conducono vita fraterna in comunità, rendendo una testimonianza pubblica a Cristo e alla Chiesa, che comporta quella separazione dal mondo che è propria dell’indole e delle finalità di ciascun istituto.
Elementi fondamentali perché una società possa definirsi (—) sono dunque:
— che essa sia ordinata secondo una propria regola o costituzione, approvata formalmente e positivamente dalla competente autorità ecclesiastica;
— che essa comporti vita comune, intesa come stabile coabitazione o dimora sotto lo stesso tetto e partecipazione alle generali attività, sotto il governo del legittimo Superiore [vedi Superiori degli istituti religiosi] e secondo le norme fissate dallo statuto;
— che i componenti abbiano pronunciato i ricordati voti pubblici.
Oltre alle distinzioni comuni a tutti gli istituti di vita consacrata, gli (—), secondo il Codice, si dividono in ragione del fine in:
— istituti di vita esclusivamente contemplativa (es.: i camaldolesi), i cui membri non possono essere chiamati in nessun caso a prestare la loro collaborazione nel ministero pastorale diretto, poiché il loro carisma è di collaborare ad esso con l’eccelso sacrificio di lode che offrono a Dio;
— istituti di vita contemplativa (es.: i benedettini), i cui membri, oltre all’esercizio preferenziale della contemplazione, si dedicano anche, secondo il diritto proprio, a opere di apostolato diretto;
— istituti di attività apostolica (es.: domenicani, francescani, gesuiti), i cui membri si dedicano in forza delle loro costituzioni, in modo preferenziale all’azione apostolica, poiché questa appartiene alla loro stessa natura;
In ragione del sesso gli (—) si dividono in:
— istituti di monaci dediti prevalentemente o in modo preferenziale alla contemplazione;
— istituti di monache dedite anch’esse esclusivamente o in modo preferenziale alla contemplazione.
L’art. 7 della L. 222/85 ha previsto che gli (—) possono essere riconosciuti agli effetti civili come enti ecclesiastici.
Istituti di vita consacrata i cui membri, secondo il diritto proprio, emettono i voti pubblici, perpetui o temporanei da rinnovarsi alla scadenza, e conducono vita fraterna in comunità, rendendo una testimonianza pubblica a Cristo e alla Chiesa, che comporta quella separazione dal mondo che è propria dell’indole e delle finalità di ciascun istituto.
Elementi fondamentali perché una società possa definirsi (—) sono dunque:
— che essa sia ordinata secondo una propria regola o costituzione, approvata formalmente e positivamente dalla competente autorità ecclesiastica;
— che essa comporti vita comune, intesa come stabile coabitazione o dimora sotto lo stesso tetto e partecipazione alle generali attività, sotto il governo del legittimo Superiore [vedi Superiori degli istituti religiosi] e secondo le norme fissate dallo statuto;
— che i componenti abbiano pronunciato i ricordati voti pubblici.
Oltre alle distinzioni comuni a tutti gli istituti di vita consacrata, gli (—), secondo il Codice, si dividono in ragione del fine in:
— istituti di vita esclusivamente contemplativa (es.: i camaldolesi), i cui membri non possono essere chiamati in nessun caso a prestare la loro collaborazione nel ministero pastorale diretto, poiché il loro carisma è di collaborare ad esso con l’eccelso sacrificio di lode che offrono a Dio;
— istituti di vita contemplativa (es.: i benedettini), i cui membri, oltre all’esercizio preferenziale della contemplazione, si dedicano anche, secondo il diritto proprio, a opere di apostolato diretto;
— istituti di attività apostolica (es.: domenicani, francescani, gesuiti), i cui membri si dedicano in forza delle loro costituzioni, in modo preferenziale all’azione apostolica, poiché questa appartiene alla loro stessa natura;
In ragione del sesso gli (—) si dividono in:
— istituti di monaci dediti prevalentemente o in modo preferenziale alla contemplazione;
— istituti di monache dedite anch’esse esclusivamente o in modo preferenziale alla contemplazione.
L’art. 7 della L. 222/85 ha previsto che gli (—) possono essere riconosciuti agli effetti civili come enti ecclesiastici.