Conversione dei beni ecclesiastici
Conversione dei beni ecclesiastici L. 7-7-1866, n. 3036; punto 3/a Prot. Addiz. Nuovo Concordato
A seguito delle leggi eversive [vedi Leggi ecclesiastiche], il diritto statuale riconobbe agli enti ecclesiastici conservati (cioè non soppressi dalle leggi stesse) la capacità di possedere solo beni mobili sancendo per gli immobili presenti e futuri appartenenti a detti enti, salvo poche eccezioni (art. 11, L. 3036/1866), la devoluzione al demanio e la cd. (—) cioè l’obbligo di iscrivere nel gran libro del debito pubblico, una rendita del 5% a favore degli enti stessi.
L’obbligo della (—) è stato soppresso dal Concordato del 1929 [vedi Patti lateranensi] che ha riconosciuto agli enti ecclesiastici il diritto di possedere liberamente beni immobili (il cui acquisto è però subordinato ad autorizzazione governativa). La soppressione in linea di massima è stata confermata dal Nuovo Concordato.
A seguito delle leggi eversive [vedi Leggi ecclesiastiche], il diritto statuale riconobbe agli enti ecclesiastici conservati (cioè non soppressi dalle leggi stesse) la capacità di possedere solo beni mobili sancendo per gli immobili presenti e futuri appartenenti a detti enti, salvo poche eccezioni (art. 11, L. 3036/1866), la devoluzione al demanio e la cd. (—) cioè l’obbligo di iscrivere nel gran libro del debito pubblico, una rendita del 5% a favore degli enti stessi.
L’obbligo della (—) è stato soppresso dal Concordato del 1929 [vedi Patti lateranensi] che ha riconosciuto agli enti ecclesiastici il diritto di possedere liberamente beni immobili (il cui acquisto è però subordinato ad autorizzazione governativa). La soppressione in linea di massima è stata confermata dal Nuovo Concordato.