Conversione del capitale sociale
Conversione del capitale sociale
Entro il 31 dicembre 2001 tutte le società che hanno costituito il capitale sociale in lire devono obbligatoriamente convertirlo in euro. La conversione avviene applicando il tasso fisso di conversione e arrotondando il risultato per eccesso o per difetto (v. Arrotondamento).
Poiché quest’ultima operazione comporta, inevitabilmente, una variazione del capitale sociale in aumento o in diminuzione, il legislatore ha previsto due soluzioni:
— aumento del capitale sociale mediante passaggio di riserve a capitale;
— riduzione del capitale sociale mediante passaggio di capitale a riserve.
In sostanza in sede di conversione le imprese possono optare per:
— un arrotondamento per difetto, con il conseguente passaggio dal capitale alle riserve dell’ammontare in eccedenza;
— un arrotondamento per eccesso, con il conseguente passaggio dalle riserve al capitale dell’ammontare necessario a coprire l’incremento di quest’ultimo;
— un troncamento, possibile solo nell’ipotesi in cui le riserve non fossero sufficienti per realizzare l’arrotondamento per eccesso.
Cerchiamo di esaminare, seppur sinteticamente, le tre ipotesi.
Ipotesi n. 1: arrotondamento per difetto. Consideriamo un’impresa che ha un capitale sociale di lire 1.000.000.000 suddiviso in 500.000 azioni dal valore nominale unitario di lire 2.000. Essendo il tasso di conversione lira/euro di 1936,27 lire = 1 euro, il valore nominale di ogni azione è di 1,0329137 euro che, arrotondato per difetto, diventerà 1,03 euro. Il capitale sociale espresso in euro sarà quindi di 515.000 euro, corrispondente a 997.179.050 lire. Si sarà pertanto verificata una differenza pari a 2.820.950 lire con una conseguente riduzione del capitale sociale da realizzarsi mediante accredito della riserva legale.
Ipotesi n. 2: arrotondamento per eccesso. Consideriamo un’impresa che ha un capitale sociale di lire 1.000.000.000 suddiviso in 1.000.000 di azioni dal valore nominale unitario di lire 1.000. Essendo il tasso di conversione lira/euro di 1936,27 lire = 1 euro, il valore nominale di ogni azione sarà di 0,5164568 euro che, arrotondato per eccesso, diventerà 0,52 euro. Il capitale sociale espresso in euro sarà di 520.000 euro, corrispondente a 1.006.860.400 lire. Si sarà pertanto verificata una differenza in eccesso, pari a 6.860.400 lire, che dovrà essere colmata mediante incremento del capitale sociale da realizzarsi attraverso l’utilizzo di riserve, compresa quella legale se necessario, e i fondi speciali iscritti in bilancio.
Ipotesi n. 3: troncamento. Nel caso in cui le riserve mancassero o fossero insufficienti a realizzare l’incremento di capitale richiesto, sarebbero necessari degli apporti da parte dei soci al fine di colmare la differenza. Per non costringere i soci ad effettuare tali apporti, il D.Lgs. 213/98 prevede la possibilità di troncare il risultato della conversione del valore nominale unitario delle azioni. Riprendendo pertanto l’esempio precedente l’impresa può troncare il valore della conversione a 0,51 euro procedendo così, di fatto, ad un arrotondamento per difetto. In tale ipotesi il capitale sociale espresso in euro sarà di 510.000 euro, corrispondente a 987.497.700 lire. Si sarà quindi verificata una differenza di 12.502.300 lire, che comporterà una riduzione del capitale sociale da realizzarsi mediante l’accredito della riserva.
In particolare le società per azioni hanno a disposizione 3 diverse procedure per poter effettuare l’operazione di conversione del capitale sociale:
1. procedura ordinaria. È quella prevista dal codice civile per la modifica dell’atto costitutivo;
2. procedura semplificata con intervento del notaio. Si tratta di una procedura ad hoc introdotta in deroga alle disposizioni del codice civile e che prevede una deliberazione del Consiglio di amministrazione della società (o dell’amministratore unico) che viene verbalizzata dal notaio e successivamente iscritta nel Registro delle Imprese;
3. procedura semplificata senza intervento del notaio. È una procedura ulteriormente semplificata che prevede la possibilità da parte del Consiglio di amministrazione (o dell’amministratore unico) di deliberare la conversione del capitale sociale senza l’intervento del notaio e con successiva iscrizione della delibera nel Registro delle Imprese.
Le società a responsabilità limitata invece non potranno usufruire della procedura semplificata per la conversione del capitale sociale. Poiché dalla mera conversione si avranno quasi sempre quote di conferimento espresse in decimali di euro, si porrà l’esigenza di arrotondare tali importi, operazione che, secondo le attuali disposizioni legislative, può essere effettuata soltanto attraverso la convocazione di un’apposita assemblea straordinaria dei soci.
Entro il 31 dicembre 2001 tutte le società che hanno costituito il capitale sociale in lire devono obbligatoriamente convertirlo in euro. La conversione avviene applicando il tasso fisso di conversione e arrotondando il risultato per eccesso o per difetto (v. Arrotondamento).
Poiché quest’ultima operazione comporta, inevitabilmente, una variazione del capitale sociale in aumento o in diminuzione, il legislatore ha previsto due soluzioni:
— aumento del capitale sociale mediante passaggio di riserve a capitale;
— riduzione del capitale sociale mediante passaggio di capitale a riserve.
In sostanza in sede di conversione le imprese possono optare per:
— un arrotondamento per difetto, con il conseguente passaggio dal capitale alle riserve dell’ammontare in eccedenza;
— un arrotondamento per eccesso, con il conseguente passaggio dalle riserve al capitale dell’ammontare necessario a coprire l’incremento di quest’ultimo;
— un troncamento, possibile solo nell’ipotesi in cui le riserve non fossero sufficienti per realizzare l’arrotondamento per eccesso.
Cerchiamo di esaminare, seppur sinteticamente, le tre ipotesi.
Ipotesi n. 1: arrotondamento per difetto. Consideriamo un’impresa che ha un capitale sociale di lire 1.000.000.000 suddiviso in 500.000 azioni dal valore nominale unitario di lire 2.000. Essendo il tasso di conversione lira/euro di 1936,27 lire = 1 euro, il valore nominale di ogni azione è di 1,0329137 euro che, arrotondato per difetto, diventerà 1,03 euro. Il capitale sociale espresso in euro sarà quindi di 515.000 euro, corrispondente a 997.179.050 lire. Si sarà pertanto verificata una differenza pari a 2.820.950 lire con una conseguente riduzione del capitale sociale da realizzarsi mediante accredito della riserva legale.
Ipotesi n. 2: arrotondamento per eccesso. Consideriamo un’impresa che ha un capitale sociale di lire 1.000.000.000 suddiviso in 1.000.000 di azioni dal valore nominale unitario di lire 1.000. Essendo il tasso di conversione lira/euro di 1936,27 lire = 1 euro, il valore nominale di ogni azione sarà di 0,5164568 euro che, arrotondato per eccesso, diventerà 0,52 euro. Il capitale sociale espresso in euro sarà di 520.000 euro, corrispondente a 1.006.860.400 lire. Si sarà pertanto verificata una differenza in eccesso, pari a 6.860.400 lire, che dovrà essere colmata mediante incremento del capitale sociale da realizzarsi attraverso l’utilizzo di riserve, compresa quella legale se necessario, e i fondi speciali iscritti in bilancio.
Ipotesi n. 3: troncamento. Nel caso in cui le riserve mancassero o fossero insufficienti a realizzare l’incremento di capitale richiesto, sarebbero necessari degli apporti da parte dei soci al fine di colmare la differenza. Per non costringere i soci ad effettuare tali apporti, il D.Lgs. 213/98 prevede la possibilità di troncare il risultato della conversione del valore nominale unitario delle azioni. Riprendendo pertanto l’esempio precedente l’impresa può troncare il valore della conversione a 0,51 euro procedendo così, di fatto, ad un arrotondamento per difetto. In tale ipotesi il capitale sociale espresso in euro sarà di 510.000 euro, corrispondente a 987.497.700 lire. Si sarà quindi verificata una differenza di 12.502.300 lire, che comporterà una riduzione del capitale sociale da realizzarsi mediante l’accredito della riserva.
In particolare le società per azioni hanno a disposizione 3 diverse procedure per poter effettuare l’operazione di conversione del capitale sociale:
1. procedura ordinaria. È quella prevista dal codice civile per la modifica dell’atto costitutivo;
2. procedura semplificata con intervento del notaio. Si tratta di una procedura ad hoc introdotta in deroga alle disposizioni del codice civile e che prevede una deliberazione del Consiglio di amministrazione della società (o dell’amministratore unico) che viene verbalizzata dal notaio e successivamente iscritta nel Registro delle Imprese;
3. procedura semplificata senza intervento del notaio. È una procedura ulteriormente semplificata che prevede la possibilità da parte del Consiglio di amministrazione (o dell’amministratore unico) di deliberare la conversione del capitale sociale senza l’intervento del notaio e con successiva iscrizione della delibera nel Registro delle Imprese.
Le società a responsabilità limitata invece non potranno usufruire della procedura semplificata per la conversione del capitale sociale. Poiché dalla mera conversione si avranno quasi sempre quote di conferimento espresse in decimali di euro, si porrà l’esigenza di arrotondare tali importi, operazione che, secondo le attuali disposizioni legislative, può essere effettuata soltanto attraverso la convocazione di un’apposita assemblea straordinaria dei soci.