Utilità

Utilità

È l'attitudine, reale o presunta, di un bene a soddisfare determinati bisogni.
L'utilità non è una qualità intrinseca del bene economico (come il peso o il colore), ma sorge dal rapporto (di necessità, dipendenza, o altro) che l'individuo ha con quel bene ed è, pertanto, un concetto soggettivo che esprime il grado di importanza che ciascuno attribuisce al bene, in vista della soddisfazione dei propri bisogni.
L'introduzione del concetto di utilità nella teoria economica e la larga applicazione che ne fu fatta dagli esponenti della scuola neoclassica (v. Neoclassici) costituisce uno degli aspetti più importanti di tutta l'evoluzione della teoria economica. Nel pensiero economico classico il valore (v.) di un bene era determinato dalla quantità di ore lavorative necessarie a produrlo (v. Valore-lavoro). Furono i rappresentanti della scuola neoclassica a capovolgere i termini del problema, specificando che il valore da attribuire ad un bene non è dovuto alle ore di lavoro in esso incorporato, ma all'utilità che viene attribuita da ciascun individuo a quel bene specifico, ovvero dalla sua attitudine a soddisfare un determinato bisogno.
Tale tipo di utilità è detta cardinale, proprio perché misurabile e confrontabile.
Dopo i primi tentativi di considerare l'utilità una grandezza misurabile (v. Utilitarismo) e confrontabile (cosiddetta utilità cardinale), si affermò l'opinione di Edgeworth (v.) e Pareto (v.) che contestarono la validità di questa ipotesi e diedero vita ad un nuovo approccio alla teoria del consumatore basato sulla nozione di utilità ordinale.
Questa è, ancora oggi, la formulazione prevalente dello studio del comportamento del consumatore. Secondo Vilfredo Pareto, poiché l'utilità non è una proprietà fisica dei beni ma è una grandezza soggettiva e psicologica, non solo non è possibile misurarla ma non è neppure necessario farlo. Tutto ciò che occorre è che il consumatore sia in grado di confrontare diverse alternative di consumo e di esprimere delle preferenze rispetto a queste alternative.
Cerchiamo di chiarire meglio le differenze nei due approcci con un esempio: supponiamo che un individuo si trovi di fronte a due beni fra i quali scegliere, ad esempio un biglietto per il cinema e l'acquisto di un libro che comportano una stessa spesa.
Secondo l'approccio dell'utilità cardinale l'individuo confronta l'utilità che potrebbe ricavare dalle due azioni (ad esempio: il cinema ha un'utilità pari a 10, mentre il libro arreca una soddisfazione pari a 15) e sceglie in base al valore più elevato associato a ciascuna di esse (in questo caso sceglierebbe il libro).
In base all'approccio dell'utilità ordinale non è necessario alcun conto di questo tipo: se l'individuo sceglie di acquistare il libro anziché andare al cinema significa che preferisce leggere piuttosto che vedere un film e questo è tutto ciò che ci occorre per formulare una teoria del comportamento del consumatore.