Sostenibilità del debito pubblico
Sostenibilità del debito pubblico
Analisi economica degli effetti di una continua crescita del debito pubblico (v.) e sugli eventuali limiti che essa può incontrare.
Una tale analisi, ovviamente, presuppone l'abbandono della c.d. equivalenza ricardiana (v.) circa la sostanziale neutralità del debito pubblico e si interroga, invece, sugli effetti distorsivi di un finanziamento sistematico della spesa pubblica mediante l'emissione di titoli di Stato.
L'impostazione tradizionale individua il limite oltre il quale la crescita del debito pubblico non è più sostenibile ricorrendo ad una identità contabile (il c.d. vincolo di bilancio pubblico) secondo cui la spesa pubblica non coperta da entrate fiscali va finanziata con debito o con moneta. Di conseguenza, lo stock attuale di debito pubblico è composto:
— dall'ammontare dei titoli emessi nel periodo precedente;
— dall'ammontare dei titoli emessi per coprire la differenza fra spesa pubblica ed entrate (v. Disavanzo primario);
— dai titoli che è necessario emettere per pagare gli interessi sul debito pregresso.
A questa grandezza va sottratta la quantità di moneta emessa per finanziare il fabbisogno dello Stato.
Poiché la variabile rilevante è costituita, più che dall'ammontare assoluto del debito pubblico, dal sul rapporto con il PIL, l'identità di bilancio da considerare sarà allora:
Variazione del rapporto debito pubblico/PIL
= saldo primario in rapporto al PIL + spesa reale per interessi - effetto della crescita del PIL
sul debito - finanziamento con moneta.
Il vincolo così delineato assume carattere intertemporale se si pone la condizione che, in un periodo futuro più o meno lontano, lo stock di debito pubblico risulti azzerato: è questo, il cd. vincolo di bilancio intertemporale intorno a cui ruotano le analisi contemporanee sulla sostenibilità del debito pubblico.
Rielaborando questa identità contabile si individuano due condizioni fondamentali per il rispetto del vincolo intertemporale (in sostanza, per evitare una crescita esplosiva del debito pubblico):
— nel corso dell'intero periodo gli interessi sul debito e la spesa pubblica devono essere finanziati solo da imposte e/o emissione di moneta; va cioè evitato che il pagamento degli interessi sia finanziato da emissione di nuovi titoli (v. Gioco di Ponzi);
— il tasso di crescita del PIL deve essere superiore al tasso d'interesse reale.
Il confronto con la situazione finanziaria italiana degli anni Ottanta mostra come per tutto il decennio nessuna delle due condizioni sia stata rispettata: il divorzio Bankitalia/tesoro (v.) ha ostacolato il finanziamento monetario del fabbisogno, pur in presenza di un costante disavanzo primario, e il tasso d'interesse reale dei titoli pubblici è stato per tutto il periodo ben al di sopra del tasso di crescita del PIL.
Per riportare il rapporto debito pubblico/PIL al disotto del vincolo di bilancio occorre agire sulla grandezze che entrano in gioco nell'identità. Le possibili politiche di rientro devono:
— assicurare un avanzo primario tendenziale (entrate maggiori delle spese al netto degli interessi); va però considerato che la pressione fiscale non può crescere illimitatamente;
— ridurre il tasso d'interesse mediante una accorta politica di gestione del debito pubblico (collocamento di titoli mediante asta, creazione di un mercato secondario dei titoli di Stato);
— assicurare un tasso di crescita del PIL superiore al tasso d'interesse reale. È questa, probabilmente, la politica più difficile se si considera che l'aumento del reddito deve essere conseguito senza aumento del disavanzo.
Le analisi storiche dimostrano come sia impossibile individuare un rapporto debito pubblico/PIL oltre il quale si ha inevitabilmente una crisi finanziaria. Le stesse analisi, però, confermano che in presenza di rapporti elevati, l'alternativa alle politiche di rientro è costituita solo dal ripudio, dal consolidamento (v.) o dalla conversione del debito pubblico (v.).
Analisi economica degli effetti di una continua crescita del debito pubblico (v.) e sugli eventuali limiti che essa può incontrare.
Una tale analisi, ovviamente, presuppone l'abbandono della c.d. equivalenza ricardiana (v.) circa la sostanziale neutralità del debito pubblico e si interroga, invece, sugli effetti distorsivi di un finanziamento sistematico della spesa pubblica mediante l'emissione di titoli di Stato.
L'impostazione tradizionale individua il limite oltre il quale la crescita del debito pubblico non è più sostenibile ricorrendo ad una identità contabile (il c.d. vincolo di bilancio pubblico) secondo cui la spesa pubblica non coperta da entrate fiscali va finanziata con debito o con moneta. Di conseguenza, lo stock attuale di debito pubblico è composto:
— dall'ammontare dei titoli emessi nel periodo precedente;
— dall'ammontare dei titoli emessi per coprire la differenza fra spesa pubblica ed entrate (v. Disavanzo primario);
— dai titoli che è necessario emettere per pagare gli interessi sul debito pregresso.
A questa grandezza va sottratta la quantità di moneta emessa per finanziare il fabbisogno dello Stato.
Poiché la variabile rilevante è costituita, più che dall'ammontare assoluto del debito pubblico, dal sul rapporto con il PIL, l'identità di bilancio da considerare sarà allora:
Variazione del rapporto debito pubblico/PIL
= saldo primario in rapporto al PIL + spesa reale per interessi - effetto della crescita del PIL
sul debito - finanziamento con moneta.
Il vincolo così delineato assume carattere intertemporale se si pone la condizione che, in un periodo futuro più o meno lontano, lo stock di debito pubblico risulti azzerato: è questo, il cd. vincolo di bilancio intertemporale intorno a cui ruotano le analisi contemporanee sulla sostenibilità del debito pubblico.
Rielaborando questa identità contabile si individuano due condizioni fondamentali per il rispetto del vincolo intertemporale (in sostanza, per evitare una crescita esplosiva del debito pubblico):
— nel corso dell'intero periodo gli interessi sul debito e la spesa pubblica devono essere finanziati solo da imposte e/o emissione di moneta; va cioè evitato che il pagamento degli interessi sia finanziato da emissione di nuovi titoli (v. Gioco di Ponzi);
— il tasso di crescita del PIL deve essere superiore al tasso d'interesse reale.
Il confronto con la situazione finanziaria italiana degli anni Ottanta mostra come per tutto il decennio nessuna delle due condizioni sia stata rispettata: il divorzio Bankitalia/tesoro (v.) ha ostacolato il finanziamento monetario del fabbisogno, pur in presenza di un costante disavanzo primario, e il tasso d'interesse reale dei titoli pubblici è stato per tutto il periodo ben al di sopra del tasso di crescita del PIL.
Per riportare il rapporto debito pubblico/PIL al disotto del vincolo di bilancio occorre agire sulla grandezze che entrano in gioco nell'identità. Le possibili politiche di rientro devono:
— assicurare un avanzo primario tendenziale (entrate maggiori delle spese al netto degli interessi); va però considerato che la pressione fiscale non può crescere illimitatamente;
— ridurre il tasso d'interesse mediante una accorta politica di gestione del debito pubblico (collocamento di titoli mediante asta, creazione di un mercato secondario dei titoli di Stato);
— assicurare un tasso di crescita del PIL superiore al tasso d'interesse reale. È questa, probabilmente, la politica più difficile se si considera che l'aumento del reddito deve essere conseguito senza aumento del disavanzo.
Le analisi storiche dimostrano come sia impossibile individuare un rapporto debito pubblico/PIL oltre il quale si ha inevitabilmente una crisi finanziaria. Le stesse analisi, però, confermano che in presenza di rapporti elevati, l'alternativa alle politiche di rientro è costituita solo dal ripudio, dal consolidamento (v.) o dalla conversione del debito pubblico (v.).