Separatezza banca-industria
Separatezza banca-industria
È uno dei principi cardine per una corretta gestione dell'attività creditizia ed è volto a disciplinare la possibilità di partecipazione di imprese non bancarie nella gestione (e nell'eventuale controllo) di istituti di credito. Questo principio rappresenta uno dei capisaldi della capacità del sistema creditizio di valutare il merito di credito e quindi di essere efficiente nell'allocazione delle risorse.
L'attività principale di una banca è, infatti, quella di concedere crediti, soprattutto ad imprenditori; se l'azionista di maggioranza di una banca fosse un imprenditore, cumulerebbe in sé due posizioni: quella di erogatore del credito e quella di possibile destinatario del credito stesso. È facile immaginare, allora, che egli finirebbe per concedere a se stesso (o ai suoi alleati economici) delle condizioni creditizie di favore, rispetto a quelle praticate alla normale clientela.
Per limitare certe potestà ogni sistema economico stabilisce delle regole da rispettare nel caso in cui una società che svolga una determinata attività economica sia nel contempo azionista di un istituto di credito. Così, ad esempio, in Italia sono obbligati a richiedere l'autorizzazione alla Banca d'Italia i soggetti che intendono acquisire direttamente o indirettamente partecipazioni al capitale di banche e società finanziarie capogruppo che diano luogo:
— ad una partecipazione al 5% ovvero al superamento delle soglie del 10%, 15%, 20%, 33% e 50% del capitale sociale;
— al controllo indipendentemente dall'entità della partecipazione.
Sono soggette ad autorizzazione anche le successive variazioni delle partecipazioni, che superino i limiti precedentemente indicati. Il limite massimo per la partecipazione nel capitale azionario di una banca è fissato al 15% per i soggetti che svolgono in misura rilevante attività d'impresa in settori non bancari né finanziari. Inoltre è demandato al CICR (v.) la fissazione dei limiti nella concessione di credito ai soggetti collegati o con partecipazioni rilevanti nel capitale degli enti creditizi, ed una norma autorizza lo stesso CICR a fissare delle direttive generali in materia di conflitti di interesse tra banche e loro azionisti rilevanti.
È uno dei principi cardine per una corretta gestione dell'attività creditizia ed è volto a disciplinare la possibilità di partecipazione di imprese non bancarie nella gestione (e nell'eventuale controllo) di istituti di credito. Questo principio rappresenta uno dei capisaldi della capacità del sistema creditizio di valutare il merito di credito e quindi di essere efficiente nell'allocazione delle risorse.
L'attività principale di una banca è, infatti, quella di concedere crediti, soprattutto ad imprenditori; se l'azionista di maggioranza di una banca fosse un imprenditore, cumulerebbe in sé due posizioni: quella di erogatore del credito e quella di possibile destinatario del credito stesso. È facile immaginare, allora, che egli finirebbe per concedere a se stesso (o ai suoi alleati economici) delle condizioni creditizie di favore, rispetto a quelle praticate alla normale clientela.
Per limitare certe potestà ogni sistema economico stabilisce delle regole da rispettare nel caso in cui una società che svolga una determinata attività economica sia nel contempo azionista di un istituto di credito. Così, ad esempio, in Italia sono obbligati a richiedere l'autorizzazione alla Banca d'Italia i soggetti che intendono acquisire direttamente o indirettamente partecipazioni al capitale di banche e società finanziarie capogruppo che diano luogo:
— ad una partecipazione al 5% ovvero al superamento delle soglie del 10%, 15%, 20%, 33% e 50% del capitale sociale;
— al controllo indipendentemente dall'entità della partecipazione.
Sono soggette ad autorizzazione anche le successive variazioni delle partecipazioni, che superino i limiti precedentemente indicati. Il limite massimo per la partecipazione nel capitale azionario di una banca è fissato al 15% per i soggetti che svolgono in misura rilevante attività d'impresa in settori non bancari né finanziari. Inoltre è demandato al CICR (v.) la fissazione dei limiti nella concessione di credito ai soggetti collegati o con partecipazioni rilevanti nel capitale degli enti creditizi, ed una norma autorizza lo stesso CICR a fissare delle direttive generali in materia di conflitti di interesse tra banche e loro azionisti rilevanti.