Questione meridionale
Questione meridionale
Espressione riferita al divario (economico e sociale) che sussiste fra il Nord ed il Sud d'Italia ed alle iniziative volte a ridurre questo squilibrio.
La politica meridionalista, di scarso spessore e limitato impegno nella prima metà del secolo, acquistò maggiore consistenza a partire dagli anni '50 per effetto sia del rinnovato sviluppo economico sia dei numerosi fermenti nelle masse contadine (occupazione dei latifondi).
Venne così varata la Riforma agraria e fu istituita la Cassa per il Mezzogiorno (v.), con la funzione di erogare a favore delle Regioni contributi speciali, il cui stanziamento rientra tra i compiti dello Stato.
La Cassa, la cui durata era in origine limitata a 10 anni, è stata rifinanziata fino al 1984, anno in cui è stata posta in liquidazione. Successivamente parte dei compiti svolti dalla stessa sono stati attribuiti all'Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno.
Il sostanziale fallimento della politica di interventi a favore del Mezzogiorno, che spesso si è risolta in un mero clientelismo, unito all'esigenza di uniformarsi alle politiche regionali della Comunità Europea (v. CE), hanno portato nell'arco di pochi anni ad abbandonare la politica di intervento straordinario a favore del Mezzogiorno. La prima legge che ha completamente demolito l'impianto costruito nell'immediato dopoguerra è stata la L. 488/92, che ha formalmente soppresso l'Agensud e riordinato o posto in liquidazione gli altri enti che erano preposti alla gestione dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno come il Formez, l'Insud, la Finam, la Fime e lo Iasm.
La stessa legge ha completamente ribaltato la filosofia di intervento straordinario nelle aree arretrate del Paese, estendendo i medesimi principi a tutte le zone a sviluppo ritardato della nazione e non più soltanto a quelle del Mezzogiorno, anche se è evidente che saranno queste ultime le maggiori beneficiarie.
Con il varo del decreto di attuazione della suddetta legge (D.Lgs. 96/93) si è poi completata la fase di transizione dall'intervento straordinario all'intervento ordinario: non sono più previsti fondi destinati ad una particolare area geografica, in quanto la politica di sviluppo regionale è unica per tutto il territorio nazionale; spetta al Governo il compito di coordinarla con gli interventi comunitari ed individuare le aree del Nord, del Centro e del Sud in cui intervenire.
Espressione riferita al divario (economico e sociale) che sussiste fra il Nord ed il Sud d'Italia ed alle iniziative volte a ridurre questo squilibrio.
La politica meridionalista, di scarso spessore e limitato impegno nella prima metà del secolo, acquistò maggiore consistenza a partire dagli anni '50 per effetto sia del rinnovato sviluppo economico sia dei numerosi fermenti nelle masse contadine (occupazione dei latifondi).
Venne così varata la Riforma agraria e fu istituita la Cassa per il Mezzogiorno (v.), con la funzione di erogare a favore delle Regioni contributi speciali, il cui stanziamento rientra tra i compiti dello Stato.
La Cassa, la cui durata era in origine limitata a 10 anni, è stata rifinanziata fino al 1984, anno in cui è stata posta in liquidazione. Successivamente parte dei compiti svolti dalla stessa sono stati attribuiti all'Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno.
Il sostanziale fallimento della politica di interventi a favore del Mezzogiorno, che spesso si è risolta in un mero clientelismo, unito all'esigenza di uniformarsi alle politiche regionali della Comunità Europea (v. CE), hanno portato nell'arco di pochi anni ad abbandonare la politica di intervento straordinario a favore del Mezzogiorno. La prima legge che ha completamente demolito l'impianto costruito nell'immediato dopoguerra è stata la L. 488/92, che ha formalmente soppresso l'Agensud e riordinato o posto in liquidazione gli altri enti che erano preposti alla gestione dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno come il Formez, l'Insud, la Finam, la Fime e lo Iasm.
La stessa legge ha completamente ribaltato la filosofia di intervento straordinario nelle aree arretrate del Paese, estendendo i medesimi principi a tutte le zone a sviluppo ritardato della nazione e non più soltanto a quelle del Mezzogiorno, anche se è evidente che saranno queste ultime le maggiori beneficiarie.
Con il varo del decreto di attuazione della suddetta legge (D.Lgs. 96/93) si è poi completata la fase di transizione dall'intervento straordinario all'intervento ordinario: non sono più previsti fondi destinati ad una particolare area geografica, in quanto la politica di sviluppo regionale è unica per tutto il territorio nazionale; spetta al Governo il compito di coordinarla con gli interventi comunitari ed individuare le aree del Nord, del Centro e del Sud in cui intervenire.