Parità del potere d'acquisto

Parità del potere d'acquisto

È quel tasso di cambio (v.) fra due divise in corrispondenza del quale si verifica una equivalenza di capacità di acquisto fra paesi diversi.
In altri termini, se ad un dato tasso di cambio il prezzo di un bene di un paese è uguale al prezzo dello stesso bene in un altro paese, allora c'è parità del potere d'acquisto.
La relazione che si stabilisce fra tasso di cambio, livello dei prezzi nazionali e livello dei prezzi esteri è stata ampiamente analizzata. Cassel (v.), ad esempio, nel 1916 avanzò la teoria che i prezzi di uno stesso bene devono necessariamente essere uguali in due paesi diversi se li si misura nella stessa moneta. Di conseguenza le variazioni del tasso di cambio fra monete sono dovute soprattutto a variazioni dei prezzi e quindi del relativo potere d'acquisto (v.) nei vari paesi. Cassel riteneva che le fluttuazioni sui mercati delle valute estere erano dovute all'inflazione (v.), e quindi, secondo il nesso di causalità previsto dalla teoria quantitativa della moneta (v.), agli incrementi della quantità di moneta offerta.
La teoria della parità del potere d'acquisto è stata oggetto di numerose critiche: innanzitutto perché, per determinare il livello dei tassi di cambio, e, quindi, della domanda e dell'offerta di valuta, sottovaluta i movimenti di capitali, e le variazioni del reddito nazionale; inoltre è stata sottolineata la difficoltà, sul piano pratico, di comparare prezzi medi di un dato insieme di beni oltre all'arbitrarietà della scelta dei beni più rappresentativi.