Occupazione
Occupazione
Stato in cui viene a trovarsi quella parte della popolazione che risulta impegnata in un determinato atto produttivo. Ne consegue, quindi, una fondamentale distinzione tra persone:
— occupate, che sono cioè impegnate nel compiere determinate attività produttive;
— disoccupate, le quali, pur essendo in grado di svolgere un'attività lavorativa, sono temporaneamente senza lavoro in quanto il sistema economico non è in grado di assorbire totalmente l'offerta di lavoro potenziale (v. Disoccupazione).
Quando il livello produttivo del sistema economico è in grado di assorbire tutta l'offerta di lavoro proveniente dalla popolazione (o quantomeno di assorbire tutti i lavoratori che desiderano svolgere un'attività lavorativa) si parla di equilibrio di piena occupazione.
Nell'analisi classica e neoclassica del mercato del lavoro (v.), tale equilibrio è sempre e comunque garantito dall'operare delle forze di mercato, ed in particolare attraverso variazioni nel livello dei salari (v.).
Tale impostazione fu duramente criticata da J. M. Keynes (v.), secondo il quale il sistema economico può stabilizzarsi ad un livello di equilibrio che non sia necessariamente quello di piena occupazione (v. Equilibrio di sottoccupazione), a causa della inadeguata domanda aggregata (v.). Variazioni nel salario corrisposto non sortirebbero alcun effetto benefico in quanto, pur riducendo i costi di produzione, comprimerebbero anche il reddito dei consumatori riproponendo il dilemma del basso livello della domanda.
Le critiche di Keynes diedero vita, nel secondo dopoguerra, ad un preciso indirizzo di politica economica (v.) tendente ad assicurare la piena occupazione della forza lavoro. Tale politica ha avuto risultati fruttuosi nei primi decenni successivi alla seconda guerra mondiale quando in quasi tutti i paesi occidentali il tasso di disoccupazione raggiunse livelli minimi (tra il 3 ed il 5%).
L'inversione di tendenza si è avuta nei primi anni '70 quando si sono manifestati i primi sintomi di un fenomeno fin allora sconosciuto: la stagflazione (v.), ovvero il coesistere di inflazione e disoccupazione. Tale fenomeno pone non pochi problemi alle autorità statali in quanto una efficace politica economica che miri a contrastare l'inflazione presuppone, in genere, una riduzione della quantità di moneta in circolazione che può tuttavia, avere effetti negativi sul tasso di occupazione. Effetti contrari potrebbero manifestarsi nel caso in cui si persegua una politica che miri a ridurre la disoccupazione.
Molte controversie si sono concentrate negli ultimi anni su questo perverso intreccio tra occupazione, inflazione e sviluppo: il lungo dibattito sulla corretta interpretazione della curva di Phillips (v.) dimostra come questo problema non abbia ancora trovato una accettabile soluzione nonostante le molteplici indicazioni avanzate da diverse correnti di pensiero.
Approfondimento: L'occupazione.
Stato in cui viene a trovarsi quella parte della popolazione che risulta impegnata in un determinato atto produttivo. Ne consegue, quindi, una fondamentale distinzione tra persone:
— occupate, che sono cioè impegnate nel compiere determinate attività produttive;
— disoccupate, le quali, pur essendo in grado di svolgere un'attività lavorativa, sono temporaneamente senza lavoro in quanto il sistema economico non è in grado di assorbire totalmente l'offerta di lavoro potenziale (v. Disoccupazione).
Quando il livello produttivo del sistema economico è in grado di assorbire tutta l'offerta di lavoro proveniente dalla popolazione (o quantomeno di assorbire tutti i lavoratori che desiderano svolgere un'attività lavorativa) si parla di equilibrio di piena occupazione.
Nell'analisi classica e neoclassica del mercato del lavoro (v.), tale equilibrio è sempre e comunque garantito dall'operare delle forze di mercato, ed in particolare attraverso variazioni nel livello dei salari (v.).
Tale impostazione fu duramente criticata da J. M. Keynes (v.), secondo il quale il sistema economico può stabilizzarsi ad un livello di equilibrio che non sia necessariamente quello di piena occupazione (v. Equilibrio di sottoccupazione), a causa della inadeguata domanda aggregata (v.). Variazioni nel salario corrisposto non sortirebbero alcun effetto benefico in quanto, pur riducendo i costi di produzione, comprimerebbero anche il reddito dei consumatori riproponendo il dilemma del basso livello della domanda.
Le critiche di Keynes diedero vita, nel secondo dopoguerra, ad un preciso indirizzo di politica economica (v.) tendente ad assicurare la piena occupazione della forza lavoro. Tale politica ha avuto risultati fruttuosi nei primi decenni successivi alla seconda guerra mondiale quando in quasi tutti i paesi occidentali il tasso di disoccupazione raggiunse livelli minimi (tra il 3 ed il 5%).
L'inversione di tendenza si è avuta nei primi anni '70 quando si sono manifestati i primi sintomi di un fenomeno fin allora sconosciuto: la stagflazione (v.), ovvero il coesistere di inflazione e disoccupazione. Tale fenomeno pone non pochi problemi alle autorità statali in quanto una efficace politica economica che miri a contrastare l'inflazione presuppone, in genere, una riduzione della quantità di moneta in circolazione che può tuttavia, avere effetti negativi sul tasso di occupazione. Effetti contrari potrebbero manifestarsi nel caso in cui si persegua una politica che miri a ridurre la disoccupazione.
Molte controversie si sono concentrate negli ultimi anni su questo perverso intreccio tra occupazione, inflazione e sviluppo: il lungo dibattito sulla corretta interpretazione della curva di Phillips (v.) dimostra come questo problema non abbia ancora trovato una accettabile soluzione nonostante le molteplici indicazioni avanzate da diverse correnti di pensiero.
Approfondimento: L'occupazione.