New economics
New economics
Termine coniato negli Stati Uniti nei primi anni '60 per indicare la politica economica (v.) di stampo keynesiano adottata dall'amministrazione Kennedy.
La new economics, così come l'analisi macroeconomica keynesiana, riteneva che fosse fondamentale sostenere la domanda globale nelle fasi di stabilità economica e di disciplinarla, invece, nelle fasi di crescita economica (v.). Ciò aveva uno scopo ben preciso: mantenere la piena occupazione della forza lavoro e la piena utilizzazione delle capacità produttive associate alla stabilità del livello generale dei prezzi.
A tali idee, che rimarcavano quelle keynesiane diffusesi agli inizi degli anni '30, la new economics associò dei concetti del tutto nuovi.
In quel periodo infatti si diffusero i concetti di prodotto potenziale (v.) e vuoto di PIL (v.), il primo riferito al livello di produzione raggiungibile in piena occupazione, il secondo riferito, invece, alla differenza tra produzione effettiva e potenziale. Tale differenza rappresenta un valido indicatore del costo da sostenere, sia in termini di disoccupazione sia in termini di output non prodotto.
I sostenitori della new economics, poi, hanno contribuito in quegli anni alla diffusione dell'idea che il bilancio effettivo come punto di riferimento per la politica fiscale (v.) era fuorviante, sottolineando l'utilità, invece, di guardare al bilancio di pieno impiego.
Per ciò che concerne, invece, l'andamento dei salari monetari, gli esponenti della new economics misero in luce l'inseparabilità dell'aumento dei salari dall'aumento della produttività del lavoro per contrastare le spinte inflazionistiche.
Termine coniato negli Stati Uniti nei primi anni '60 per indicare la politica economica (v.) di stampo keynesiano adottata dall'amministrazione Kennedy.
La new economics, così come l'analisi macroeconomica keynesiana, riteneva che fosse fondamentale sostenere la domanda globale nelle fasi di stabilità economica e di disciplinarla, invece, nelle fasi di crescita economica (v.). Ciò aveva uno scopo ben preciso: mantenere la piena occupazione della forza lavoro e la piena utilizzazione delle capacità produttive associate alla stabilità del livello generale dei prezzi.
A tali idee, che rimarcavano quelle keynesiane diffusesi agli inizi degli anni '30, la new economics associò dei concetti del tutto nuovi.
In quel periodo infatti si diffusero i concetti di prodotto potenziale (v.) e vuoto di PIL (v.), il primo riferito al livello di produzione raggiungibile in piena occupazione, il secondo riferito, invece, alla differenza tra produzione effettiva e potenziale. Tale differenza rappresenta un valido indicatore del costo da sostenere, sia in termini di disoccupazione sia in termini di output non prodotto.
I sostenitori della new economics, poi, hanno contribuito in quegli anni alla diffusione dell'idea che il bilancio effettivo come punto di riferimento per la politica fiscale (v.) era fuorviante, sottolineando l'utilità, invece, di guardare al bilancio di pieno impiego.
Per ciò che concerne, invece, l'andamento dei salari monetari, gli esponenti della new economics misero in luce l'inseparabilità dell'aumento dei salari dall'aumento della produttività del lavoro per contrastare le spinte inflazionistiche.