Inflazione
Inflazione
Aumento persistente del livello generale dei prezzi e conseguente diminuzione del potere d'acquisto della moneta.
Esistono diversi modi per rappresentare il grado di inflazione in un Paese: in Italia, l'ISTAT (v.) fa riferimento al sistema degli indici indice dei prezzi al consumo (v.), che a sua volta comprende sull'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività (v.), lo IAPC (v.) e l'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (v.). È possibile, inoltre, determinare l'andamento del livello dei prezzi, costruendo degli incidi che hanno come riferimento alcune grandezze di contabilità nazionale (v.): tra questi il più noto è sicuramente il deflatore del PIL.
Si suole distinguere diversi stadi inflazionistici a seconda del tasso di crescita del livello dei prezzi. In particolare, si è soliti distinguere tra inflazione strisciante (v.) e inflazione galoppante (v.).
Infine, quando il tasso annuo di inflazione raggiunge livelli molto alti si parla, invece, di iperinflazione (v.).
Se l'effetto del fenomeno inflazionistico è principalmente quello di un aumento dei prezzi e di una diminuzione del potere d'acquisto, varie sono le cause che possono provocarlo.
Vi può essere, infatti, inflazione, causata da un eccesso di domanda (v. Inflazione da domanda) e inflazione causata da aumento dei costi (v. Inflazione dei costi): a queste cause principali vanno aggiunte l'inflazione importata (v.) e quella programmata. In realtà l'inflazione non può essere ricondotta ad un'unica causa, ma è spesso il risultato dell'intrecciarsi di varie spinte tra loro correlate.
Riguardo gli effetti che l'inflazione provoca sul sistema economico, essa, innanzitutto, genera incertezza e sfiducia nelle aspettative future. La prospettiva di un livello dei prezzi crescente riduce la propensione al risparmio in quanto i consumatori, per il timore di futuri aumenti dei prezzi, tendono ad acquistare anche quei beni dei quali avranno bisogno solo in futuro, evitando in ogni caso la detenzione prolungata di liquidità che è soggetta, in ultima analisi, a perdita di valore.
La diminuzione dell'offerta di risparmio e l'aumento di domanda di moneta concorrono poi a determinare un rialzo del tasso di interesse che raggiunge livelli tali da scoraggiare gli investimenti.
Le conseguenze più gravi riguardano, tuttavia, la distribuzione del reddito (v.), in quanto l'inflazione danneggia soprattutto i percettori di redditi fissi (impiegati, operai, pensionati ecc.) che avvertono l'erosione dei propri salari in termini reali. Per evitare tali effetti è possibile introdurre dei meccanismi automatici che fanno sì che il salario aumenti al crescere del costo della vita (v. Scala mobile).
Alti tassi di inflazione, inoltre, influiscono negativamente sul volume degli investimenti esteri, che si troverebbero esposti ad eccessive fluttuazioni, mentre, quand'anche riuscissero a conseguire una remunerazione in termini reali e non puramente monetari, ben poco potrebbero lucrare una volta convertita in valuta forte la moneta dello Stato di destinazione.
Si determina ancora, nella gran parte dei casi, un eccesso del valore delle importazioni (v.) sulle esportazioni (v.), le prime da pagarsi in valuta forte, non inflazionata, con conseguenze negative sulla stabilità dei cambi; spesso, infatti, un alto tasso di inflazione conduce alla svalutazione della moneta (v. Svalutazione monetaria).
Il rapporto, tuttavia, tra i due meccanismi, non è così automatico come generalmente si ritiene, non potendosi affermare, per esempio, che ad un tasso di inflazione del 10% faccia riscontro una svalutazione della moneta nazionale nella stessa misura. La svalutazione della moneta, invece, presuppone il raffronto con il valore della moneta di un altro Stato e la sua misura è data dal differenziale di inflazione fra i due Stati. Se, quindi, in un paese il tasso di inflazione è del 10% ed in un altro del 12% si può affermare, in linea di massima, che la moneta del secondo paese si è svalutata nell'anno di riferimento in misura del 2% rispetto a quella del primo.
Tutto ciò, è evidente, ha immediato effetto sul volume dell'occupazione: la caduta degli investimenti, nazionali ed esteri, determinando la diminuzione delle capacità produttive del sistema, induce ad una minore utilizzazione di forza lavoro. Lo stesso dicasi per quanto riguarda la perdita di competitività dei prodotti nazionali sui mercati esteri: l'inflazione rende le merci prodotte all'interno più costose, mentre risultano più convenienti quelle importate. In entrambi i casi la minore domanda di prodotti nazionali determina un calo della produzione e, quindi, dell'occupazione interna.
Per combattere il fenomeno l'usuale politica antinflazionistica (v.) tende a rallentare i consumi interni utilizzando due strumenti fondamentali: la politica fiscale (v.) e la politica monetaria (v.).
Nel primo caso si aumenta la pressione fiscale, provocando una contrazione della domanda globale (più imposte vengono pagate, meno soldi per consumi si hanno a disposizione); nel secondo caso, si opera una politica monetaria restrittiva attraverso una contrazione della spesa pubblica e, di conseguenza, degli investimenti e del reddito disponibile.
Vedi tabella.
Aumento persistente del livello generale dei prezzi e conseguente diminuzione del potere d'acquisto della moneta.
Esistono diversi modi per rappresentare il grado di inflazione in un Paese: in Italia, l'ISTAT (v.) fa riferimento al sistema degli indici indice dei prezzi al consumo (v.), che a sua volta comprende sull'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività (v.), lo IAPC (v.) e l'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (v.). È possibile, inoltre, determinare l'andamento del livello dei prezzi, costruendo degli incidi che hanno come riferimento alcune grandezze di contabilità nazionale (v.): tra questi il più noto è sicuramente il deflatore del PIL.
Si suole distinguere diversi stadi inflazionistici a seconda del tasso di crescita del livello dei prezzi. In particolare, si è soliti distinguere tra inflazione strisciante (v.) e inflazione galoppante (v.).
Infine, quando il tasso annuo di inflazione raggiunge livelli molto alti si parla, invece, di iperinflazione (v.).
Se l'effetto del fenomeno inflazionistico è principalmente quello di un aumento dei prezzi e di una diminuzione del potere d'acquisto, varie sono le cause che possono provocarlo.
Vi può essere, infatti, inflazione, causata da un eccesso di domanda (v. Inflazione da domanda) e inflazione causata da aumento dei costi (v. Inflazione dei costi): a queste cause principali vanno aggiunte l'inflazione importata (v.) e quella programmata. In realtà l'inflazione non può essere ricondotta ad un'unica causa, ma è spesso il risultato dell'intrecciarsi di varie spinte tra loro correlate.
Riguardo gli effetti che l'inflazione provoca sul sistema economico, essa, innanzitutto, genera incertezza e sfiducia nelle aspettative future. La prospettiva di un livello dei prezzi crescente riduce la propensione al risparmio in quanto i consumatori, per il timore di futuri aumenti dei prezzi, tendono ad acquistare anche quei beni dei quali avranno bisogno solo in futuro, evitando in ogni caso la detenzione prolungata di liquidità che è soggetta, in ultima analisi, a perdita di valore.
La diminuzione dell'offerta di risparmio e l'aumento di domanda di moneta concorrono poi a determinare un rialzo del tasso di interesse che raggiunge livelli tali da scoraggiare gli investimenti.
Le conseguenze più gravi riguardano, tuttavia, la distribuzione del reddito (v.), in quanto l'inflazione danneggia soprattutto i percettori di redditi fissi (impiegati, operai, pensionati ecc.) che avvertono l'erosione dei propri salari in termini reali. Per evitare tali effetti è possibile introdurre dei meccanismi automatici che fanno sì che il salario aumenti al crescere del costo della vita (v. Scala mobile).
Alti tassi di inflazione, inoltre, influiscono negativamente sul volume degli investimenti esteri, che si troverebbero esposti ad eccessive fluttuazioni, mentre, quand'anche riuscissero a conseguire una remunerazione in termini reali e non puramente monetari, ben poco potrebbero lucrare una volta convertita in valuta forte la moneta dello Stato di destinazione.
Si determina ancora, nella gran parte dei casi, un eccesso del valore delle importazioni (v.) sulle esportazioni (v.), le prime da pagarsi in valuta forte, non inflazionata, con conseguenze negative sulla stabilità dei cambi; spesso, infatti, un alto tasso di inflazione conduce alla svalutazione della moneta (v. Svalutazione monetaria).
Il rapporto, tuttavia, tra i due meccanismi, non è così automatico come generalmente si ritiene, non potendosi affermare, per esempio, che ad un tasso di inflazione del 10% faccia riscontro una svalutazione della moneta nazionale nella stessa misura. La svalutazione della moneta, invece, presuppone il raffronto con il valore della moneta di un altro Stato e la sua misura è data dal differenziale di inflazione fra i due Stati. Se, quindi, in un paese il tasso di inflazione è del 10% ed in un altro del 12% si può affermare, in linea di massima, che la moneta del secondo paese si è svalutata nell'anno di riferimento in misura del 2% rispetto a quella del primo.
Tutto ciò, è evidente, ha immediato effetto sul volume dell'occupazione: la caduta degli investimenti, nazionali ed esteri, determinando la diminuzione delle capacità produttive del sistema, induce ad una minore utilizzazione di forza lavoro. Lo stesso dicasi per quanto riguarda la perdita di competitività dei prodotti nazionali sui mercati esteri: l'inflazione rende le merci prodotte all'interno più costose, mentre risultano più convenienti quelle importate. In entrambi i casi la minore domanda di prodotti nazionali determina un calo della produzione e, quindi, dell'occupazione interna.
Per combattere il fenomeno l'usuale politica antinflazionistica (v.) tende a rallentare i consumi interni utilizzando due strumenti fondamentali: la politica fiscale (v.) e la politica monetaria (v.).
Nel primo caso si aumenta la pressione fiscale, provocando una contrazione della domanda globale (più imposte vengono pagate, meno soldi per consumi si hanno a disposizione); nel secondo caso, si opera una politica monetaria restrittiva attraverso una contrazione della spesa pubblica e, di conseguenza, degli investimenti e del reddito disponibile.
Vedi tabella.