Imposta sui consumi
Imposta sui consumi
Imposta indiretta (v.) che grava sui beni nel momento in cui essi vengono consumati.
Le ragioni che spingono ad optare per un sistema tributario che poggi in gran parte su imposte di questo tipo sono diverse:
— la semplicità amministrativa, sia l'accertamento che la riscossione sono più agevoli e meno costosi, rispetto alle imposte sul reddito (v.) e a quelle sul patrimonio (v. Imposta sul patrimonio);
— la capacità di generare illusione fiscale (v.), infatti il frazionamento dell'onere dell'imposta fra più individui e la sua inclusione nei prezzi di vendita rende più sopportabile il prelievo.
D'altro canto però, accanto ai vantaggi del ricorso ad un'imposta di questo tipo, vi sono anche degli svantaggi. Questi ultimi si sostanziano principalmente nella regressività (v. Imposta regressiva) dell'imposta rispetto al reddito; infatti, dato che il consumo totale dipende dalla sua propensione marginale e dato che quest'ultima decresce al crescere del reddito, un'imposta sul consumo grava soprattutto su coloro che producono un reddito basso.
Questa conclusione non vale però per i beni voluttuari: in questo caso, infatti, sia l'individuo ricco sia quello povero che non sanno rinunciare al consumo di tali beni subiranno lo stesso onere d'imposta anche se percepiscono dei redditi diversi.
Le imposte sui consumi possono essere distinte in generali o speciali.
Quelle generali colpiscono i beni e servizi prodotti, in una o più fasi del processo produttivo, nel momento della vendita.
Per la determinazione della base imponibile (v.), su cui applicare l'imposta, generalmente si fa riferimento alle entrate lorde delle imprese. Infatti, secondo la maggior parte dei teorici di economia e finanza pubblica, questo tipo di imposta, costituendo un costo di produzione per le imprese, viene trasferita ai consumatori attraverso un aumento del prezzo dei beni ad essa assoggettati. Ciò si tradurrebbe, in definitiva, in un'imposta sul reddito dei contribuenti applicata attraverso la riduzione del suo potere di acquisto, a sua volta determinata dall'aumento dei prezzi.
Una tesi completamente opposta a quella appena citata sostiene la non trasferibilità dell'imposta in avanti. L'ipotesi di base è che le risorse impiegate nell'attività produttiva siano fisse. Così l'introduzione di un'imposta generale sui consumi determina solo una riduzione dei ricavi delle imprese, le quali a loro volta riducono la produzione e l'uso dei fattori produttivi. D'altro canto se esse considerano fissa l'offerta di fattori produttivi, significa, ad esempio, che i lavoratori piuttosto che perdere il loro impiego accetterebbero una riduzione della retribuzione. L'imposta sarebbe dunque trasferita all'indietro sui fattori produttivi senza generare un aumento dei prezzi.
L'imposta generale sui consumi può assumere tre forme diverse:
— imposta plurifase (v.) sul valore pieno (v. IGE);
— imposta plurifase sul valore aggiunto (v. IVA);
— imposta monofase (v.).
Il ricorso a tali imposte si fonda sulle stesse motivazioni viste per l'imposta sui consumi anche se quelle generali pongono dei problemi diversi in sede di applicazione. Tali problemi riguardano ad esempio quelle merci che sono oggetto di scambio più di una volta oppure gli svantaggi o i vantaggi associati alle varie forme assunte dall'imposta per le imprese che commerciano con l'estero.
Le imposte speciali sui consumi, invece, vengono applicate a determinate categorie di beni (tabacco, alcool) e, a seconda che la base imponibile sia il loro prezzo o la quantità, vengono distinte in:
— imposta ad valorem (v.);
— imposte specifiche (v.).
L'uso di questa tipologia di imposte risponde a finalità diverse:
— la volontà da parte dei governi di limitare l'uso di prodotti nocivi e la produzione di diseconomie esterne (v. Esternalità);
— l'applicazione del principio del beneficio (v.), secondo il quale ogni contribuente deve sopportare l'onere relativo alla fornitura di certi beni;
— la semplicità amministrativa;
— l'assicurazione di un corposo gettito applicando tali imposte a beni di largo consumo.
Per ciò che concerne l'incidenza delle imposte (v.) speciali sul consumo, essa assume caratteri diversi a seconda della forma di mercato analizzata e dalla differente elasticità della curva di offerta (v. Elasticità dell'offerta) e di domanda (v. Elasticità della domanda).
In linea generale, l'introduzione di un'imposta genera un suo trasferimento interamente sui consumatori se la curva di domanda è completamente rigida. L'aumento del prezzo, dunque, non induce un mutamento nella quantità domandata. Situazione diametralmente opposta si ha in caso di domanda perfettamente elastica.
Dal lato dell'offerta, invece, se questa è rigida l'introduzione dell'imposta non genera variazioni nella quantità prodotta e venduta dalle imprese che sopporteranno interamente l'onere del prelievo. Nel caso in cui l'offerta è elastica l'imposta verrà interamente trasferita sui consumatori.
Imposta indiretta (v.) che grava sui beni nel momento in cui essi vengono consumati.
Le ragioni che spingono ad optare per un sistema tributario che poggi in gran parte su imposte di questo tipo sono diverse:
— la semplicità amministrativa, sia l'accertamento che la riscossione sono più agevoli e meno costosi, rispetto alle imposte sul reddito (v.) e a quelle sul patrimonio (v. Imposta sul patrimonio);
— la capacità di generare illusione fiscale (v.), infatti il frazionamento dell'onere dell'imposta fra più individui e la sua inclusione nei prezzi di vendita rende più sopportabile il prelievo.
D'altro canto però, accanto ai vantaggi del ricorso ad un'imposta di questo tipo, vi sono anche degli svantaggi. Questi ultimi si sostanziano principalmente nella regressività (v. Imposta regressiva) dell'imposta rispetto al reddito; infatti, dato che il consumo totale dipende dalla sua propensione marginale e dato che quest'ultima decresce al crescere del reddito, un'imposta sul consumo grava soprattutto su coloro che producono un reddito basso.
Questa conclusione non vale però per i beni voluttuari: in questo caso, infatti, sia l'individuo ricco sia quello povero che non sanno rinunciare al consumo di tali beni subiranno lo stesso onere d'imposta anche se percepiscono dei redditi diversi.
Le imposte sui consumi possono essere distinte in generali o speciali.
Quelle generali colpiscono i beni e servizi prodotti, in una o più fasi del processo produttivo, nel momento della vendita.
Per la determinazione della base imponibile (v.), su cui applicare l'imposta, generalmente si fa riferimento alle entrate lorde delle imprese. Infatti, secondo la maggior parte dei teorici di economia e finanza pubblica, questo tipo di imposta, costituendo un costo di produzione per le imprese, viene trasferita ai consumatori attraverso un aumento del prezzo dei beni ad essa assoggettati. Ciò si tradurrebbe, in definitiva, in un'imposta sul reddito dei contribuenti applicata attraverso la riduzione del suo potere di acquisto, a sua volta determinata dall'aumento dei prezzi.
Una tesi completamente opposta a quella appena citata sostiene la non trasferibilità dell'imposta in avanti. L'ipotesi di base è che le risorse impiegate nell'attività produttiva siano fisse. Così l'introduzione di un'imposta generale sui consumi determina solo una riduzione dei ricavi delle imprese, le quali a loro volta riducono la produzione e l'uso dei fattori produttivi. D'altro canto se esse considerano fissa l'offerta di fattori produttivi, significa, ad esempio, che i lavoratori piuttosto che perdere il loro impiego accetterebbero una riduzione della retribuzione. L'imposta sarebbe dunque trasferita all'indietro sui fattori produttivi senza generare un aumento dei prezzi.
L'imposta generale sui consumi può assumere tre forme diverse:
— imposta plurifase (v.) sul valore pieno (v. IGE);
— imposta plurifase sul valore aggiunto (v. IVA);
— imposta monofase (v.).
Il ricorso a tali imposte si fonda sulle stesse motivazioni viste per l'imposta sui consumi anche se quelle generali pongono dei problemi diversi in sede di applicazione. Tali problemi riguardano ad esempio quelle merci che sono oggetto di scambio più di una volta oppure gli svantaggi o i vantaggi associati alle varie forme assunte dall'imposta per le imprese che commerciano con l'estero.
Le imposte speciali sui consumi, invece, vengono applicate a determinate categorie di beni (tabacco, alcool) e, a seconda che la base imponibile sia il loro prezzo o la quantità, vengono distinte in:
— imposta ad valorem (v.);
— imposte specifiche (v.).
L'uso di questa tipologia di imposte risponde a finalità diverse:
— la volontà da parte dei governi di limitare l'uso di prodotti nocivi e la produzione di diseconomie esterne (v. Esternalità);
— l'applicazione del principio del beneficio (v.), secondo il quale ogni contribuente deve sopportare l'onere relativo alla fornitura di certi beni;
— la semplicità amministrativa;
— l'assicurazione di un corposo gettito applicando tali imposte a beni di largo consumo.
Per ciò che concerne l'incidenza delle imposte (v.) speciali sul consumo, essa assume caratteri diversi a seconda della forma di mercato analizzata e dalla differente elasticità della curva di offerta (v. Elasticità dell'offerta) e di domanda (v. Elasticità della domanda).
In linea generale, l'introduzione di un'imposta genera un suo trasferimento interamente sui consumatori se la curva di domanda è completamente rigida. L'aumento del prezzo, dunque, non induce un mutamento nella quantità domandata. Situazione diametralmente opposta si ha in caso di domanda perfettamente elastica.
Dal lato dell'offerta, invece, se questa è rigida l'introduzione dell'imposta non genera variazioni nella quantità prodotta e venduta dalle imprese che sopporteranno interamente l'onere del prelievo. Nel caso in cui l'offerta è elastica l'imposta verrà interamente trasferita sui consumatori.