Illusione monetaria

Illusione monetaria

Errore di valutazione di cui sono vittime gli agenti economici quando prendono le loro decisioni in funzione delle variazioni del valore nominale della moneta, piuttosto che in relazione alle modificazioni del suo valore reale, non considerando, quindi, il mutato potere d'acquisto (v.).
Ad esempio, se ad un aumento dei salari (v.) monetari si accompagna un pari incremento dei prezzi dei beni è evidente che il loro potere d'acquisto è rimasto immutato; si dirà, quindi, che un individuo è vittima di illusione monetaria qualora non rendendosi conto che il suo reddito reale è rimasto invariato si sentirà più ricco.
Secondo Keynes (v.) le principali vittime del fenomeno in esame, sarebbero proprio i lavoratori. Questi, infatti, percepiscono la diminuzione del valore monetario dei salari come un pericolo. Essi, infatti, temono un peggioramento della propria retribuzione relativamente a quella altrui. Per converso essi considerano le variazioni dei prezzi quale risultato di forze esterne. Ne deriva, per Keynes, che i lavoratori sono più propensi ad accettare una diminuzione del salario reale che una riduzione del salario nominale.
L'illusione finanziaria spiega, altresì, il comportamento dei risparmiatori, che investono in titoli, ad esempio di Stato, tenendo conto del solo tasso d'interesse (v.) nominale. Ciò può indurre infatti a credere che elevati tassi di rendimento nominale dei titoli posseduti corrispondano ad un'effettiva crescita della propria ricchezza. In realtà si deve invece tener conto dei tassi d'interesse reali i quali risultano depurati dal tasso di inflazione (v.).