Gestione del debito pubblico
Gestione del debito pubblico
Analisi economica volta ad individuare quali titoli di Stato (v.), a breve, a medio o a lungo termine, consentono al Tesoro di minimizzare il costo del debito pubblico (v.) e quale tipo di politica economica dovrebbe essere sotteso a queste scelte.
Un primo filone di ricerca, rappresentato negli anni Cinquanta soprattutto da economisti americani, sosteneva che la scelta fra emissioni di titoli a breve ed emissione di titoli a lunga scadenza, poteva essere considerato un ulteriore strumento a disposizione del Governo per contrastare le fluttuazioni congiunturali. L'alta liquidità dei titoli di Stato a breve (e, dunque, l'alta sostituibilità fra questi titoli e la moneta), permetteva, infatti, alle autorità monetarie il ricorso a strumenti alternativi rispetto alla semplice variazione dell'offerta di moneta (v.). In particolare:
— una politica monetaria restrittiva poteva essere realizzata aumentando in percentuale l'emissione di titoli a lungo termine (che per le loro caratteristiche sono più difficilmente assimilabili alla moneta) a discapito di titoli a breve;
— una politica monetaria espansiva, al contrario, avrebbe potuto privilegiare l'emissione di titoli a breve.
Questa ottica interventista è stata oggetto di critiche da parte dei monetaristi (v.), favorevoli, piuttosto, ad una gestione neutrale del debito pubblico, caratterizzata da regolarità nelle emissioni e nei rendimenti offerti (v. K%).
Gli esponenti della nuova macroeconomia classica (v.), dal canto loro, sottolineano il ruolo delle aspettative (v.) del mercato e le interazioni che si creano fra decisioni delle autorità e operatori privati.
In Italia, soprattutto a partire dagli anni Ottanta, il dibattito si è focalizzato, invece, sulla struttura del debito che permette di minimizzare il costo medio per interessi.
Ministero del Tesoro e Banca d'Italia, a partire dalla fine degli anni Ottanta, hanno mirato principalmente a minimizzare nel medio periodo il costo dell'indebitamento ed a stabilizzare i flussi di spesa per interessi. A tal fine il Tesoro:
— ha progressivamente aumentato il peso delle emissioni a tasso fisso;
— ha cercato di allungare la vita media dei titoli (riducendo la quota di titoli a breve a favore di quelli a medio lungo termine). In questo modo si è cercato di evitare eccessive pressioni sui tassi di mercato derivanti dal rinnovo dei titoli in scadenza;
— ha riordinato il calendario delle aste, così da offrire maggiori certezze agli operatori nelle decisioni di investimento;
— ha reso più efficienti le tecniche di collocamento dei titoli (v. Asta competitiva; Asta marginale); il funzionamento a regime del mercato primario (v. MTS) e secondario (v. MOT) dei titoli di Stato ha inoltre reso le contrattazioni più efficienti.
Vedi tabella.
Analisi economica volta ad individuare quali titoli di Stato (v.), a breve, a medio o a lungo termine, consentono al Tesoro di minimizzare il costo del debito pubblico (v.) e quale tipo di politica economica dovrebbe essere sotteso a queste scelte.
Un primo filone di ricerca, rappresentato negli anni Cinquanta soprattutto da economisti americani, sosteneva che la scelta fra emissioni di titoli a breve ed emissione di titoli a lunga scadenza, poteva essere considerato un ulteriore strumento a disposizione del Governo per contrastare le fluttuazioni congiunturali. L'alta liquidità dei titoli di Stato a breve (e, dunque, l'alta sostituibilità fra questi titoli e la moneta), permetteva, infatti, alle autorità monetarie il ricorso a strumenti alternativi rispetto alla semplice variazione dell'offerta di moneta (v.). In particolare:
— una politica monetaria restrittiva poteva essere realizzata aumentando in percentuale l'emissione di titoli a lungo termine (che per le loro caratteristiche sono più difficilmente assimilabili alla moneta) a discapito di titoli a breve;
— una politica monetaria espansiva, al contrario, avrebbe potuto privilegiare l'emissione di titoli a breve.
Questa ottica interventista è stata oggetto di critiche da parte dei monetaristi (v.), favorevoli, piuttosto, ad una gestione neutrale del debito pubblico, caratterizzata da regolarità nelle emissioni e nei rendimenti offerti (v. K%).
Gli esponenti della nuova macroeconomia classica (v.), dal canto loro, sottolineano il ruolo delle aspettative (v.) del mercato e le interazioni che si creano fra decisioni delle autorità e operatori privati.
In Italia, soprattutto a partire dagli anni Ottanta, il dibattito si è focalizzato, invece, sulla struttura del debito che permette di minimizzare il costo medio per interessi.
Ministero del Tesoro e Banca d'Italia, a partire dalla fine degli anni Ottanta, hanno mirato principalmente a minimizzare nel medio periodo il costo dell'indebitamento ed a stabilizzare i flussi di spesa per interessi. A tal fine il Tesoro:
— ha progressivamente aumentato il peso delle emissioni a tasso fisso;
— ha cercato di allungare la vita media dei titoli (riducendo la quota di titoli a breve a favore di quelli a medio lungo termine). In questo modo si è cercato di evitare eccessive pressioni sui tassi di mercato derivanti dal rinnovo dei titoli in scadenza;
— ha riordinato il calendario delle aste, così da offrire maggiori certezze agli operatori nelle decisioni di investimento;
— ha reso più efficienti le tecniche di collocamento dei titoli (v. Asta competitiva; Asta marginale); il funzionamento a regime del mercato primario (v. MTS) e secondario (v. MOT) dei titoli di Stato ha inoltre reso le contrattazioni più efficienti.
Vedi tabella.