Economia del benessere

Economia del benessere

Ramo della teoria economica che ricerca le condizioni ed i mezzi che permettono di aumentare il benessere (v.) economico.
Tradizionalmente l'economia del benessere affonda le sue radici teoriche in due teoremi (v. Teoremi fondamentali dell'economia del benessere).
È stato l'economista inglese A.C. Pigou (v.) il primo ad assumere come obiettivo primario della politica economica (v.) quello della massimizzazione del benessere economico. Nel suo Economia del benessere del 1920, infatti, Pigou, ricollegandosi alla tradizione di pensiero iniziata con la concezione utilitaristica di Bentham, identifica l'interesse generale con il massimo benessere sociale a sua volta corrispondente all'ottimo paretiano (v.) globale.
L'economista inglese desume direttamente dalla dottrina utilitaristica il concetto di benessere di una collettività, come somma del benessere dei singoli. Il suo sistema si basa, quindi, sulla indicazione di un obiettivo economico il cui perseguimento viene postulato come socialmente desiderabile. Tale obiettivo viene individuato nella massimizzazione del benessere economico, che costituisce la parte più strettamente connessa con gli aspetti economici della vita e che appare, comunque, suscettibile di misurazione in termini monetari.
Questa delimitazione dell'indagine consente di assumere quale indice approssimativo, ma abbastanza soddisfacente, del benessere economico il reddito nazionale. Poiché infatti, ogni trasferimento di reddito da un soggetto più abbiente ad uno più indigente significa aumento delle soddisfazioni complessive (poiché permette di appagare bisogni più intensi a scapito di quelli già parzialmente soddisfatti), una equa distribuzione del reddito sarà uno dei più importanti obiettivi di politica economica.
In definitiva si può sostenere che Pigou determina uno schema generale in cui il problema della distribuzione del reddito è fondamentale.
La nuova economia del benessere ha, però, rimesso in discussione l'impostazione paretiana secondo cui è possibile esprimere giudizi di rilievo circa la politica economica basandosi unicamente su mere considerazioni di efficienza. Le più recente teorie del benessere hanno, invece, preso spunto innanzitutto dal c.d. doppio criterio di Scitovsky (v.).
Nell'intento di definire un aumento del benessere, questi cerca di separare il problema dell'efficienza dall'equità, affermando che un miglioramento del benessere consiste in un cambiamento grazie al quale, corrispondentemente ad ogni possibile distribuzione del reddito precedente a tale mutamento, tutti vengono a trovarsi in una situazione migliore, anche se il compenso necessario viene realmente corrisposto.
L'aspetto più rivoluzionario della nuova economia del benessere appare, però, l'idea che in qualsiasi ordinamento sociale pienamente funzionale deve esserci un elevato grado di consenso per quanto concerne le finalità sociali, dal momento che la vera funzione dell'economia del benessere sembra essere quella di invadere il campo dell'etica applicata e non tanto di evitarlo.
Nella maggior parte dei casi, però, le politiche adottate sono mezzi utili per il conseguimento di obiettivi che, purtroppo, non vengono sempre raggiunti, anche perché, in ultima ipotesi, i differenti fini possono trovarsi in una condizione di reciproca conflittualità.