Credito totale interno
Credito totale interno
Ammontare complessivo degli impieghi delle banche (v.) e delle obbligazioni emesse dalle imprese e dagli enti pubblici (v.) del settore statale.
Rappresenta una variabile chiave della politica monetaria (v.) e le sue modificazioni forniscono una misura dell'offerta, all'interno di un paese, di attività finanziarie. In alcuni paesi si è riscontrata una certa relazione tra questo aggregato e gli investimenti, nel senso che un aumento del credito totale interno comporta una riduzione del saggio di interesse e, di conseguenza, un aumento degli investimenti. Nonostante ciò, non esiste un'argomentazione teorica sufficientemente solida che spieghi questo tipo di relazione.
In Italia, in un certo periodo (1974-1983), si è attuata una politica monetaria basata sul controllo del credito totale interno utilizzato quale obiettivo intermedio: poiché appariva estremamente difficile una tempestiva valutazione degli effettivi obiettivi finali (pareggio della bilancia dei pagamenti e livello del reddito nazionale), la Banca d'Italia decise, su pressione del FMI (v.), di graduare la propria azione appunto sul credito totale interno, definito come somma del credito al settore non statale e del fabbisogno interno del settore statale. Il controllo del credito totale interno, infatti, permetteva alla Banca centrale di ridurre il credito alle imprese in occasione di sconfinamenti del fabbisogno statale (grandezza, quest'ultima, non controllabile dalla Banca). L'utilizzo del credito totale come obiettivo intermedio fu abbandonato a causa della difficoltà di controllare l'elemento pubblico di questa grandezza e, allo stesso tempo, a causa della impossibilità di effettuare una precisa valutazione degli impieghi delle aziende di credito per l'affermarsi di tecniche tendenti ad aggirare il vincolo del massimale sugli impieghi (v.). A ciò si aggiunga che la liberalizzazione valutaria degli anni Ottanta aveva indebolito la relazione fra credito totale e saldo della bilancia dei pagamenti (il credito totale, infatti, è correlato al saldo delle partite correnti: una accentuata mobilità dei capitali rende poco significativo questo saldo sul totale della bilancia dei pagamenti).
Ammontare complessivo degli impieghi delle banche (v.) e delle obbligazioni emesse dalle imprese e dagli enti pubblici (v.) del settore statale.
Rappresenta una variabile chiave della politica monetaria (v.) e le sue modificazioni forniscono una misura dell'offerta, all'interno di un paese, di attività finanziarie. In alcuni paesi si è riscontrata una certa relazione tra questo aggregato e gli investimenti, nel senso che un aumento del credito totale interno comporta una riduzione del saggio di interesse e, di conseguenza, un aumento degli investimenti. Nonostante ciò, non esiste un'argomentazione teorica sufficientemente solida che spieghi questo tipo di relazione.
In Italia, in un certo periodo (1974-1983), si è attuata una politica monetaria basata sul controllo del credito totale interno utilizzato quale obiettivo intermedio: poiché appariva estremamente difficile una tempestiva valutazione degli effettivi obiettivi finali (pareggio della bilancia dei pagamenti e livello del reddito nazionale), la Banca d'Italia decise, su pressione del FMI (v.), di graduare la propria azione appunto sul credito totale interno, definito come somma del credito al settore non statale e del fabbisogno interno del settore statale. Il controllo del credito totale interno, infatti, permetteva alla Banca centrale di ridurre il credito alle imprese in occasione di sconfinamenti del fabbisogno statale (grandezza, quest'ultima, non controllabile dalla Banca). L'utilizzo del credito totale come obiettivo intermedio fu abbandonato a causa della difficoltà di controllare l'elemento pubblico di questa grandezza e, allo stesso tempo, a causa della impossibilità di effettuare una precisa valutazione degli impieghi delle aziende di credito per l'affermarsi di tecniche tendenti ad aggirare il vincolo del massimale sugli impieghi (v.). A ciò si aggiunga che la liberalizzazione valutaria degli anni Ottanta aveva indebolito la relazione fra credito totale e saldo della bilancia dei pagamenti (il credito totale, infatti, è correlato al saldo delle partite correnti: una accentuata mobilità dei capitali rende poco significativo questo saldo sul totale della bilancia dei pagamenti).