Consumo
Consumo
Utilizzazione di ogni bene o servizio atto a soddisfare un bisogno che ne implica la distruzione.
Il consumo viene generalmente distinto in:
— finale, misurato dal livello degli acquisti. Comporta la distruzione immediata o progressiva dei beni che concorrono a soddisfare i bisogni degli agenti economici, senza contribuire all'accrescimento della produzione;
— intermedio, che rappresenta l'utilizzo integrale di un bene o di un servizio nel processo produttivo.
A differenza del consumo finale, quello intermedio è destinato unicamente alla sfera produttiva e non comporta alcuna soddisfazione diretta di un bisogno.
Nell'analisi keynesiana il consumo assume una funzione fondamentale nella determinazione del reddito di equilibrio. Secondo Keynes (v.), la somma che la collettività spende in consumi dipende in parte dall'ammontare del suo reddito, in parte da altre circostanze oggettive concomitanti, in parte dai bisogni soggettivi e dalle propensioni ed abitudini psicologiche degli individui che la compongono. Tenendo conto di tali elementi, Keynes costruì una funzione del consumo (v.), divenuta fondamentale per lo studio delle interazioni fra consumo e reddito aggregato.
Altri fattori, oggettivi e soggettivi, influenzano il consumo e sono stati messi in luce da diversi autori. Tra i primi ricordiamo:
— il real balance effect (o effetto Pigou), secondo il quale una variazione del livello dei prezzi può stimolare o frenare i consumi. Bisogna, infatti, ricordare che la ricchezza di una persona non è costituita soltanto dal reddito corrente, ma anche dalle scorte monetarie accumulate nel passato (depositi ecc.). Se i prezzi diminuiscono, il valore di queste scorte (cioè la loro capacità d'acquisto) aumenta e i soggetti economici, avendo a disposizione una maggiore ricchezza, consumano di più;
— la redistribuzione del reddito. Poiché la propensione marginale al consumo (v. Propensione al consumo) è diversa tra i vari percettori di reddito è probabile che una redistribuzione della ricchezza provocherà un aumento del consumo. Se, infatti, poniamo che le propensioni marginali al consumo dei lavoratori e degli imprenditori sono rispettivamente 0,9 e 0,5, una redistribuzione di 100 lire di reddito a favore dei primi genererà un aumento dei consumi pari a 40; il minor consumo degli imprenditori (100 x 0,5 = 50) sarà, infatti, compensato dal maggior consumo dei lavoratori (100 x 0,9 = 90);
— credito al consumo. La possibilità di dilazionare il pagamento in un arco di tempo più lungo stimola i consumi; ovviamente, ciò dipenderà dal tasso di interesse (v.) richiesto.
Tra i fattori soggettivi ricordiamo:
— effetto dimostrazione (v.). Questa teoria, enunciata dal Duesenberry (v.) e fondata su dati empirici, afferma che la domanda individuale di beni di consumo non dipende dal livello assoluto del reddito individuale, ma dalla posizione sociale che l'individuo occupa. Ogni individuo, cioè, si ispira alle consuetudini degli individui che lo circondano e tenta di imitare i soggetti che occupano una posizione di reddito immediatamente superiore alla sua;
— effetto aggancio (v.). Questa teoria suppone che la relazione fra consumo e reddito corrente è valido solo nel lungo periodo. Nel breve periodo, infatti, i soggetti non adeguano immediatamente i propri consumi al nuovo reddito, sia che esso aumenti, sia che diminuisca, ma cercano di perpetuare l'abituale standard di vita;
— il reddito permanente. Secondo questa teoria, dovuta all'analisi di M. Friedman (v.), la domanda di beni di consumo è composta di due parti, di cui una, permanente, è stabile, mentre l'altra è fluttuante e dipende dalla congiuntura (v.). Il consumo permanente è una funzione del reddito permanente e cioè del flusso di reddito goduto stabilmente nel passato e che ci si attende per l'avvenire. Ne consegue che se nel lungo periodo il rapporto consumo-reddito è molto stabile, nel breve esso varia;
— il ciclo vitale. Questa ipotesi, sviluppata da Modigliani (v.), afferma che gli individui pianificano le loro decisioni di consumo e di risparmio lungo ampi periodi. Il risparmio è dunque essenzialmente una conseguenza del desiderio degli individui di assicurarsi il consumo nella vecchiaia.
Utilizzazione di ogni bene o servizio atto a soddisfare un bisogno che ne implica la distruzione.
Il consumo viene generalmente distinto in:
— finale, misurato dal livello degli acquisti. Comporta la distruzione immediata o progressiva dei beni che concorrono a soddisfare i bisogni degli agenti economici, senza contribuire all'accrescimento della produzione;
— intermedio, che rappresenta l'utilizzo integrale di un bene o di un servizio nel processo produttivo.
A differenza del consumo finale, quello intermedio è destinato unicamente alla sfera produttiva e non comporta alcuna soddisfazione diretta di un bisogno.
Nell'analisi keynesiana il consumo assume una funzione fondamentale nella determinazione del reddito di equilibrio. Secondo Keynes (v.), la somma che la collettività spende in consumi dipende in parte dall'ammontare del suo reddito, in parte da altre circostanze oggettive concomitanti, in parte dai bisogni soggettivi e dalle propensioni ed abitudini psicologiche degli individui che la compongono. Tenendo conto di tali elementi, Keynes costruì una funzione del consumo (v.), divenuta fondamentale per lo studio delle interazioni fra consumo e reddito aggregato.
Altri fattori, oggettivi e soggettivi, influenzano il consumo e sono stati messi in luce da diversi autori. Tra i primi ricordiamo:
— il real balance effect (o effetto Pigou), secondo il quale una variazione del livello dei prezzi può stimolare o frenare i consumi. Bisogna, infatti, ricordare che la ricchezza di una persona non è costituita soltanto dal reddito corrente, ma anche dalle scorte monetarie accumulate nel passato (depositi ecc.). Se i prezzi diminuiscono, il valore di queste scorte (cioè la loro capacità d'acquisto) aumenta e i soggetti economici, avendo a disposizione una maggiore ricchezza, consumano di più;
— la redistribuzione del reddito. Poiché la propensione marginale al consumo (v. Propensione al consumo) è diversa tra i vari percettori di reddito è probabile che una redistribuzione della ricchezza provocherà un aumento del consumo. Se, infatti, poniamo che le propensioni marginali al consumo dei lavoratori e degli imprenditori sono rispettivamente 0,9 e 0,5, una redistribuzione di 100 lire di reddito a favore dei primi genererà un aumento dei consumi pari a 40; il minor consumo degli imprenditori (100 x 0,5 = 50) sarà, infatti, compensato dal maggior consumo dei lavoratori (100 x 0,9 = 90);
— credito al consumo. La possibilità di dilazionare il pagamento in un arco di tempo più lungo stimola i consumi; ovviamente, ciò dipenderà dal tasso di interesse (v.) richiesto.
Tra i fattori soggettivi ricordiamo:
— effetto dimostrazione (v.). Questa teoria, enunciata dal Duesenberry (v.) e fondata su dati empirici, afferma che la domanda individuale di beni di consumo non dipende dal livello assoluto del reddito individuale, ma dalla posizione sociale che l'individuo occupa. Ogni individuo, cioè, si ispira alle consuetudini degli individui che lo circondano e tenta di imitare i soggetti che occupano una posizione di reddito immediatamente superiore alla sua;
— effetto aggancio (v.). Questa teoria suppone che la relazione fra consumo e reddito corrente è valido solo nel lungo periodo. Nel breve periodo, infatti, i soggetti non adeguano immediatamente i propri consumi al nuovo reddito, sia che esso aumenti, sia che diminuisca, ma cercano di perpetuare l'abituale standard di vita;
— il reddito permanente. Secondo questa teoria, dovuta all'analisi di M. Friedman (v.), la domanda di beni di consumo è composta di due parti, di cui una, permanente, è stabile, mentre l'altra è fluttuante e dipende dalla congiuntura (v.). Il consumo permanente è una funzione del reddito permanente e cioè del flusso di reddito goduto stabilmente nel passato e che ci si attende per l'avvenire. Ne consegue che se nel lungo periodo il rapporto consumo-reddito è molto stabile, nel breve esso varia;
— il ciclo vitale. Questa ipotesi, sviluppata da Modigliani (v.), afferma che gli individui pianificano le loro decisioni di consumo e di risparmio lungo ampi periodi. Il risparmio è dunque essenzialmente una conseguenza del desiderio degli individui di assicurarsi il consumo nella vecchiaia.