Concorrenza monopolistica
Concorrenza monopolistica
Forma di mercato caratterizzata dalla presenza di un numero considerevole di imprese, le quali possono esercitare il proprio potere di mercato attraverso la differenziazione, sia pur minima, del prodotto.
La presenza di prodotti simili, ma non uguali, crea una fedeltà del consumatore verso il prodotto della singola impresa; in altre parole, il consumatore considera i beni che gli vengono offerti non perfettamente sostituibili tra loro.
Questo crea potere di mercato, in quanto ciascuna impresa sa di poter aumentare il prezzo senza perdere tutti i clienti, a differenza di quanto accade in concorrenza perfetta (v.). Qualcuno verrà scoraggiato dall'aumento e sceglierà un bene simile offerto da un produttore diverso, ma altri rimarranno fedeli al bene acquistato fino a quel momento. Di conseguenza, ciascuna impresa avrà di fronte una curva di domanda individuale non totalmente piatta, come in concorrenza perfetta, ma inclinata negativamente. Ciò che differenzia la concorrenza monopolistica dall'oligopolio (v.), invece, è la mancanza di interazione fra le imprese.
L'esempio tipico di un mercato di concorrenza monopolistica è costituita dai negozi al dettaglio, ad esempio di generi alimentari. In questo caso, l'elemento di differenziazione fra prodotti è la collocazione del negozio: per l'utente tipico, il negozio di alimentari che conta è quello sotto casa, o quello nella strada accanto, o magari, se i prezzi sono eccellenti, quello di due strade più in là.
Il modello teorico della concorrenza monopolistica fu proposto per la prima volta da E. Chamberlin (v.) nel modello del grande gruppo e da J. Robinson (v.).
Esso si pone ad un livello intermedio tra i due modelli estremi: quello della concorrenza perfetta e del monopolio (v.).
L'equilibrio dell'impresa in regime di concorrenza monopolista è rappresentato, come nel caso del monopolio, dall'uguaglianza tra il costo marginale (v.) e il ricavo marginale (v.). Tale condizione assicura all'impresa il massimo profitto.
Come in regime di monopolio, anche nella concorrenza monopolistica l'imprenditore si assicura un extraprofitto (v.) pari alla differenza tra il prezzo di vendita ed il costo medio.
Il mercato in concorrenza monopolistica, però, dispone di poche barriere effettive per impedire l'ingresso di nuove imprese. Queste ultime, attratte dagli alti profitti, inizieranno a produrre e a vendere prodotti analoghi e si approprieranno di parte della domanda del mercato.
Immaginando una trasposizione grafica della situazione, come quella in figura, la curva del ricavo medio delle imprese già presenti sul mercato subirà uno spostamento verso il basso fino a divenire tangente alla curva del costo medio nel punto A a cui corrisponde la quantità prodotta Q.
Per questo livello produttivo il costo marginale dell'impresa è uguale al suo ricavo marginale (punto B) per cui l'impresa realizza la condizione di equilibrio.
Nel lungo periodo, quindi, l'impresa in regime di concorrenza monopolistica produrrà quella quantità che le consente di eguagliare ricavo medio e costo medio da un lato e costo marginale dall'altro. Gli extra-profitti verranno, così, ridotti a zero dall'ingresso di nuovi concorrenti.
L'impresa operante in regime di concorrenza monopolistica non utilizza efficientemente le risorse produttive a sua disposizione in quanto, rispetto all'impresa in concorrenza perfetta, produce una quantità inferiore (Q) ad un costo medio superiore (A): come è possibile riscontrare dal grafico, infatti, l'impresa in concorrenza perfetta produrrà la quantità Q1, che le consente di eguagliare costo medio e costo marginale (punto G) ed in tale punto il costo medio è inferiore a quello corrispondente al punto A che rappresenta il punto di equilibrio per l'impresa in regime di concorrenza monopolistica.
Forma di mercato caratterizzata dalla presenza di un numero considerevole di imprese, le quali possono esercitare il proprio potere di mercato attraverso la differenziazione, sia pur minima, del prodotto.
La presenza di prodotti simili, ma non uguali, crea una fedeltà del consumatore verso il prodotto della singola impresa; in altre parole, il consumatore considera i beni che gli vengono offerti non perfettamente sostituibili tra loro.
Questo crea potere di mercato, in quanto ciascuna impresa sa di poter aumentare il prezzo senza perdere tutti i clienti, a differenza di quanto accade in concorrenza perfetta (v.). Qualcuno verrà scoraggiato dall'aumento e sceglierà un bene simile offerto da un produttore diverso, ma altri rimarranno fedeli al bene acquistato fino a quel momento. Di conseguenza, ciascuna impresa avrà di fronte una curva di domanda individuale non totalmente piatta, come in concorrenza perfetta, ma inclinata negativamente. Ciò che differenzia la concorrenza monopolistica dall'oligopolio (v.), invece, è la mancanza di interazione fra le imprese.
L'esempio tipico di un mercato di concorrenza monopolistica è costituita dai negozi al dettaglio, ad esempio di generi alimentari. In questo caso, l'elemento di differenziazione fra prodotti è la collocazione del negozio: per l'utente tipico, il negozio di alimentari che conta è quello sotto casa, o quello nella strada accanto, o magari, se i prezzi sono eccellenti, quello di due strade più in là.
Il modello teorico della concorrenza monopolistica fu proposto per la prima volta da E. Chamberlin (v.) nel modello del grande gruppo e da J. Robinson (v.).
Esso si pone ad un livello intermedio tra i due modelli estremi: quello della concorrenza perfetta e del monopolio (v.).
L'equilibrio dell'impresa in regime di concorrenza monopolista è rappresentato, come nel caso del monopolio, dall'uguaglianza tra il costo marginale (v.) e il ricavo marginale (v.). Tale condizione assicura all'impresa il massimo profitto.
Come in regime di monopolio, anche nella concorrenza monopolistica l'imprenditore si assicura un extraprofitto (v.) pari alla differenza tra il prezzo di vendita ed il costo medio.
Il mercato in concorrenza monopolistica, però, dispone di poche barriere effettive per impedire l'ingresso di nuove imprese. Queste ultime, attratte dagli alti profitti, inizieranno a produrre e a vendere prodotti analoghi e si approprieranno di parte della domanda del mercato.
Immaginando una trasposizione grafica della situazione, come quella in figura, la curva del ricavo medio delle imprese già presenti sul mercato subirà uno spostamento verso il basso fino a divenire tangente alla curva del costo medio nel punto A a cui corrisponde la quantità prodotta Q.
Per questo livello produttivo il costo marginale dell'impresa è uguale al suo ricavo marginale (punto B) per cui l'impresa realizza la condizione di equilibrio.
Nel lungo periodo, quindi, l'impresa in regime di concorrenza monopolistica produrrà quella quantità che le consente di eguagliare ricavo medio e costo medio da un lato e costo marginale dall'altro. Gli extra-profitti verranno, così, ridotti a zero dall'ingresso di nuovi concorrenti.
L'impresa operante in regime di concorrenza monopolistica non utilizza efficientemente le risorse produttive a sua disposizione in quanto, rispetto all'impresa in concorrenza perfetta, produce una quantità inferiore (Q) ad un costo medio superiore (A): come è possibile riscontrare dal grafico, infatti, l'impresa in concorrenza perfetta produrrà la quantità Q1, che le consente di eguagliare costo medio e costo marginale (punto G) ed in tale punto il costo medio è inferiore a quello corrispondente al punto A che rappresenta il punto di equilibrio per l'impresa in regime di concorrenza monopolistica.