Comunismo di guerra

Comunismo di guerra

Termine con il quale si indicano le scelte economiche adottate in seguito alla rivoluzione bolscevica del 1917, che coincise con un periodo (1918-1921) di gravi disordini interni in Russia (guerra civile e guerra polacca).
Tali scelte (ispirate dai comunisti Kritsmann e Larin) furono molto radicali, prevedendo la completa nazionalizzazione di tutte le industrie, il rigido controllo di queste ultime da parte dei sindacati dei consigli operai, l'obbligo di ammassare i prodotti agricoli per i contadini e il razionamento delle scorte. Se in un primo momento tali scelte furono dettate da esigenze proprie di qualunque nazione in tempo di guerra, in seguito esse assunsero caratteri più marcatamente dirigistici. Si realizzò, infatti, un completo controllo di tutte le varie fasi del processo produttivo, pianificando la produzione di ogni singola impresa in termini fisici. La retribuzione dei lavoratori avveniva, ove possibile, attraverso compensi in natura e tutte le fasi che vanno dalla produzione delle merci al consumo (ovvero le varie fasi della distribuzione) furono gestite da un'autorità centrale.
In seguito alle gravi tensioni sociali che l'adozione di queste scelte economiche produssero (soprattutto per il rifiuto da parte dei contadini di consegnare i prodotti per l'ammasso), il comunismo di guerra fu sostituito, nel 1921, con la nuova politica economica (v. NEP).